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          Esperta Maria Stefania Bardi Tesi


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Il biscotto delle monache o di Popiglio
di Maria Stefania Bardi Tesi

La montagna pistoiese prodiga di panorami da gustare visivamente per le bellezze naturali, che vanno dai boschi di castagni, ai boschi di ontani ai monti innevati, con paesi e piccoli borghi, talvolta solo tre o quattro casette, che sembrano formare un unico nucleo. Testimonianze storiche le cui memorie sono evidenziate in modo certo e tangibile da torri, pievi e conventi… Penserete: “va bene tutto questo ma cosa c’entrano i biscotti delle monache?” C’entrano, c’entrano… perché… proprio a Popiglio, paesino posto al limite dell’appennino pistoiese a confine con terra lucchese sorge oltre ad un antica pieve, un convento di suore domenicane, oggi usato per lo più come luogo per le stesse, di soggiorno estivo.

Anticamente non era così, il convento era sempre abitato: la vita monastica doveva certamente svolgersi ne più ne meno come in tutti gli altri. Fra le varie attività quotidiane di preghiera e lavoro c’era anche l’impegno di occuparsi della cucina e qui… chissà chi e quando una o più suore elaborarono, con le poche cose a disposizione, un dolcetto particolarmente gustoso e ghiotto (soprattutto all’epoca) considerando i semplici ingredienti…solo: farina di grano, zucchero, acqua, semi di anice e bicarbonato di ammonio. Al primo impatto visivo questi biscotti sembrano fette di pane toscano secco, pensate proprio ad un filoncino toscano (un po’ più schiacciato del normale) da ½ kg, tagliato a fette con spessore di circa un centimetro. L’impatto gustativo si esprime al meglio se consumati dopo averli inzuppati in vinsanto o latte (indicatissimo per la prima colazione).

Racconta Lorenzo Nesti (dell’antico Forno Berti di Popiglio) unico produttore di questi particolari biscotti, di aver ereditato la ricetta “segreta” (il segreto non sta negli ingredienti – ma nei quantitativi e modalità di esecuzione e cottura) della nonna Enedina che verso il 1950 pare l’abbia ricevuta da una suora. Sembra che l’invenzione risalga alla metà – fine ottocento e la curiosità è che le briciole del tagliere sul quale erano stati tagliati velocemente i dolci pani appena sfornati per dar loro la forma voluta, erano mescolati alle briciole delle ostie avanzate prima della consacrazione, e poi donati in piccoli sacchetti, alla fine della messa, ai giovani che avevano servito in chiesa (chierichetti) come ricompensa per il servizio prestato. Non solo, le ingegnose monache svilupparono una singolare attività, a dire il vero poco commerciale visto che facevano tutto gratuitamente, che consisteva nella preparazione su ordinazione di qualsiasi quantitativo di biscotti purchè coloro che facevano l’ordine fornissero alle religiose tutti gli ingredienti.

Questi biscotti sono particolarmente indicati a chi soffre di intolleranze alimentari al latte e alle uova, a chi vuole o deve contenere l’apporto calorico non rinunciando ai dolci sapori; e tutti in generale, perché… frutto di una memoria antica oggi prodotti con le stesse modalità. Per dire il vero solo una cosa è cambiato…il forno!


Maria Stefania Bardi Tesi