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Esperto Ugo Baldassarre
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Taurasi 2002, due stelle il responso definitivo (ma con mezza stella…di credito!!) di Ugo Baldassarre Davvero densa di significati e carica di attenzione Anteprima Taurasi, la manifestazione realizzata il 3 e 4 dicembre 2005 in occasione della presentazione dell'annata 2002, promossa ed organizzata - quest'anno per la prima volta - dal Consorzio Tutela Vini d'Irpinia. Ai responsabili del Consorzio va in premessa il nostro plauso: regia perfetta, impeccabile il lavoro di Raffaele Del Franco e Paolo De Cristofaro. La strategia adoperata dagli organizzatori per l'attribuzione delle stelle di qualità all'annata 2002, con un giudizio da una a cinque stelle, ha voluto affidare ad un panel di operatori del mondo dell'editoria enogastronomica l'ingrata responsabilità di decidere delle sorti di questo vino, attraverso una degustazione coperta di 20 campioni di Taurasi 2002. Probabilmente questa scelta, nel doppio e contrastato intento di indicare da un lato un percorso obiettivo di valutazione e dall'altro di carpire la simpatia dei giudicanti - una specialissima "captatio benevolentiae pro Taurasi 2002" -, può invece essere stata alla lunga penalizzante. Infatti, in direzione esattamente opposta, l'aver usato questa metodologia ha appesantito ancor più l'attesa sui responsi, ricolmando fin troppo le aspettative e portando, quasi inevitabilmente, alla…"cronaca di una morte annunciata". Ma andiamo per ordine. Già le premesse sul 2002, considerate le infauste condizioni atmosferiche in cui avvennero quell'anno maturazione e vendemmia, erano tali da far presagire tremebonde tragedie e disastri epocali. Sicuramente l'estate 2002 è stata una delle più piovose degli ultimi venti anni e la vendemmia successiva una delle più difficili in tutta Italia, ad eccezione solo dell'Alto Adige e della Sicilia. In Irpinia, poi, il demone della pioggia regalò tanta acqua da dover costringere alcuni viticoltori a vendemmiare sotto la pioggia. Tuttavia qualcuno osò aspettare, anche oltre ottobre, e nei primi giorni di novembre riuscì quanto meno a far concentrare sulle proprie uve un po' del tepore del sole di un autunno oramai inoltrato. Del resto, l'aglianico è un vitigno tardivo, che matura pienamente solo nella seconda quindicina di ottobre, e chi seppe aspettare ancora un poco in parte fu premiato. "Abbiamo aspettato fino alla metà di novembre e siamo riusciti a raccogliere delle buone uve - ha affermato Salvatore Molettieri - in parte anche con tenore alcolico oltre i 14 gradi". C'è invece chi, come Piero Mastroberardino, presidente di Federvini e vicepresidente del Consorzio di Tutela, ha preferito saltare l'annata: "Il Taurasi è un vino di carattere e di struttura e richiede una piena maturazione polifenolica delle uve, cosa che certamente non poteva avvenire in condizioni così avverse come quelle del 2002 - ricorda Mastroberardino - ma ciò riguarda la nostra azienda e non esclude che in alcune sottozone possano essere stati realizzati buoni vini". C'è poi chi ha preferito operare scelte produttive particolari, limitandosi alla realizzazione solo di alcuni vini, escludendone invece altri. L'esempio proviene dai Feudi di San Gregorio: "Quando le condizioni atmosferiche sono così avverse non si può far altro che moltiplicare i propri sforzi in vigna, lavorare e capire col materiale che si è raccolto cosa si può produrre - ha affermato Mirella Capaldo, amministratore delegato dei Feudi - La nostra scelta nel 2002 si è quindi orientata ben presto per l'assemblaggio del miglior Taurasi base possibile, rinunciando invece alla produzione del cru Piano di Montevergine". Qualcun altro, invece, alla vigilia dell'attribuzione delle fatidiche stelle, esprimeva una moderata fiducia nell'imminente giudizio. "Certo non pensiamo ad un millesimo eccellente ma neanche così disastroso come si potrebbe credere": questa l'affermazione di Antonio Buono, presidente del Consorzio, sindaco di Taurasi ed amministratore di Antica Hirpinia. LE DEGUSTAZIONI Taurasi 2002 Diciamo subito che dei venti i campioni di Taurasi proposti nel corso della degustazione coperta, ben otto erano rappresentati da campioni di botte. Questo particolare non deve e non può certamente destare sospetti - anche se qualche giornalista non si è astenuto dal formularne - per almeno due macroscopici motivi. Il primo è che se si interviene su un prodotto per renderlo "presentabile" si fa in modo di mascherarne i difetti ed esaltarne i pregi, e non si può assolutamente dire che ciò sia accaduto giacché i campioni di botte esaminati non hanno certo riscosso particolari consensi. Il secondo riguarda i tempi dell'imbottigliamento: siamo appena fuori dai 37 mesi di affinamento previsti dal disciplinare ed è giusto e comprensibile che molti produttori non abbiano ancora avuto modo di ultimarlo. A degustazione avvenuta, tolti i veli del mistero e constatata l'assenza annunciata del Taurasi di Mstroberardino, si sono posti in buona evidenza tutti gli altri "soliti noti", che hanno contribuito ad elevare la media davvero mediocre del giudizio generale sull'annata. Bella figura per il Vigna Macchia dei Goti di Antonio Caggiano, dal naso fine e ampio, con piacevoli note fruttate e speziate, e dalla bocca già piuttosto morbida ma segnata da tannini decisi seppur eleganti. Bello davvero l'abito confezionato dai Feudi di San Gregorio per il Taurasi 2002: colore rubino intenso e luminoso, unghia brillante, questo vino danza nel bicchiere! Lo spettro olfattivo regala piacevolissimi sentori di frutta matura - su tutti domina la prugna -, sfumature tostate e aromi di legno buono. C'è struttura e potenza, un vino quasi masticabile e piacevolmente caldo; lunghissimo il finale in cui torna netta la presenza di frutta e di spezie. Buono il giudizio complessivo anche nei confronti del prodotto di D'Antiche Terre, un vino che si colloca nel rispetto delle caratteristiche varietali dell'aglianico, dall'intenso bouquet, anche floreale, e dalla bocca piena e equilibrata; piacevoli note morbide si distendono in un finale lungo e armonioso. Discorso diverso per il Taurasi delle Cantine Manimurci, l'unico campione di botte veramente apprezzabile, di un bel rubino intenso dal naso ricco di note speziate e tostate; all'olfatto si aggiungono anche note dolci, di caramello caldo. Buona la potenza, ottime l'intensità di bocca, l'armonia e il finale. Stupisce piuttosto la morbidezza, inusitata in un vino da aglianico e, parallelamente, l'estrema leggerezza di tannini gentili ed eleganti. Gli altri vini Nel corso della degustazione cieca sono stati offerti in degustazione anche altri vini, sempre a base di aglianico. Tra i campioni del 2004 in esame si sono distinti, tanto per cambiare: - Rubrato 2004 dei Feudi di San Gregorio, un vino ben strutturato, pieno ed equilibrato; - Terredora 2004, aglianico dalla luce intensa, grande naso, bocca equilibrata e finale lunghissimo; - Mastroberardino 2004, vino di grande intensità olfattiva, buon corpo e discreta freschezza. Unico campione dell'annata 1999 (ma non sappiamo proprio chi avrebbe potuto competere con questo vino!) il Piano di Montevergine dei Feudi di San Gregorio, uno di quei prodotti esemplari che hanno segnato la storia più recente del Taurasi, contribuendo a farne il più grande e blasonato vino del Sud. Questo grande rosso si impone già dal colore, più austero dei suoi anni, intenso, pieno e impenetrabile quasi fosse un amarone…Complesso e variegato il naso, in cui dominano le note fruttate, eteree e speziate. Piacevolmente morbido, alla bocca regala sensazioni calde ed avvolgenti; lunghissimo il finale con retrogusto di cacao amaro e frutta matura. Anche alcuni Taurasi Riserva 2001 sono stati oggetto della degustazione coperta di "Anteprima Taurasi". Questi vini, infatti, prevedono per disciplinare un affinamento minimo di 49 mesi e quindi saranno messi in commercio solo tra poco tempo. I Riserva sono in assoluto dei begli esempi di vinificazione e l'annata 2001, a differenza di quella sciagurata dell'anno seguente, fu doviziosa per messi e vendemmie. Belli gli aromi sprigionati da questi vini: ci sono caldarroste e viola mammola in quello di Contrade di Taurasi, ciliegie e frutti di bosco in quello del buon Casparriello. Sorprendente, infine, il semisconosciuto Cortecorbo: anche questo vino offre al naso un bel bouquet di frutta, con lamponi e frutti di bosco, ma in più presenta aromi di marasca, spezie e note tostate. Amplissimo l'impatto di bocca, piena, complessa e ben equilibrata tra morbidezza e acidità; sensazioni di calore, buona struttura e finale lunghissimo di note dolci…poi amarostiche…infine proprio amare di chicchi di caffè…Un vino insomma a tutto tondo: speriamo che in futuro possa sorprenderci ancora! LE STELLE, L'INCONTRO CON I PRODUTTORI Nel pomeriggio di sabato 3 dicembre, nel corso di un dibattito-incontro tra produttori e giornalisti, mirabilmente moderato dalla scrittrice americana Carla Capalbo, grande esperta dell'enogastronomia campana, sono stati resi noti anche i risultati delle degustazioni e sono state attribuite le famigerate stelle - minimo una, massimo cinque - al Taurasi 2002. Il giudizio dei ventisette giornalisti si è diviso equamente, se si eccettua un ammiccante e magnanimo quattro stelle, tra tredici valutazioni da due e tredici da tre stelle (chi scrive può essere classificato "trestellista" più per un credito di lungimiranza e per la conoscenza diretta delle effettive potenzialità di un vitigno, come l'aglianico, che sa esprimersi a lungo termine con l'invecchiamento, quanto piuttosto per un buonismo cui non è vocato per indole personale). A questo punto, se la media matematica è due stelle e mezzo e se non è dato attribuire il mezzo punto, significa che la produzione del Taurasi 2002 verrà bollata come due stelle, cioè annata mediocre. E la mezza stella che avanza, che ne facciamo? E' quanto simpaticamente ha sottolineato anche il primo cittadino taurasino, Antonio Buono. "Vorrà dire che il prossimo anno, nel giudicare il Taurasi 2003, partiremo con mezza stella di credito…" ha invocato provocatoriamente Buono. "Bisogna dar credito a questo vino, per non accrescere le difficoltà di rappresentazione sui mercati esteri di questo gigante imprigionato - ha continuato il sindaco - che non riesce ad affermarsi anche a causa di un immaginario negativo legato ai clichè dei vini del Sud". Sulla stessa linea la Capalbo, che ha sottolineato come un primo obiettivo importante possa essere rappresentato "dall'internazionalizzazione della manifestazione, con apertura alla stampa estera". "La presenza dei produttori alla manifestazione, con interventi in prima persona, già rappresenta un traguardo significativo - ha evidenziato Piero Mastroberardino - considerata soprattutto la natura schiva di questi imprenditori, più adusi a lavorare in vigna che non ad affrontare dibattiti e disquisizioni di sorta. Il loro intervento oggi testimonia la crescente attenzione nei confronti delle mutevoli esigenze, non solo dei mercati in generale, ma anche dei consumatori più attenti e critici". LE CHIACCHIERE: FU VERO AGLIANICO? Tra la critica presente ci piace ricordare l'atteggiamento di alcuni, come Andrea Gabbrielli de Il Corriere Vinicolo, che ha manifestato chiaramente la propria avversità per il criterio di valutazione affidato alla stampa: "E' un criterio che costringe chi fa un altro mestiere ad assumersi responsabilità che non gli competono - afferma Gabbrielli - con la conseguenza che sarà ancor più difficile tornare sulla scelta già operata, anche quando la serenità della critica a freddo lo consiglierebbe". Sostanzialmente d'accordo con questa affermazione anche Giampaolo Gravina de L'Espresso e Gianni Fabrizio di Slow Food, che hanno messo in rilievo anch'essi nei propri interventi come il sistema di giudizio sia stato in realtà auto-penalizzante. "Occorrerebbe concentrarsi di più sulla divulgazione delle grandi potenzialità dell'aglianico che non sulla singola annata negativa. - ha affermato Ian D'Agata, reporter internazionale di Alice - Infatti all'estero l'aglianico, come vitigno, non è ancora conosciuto quanto il barolo o il sangiovese." Proprio sugli aspetti tipici, che possono far riconoscere l'aglianico attribuendogli una sua personale connotazione, si è soffermato il simpatico tedesco Jobst Von Volckamer di Merum: "Abbiamo assaggiato vini non maturi, vegetali e fin qui nulla di strano considerata l'annata, ma ciò che non giova alla causa dell'aglianico sono certi sentori, che abbiamo avvertito, di fumo, di tostato e tanto, tanto legno. - ha sostenuto Von Volckamer - E, così confezionati questi vini hanno ben poco di tipico, di territoriale. Al contrario somigliano a tanti, troppi vini, dal sapore internazionale". Per Maurizio Paolillo della rivista Porthos, questo fenomeno si spiega "con la necessità di apportare correzioni per addolcire, ammorbidire un'annata durissima, che altrimenti avrebbe proposto vini imbevibili". Sulla stessa lunghezza d'onda Antonio Boco del Gambero Rosso, che però attribuisce le variazioni in corso d'opera "al dinamismo del territorio, cioè alla crescente attenzione delle aziende, oramai capaci di adattarsi a tutte le condizioni e di porre riparo persino alle bizzarrie climatiche". Ugo Baldassarre |