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Esperto Paolo Borelli
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Merlot all'italiana L'associazione culturale "Il Telaio di Zaira" opera da diversi anni per creare un movimento culturale nella zona di Colorno, autentica perla della provincia di Parma. I colornesi sono abituati, purtroppo, a doversi spostare verso Parma o le province di Cremona e Mantova per poter svolgere delle attività diverse dal solito. Fra i vari corsi e le serate a tema organizzate nel corso dell'anno, nei mesi di aprile e maggio si sono tenute tre serate di degustazione, volte ad avvicinare al vino anche i "profani". Chi scrive, sommelier ma soprattutto appassionato di vino, ha avuto la fortuna di poter organizzare questo mini-ciclo di degustazioni. Il tema che ho prescelto è stato: "Il vigneto Italia da nord a sud: vitigni internazionali e vini tipici". Nella prima serata i partecipanti hanno potuto degustare quattro vini da vitigno merlot in purezza, provenienti da altrettante regioni italiane, volutamente, molto distanti tra loro: - Merlot 2000 - Planeta (Menfi AG); - Rendola 1998 - Fattoria La Rendola (Montevarchi AR); - Ronc di Subule 2000 - Ronchi di Manzano (Manzano UD); - Tovi 1996 - Longariva (Rovereto TN). Bisogna innanzitutto dire che i quattro vini della serata si sono rivelati molto diversi tra loro, più di quanto lasciasse presagire la loro comune natura. La versione siciliana del merlot si è presentata di colore rubino molto intenso, quasi impenetrabile e con un impatto olfattivo notevole, con sentori di frutti di bosco, vaniglia ed una leggera (forse addirittura troppo leggera per il vitigno) nota vegetale. Al palato l'importante apporto dell'alcol è stato comunque equilibrato da un'acidità discreta ma presente, trama tannica abbastanza morbida, più che buona la persistenza. Il merlot Rendola (giova ricordarlo sì toscano, ma di Montevarchi) ha mostrato all'esame visivo un rubino discretamente più scarico rispetto al più noto rivale isolano, dovuto forse non solo ai due anni di bottiglia in più ma anche ad una vinificazione meno spinta. All'olfatto ha rivelato subito le sue origini, con dei ricordi animali ed una nota vegetale abbastanza marcata, ancora presente in maniera importante l'apporto del rovere. Al palato purtroppo le buone promesse non sono state mantenute, con un vino rivelatosi sicuramente ben fatto ed equilibrato, ma troppo poco intenso e dal finale troppo breve. Il Friuli, patria indiscussa del merlot all'italiana, era rappresentato da uno dei suoi più solidi campioni, il Ronc di Subule, il quale ha mantenuto senza dubbio le promesse dettate dalla sua fama, innanzitutto con il suo colore rubino carico, molto vivo (addirittura quasi quanto il solare Planeta). Il profilo olfattivo si è presentato ampio, con note di fiori e frutta secchi, vaniglia ed un ricordo di cuoio. Al gusto l'equilibrio e la voglia di piacere di questo vino si sono confermati in tutto la loro decisione, infatti il palato è avvolto da una tela ben lavorata di tannini morbidi, acidità giustamente sostenuta, chiusa, infine, da una persistenza abbastanza lunga. Il racconto della degustazione si chiude con il più settentrionale dei merlot della serata, oltre ad essere il più vecchio, il Tovi Longariva 1996. Già ad una prima occhiata il Tovi dimostrava la sua maggiore età, oltre ad una vinificazione con ogni probabilità più tradizionale, presentandosi quasi granato. All'olfatto sono cominciate le sorprese positive, con sentori da vino già ad un grado evolutivo superiore, quali cuoio, animale, fieno, meno presente che nei concorrenti l'apporto del legno. Al palato tutte le buone premesse sono state confermate da un vino con una tannicità ancora molto ben presente ed equilibrata da una buona acidità, ottimo impatto su tutto il palato ed una persistenza gusto-olfattiva stupendamente lunga. Tirando le conclusioni di questo confronto, siamo di fronte al classico outsider che vince il torneo, infatti il Tovi 1996 di Longariva (azienda biodinamica) non si è solo ben difeso contro avversari più noti e più quotati sullo scaffale dell'enoteca, ma ha addirittura strappato più consensi. Il Rendola '98 era infatti, come detto, una versione non particolarmente riuscita, mentre i vini di Planeta e Ronchi di Manzano, pur se ottimamente fatti, non hanno trasmesso emozioni dettate dal loro specifico carattere o territorio, oltre agli apprezzamenti per la loro rotondità e morbidezza. Il merlot trentino ha invece affiancato ad una vinificazione sicuramente molto curata una tipicità, una territorialità che sono sicuramente da premiare, forse soprattutto nel caso di un vitigno cosiddetto internazionale. In definitiva, siamo di fronte all'affermazione del carattere sul tecnicismo, almeno in questo caso, aspettiamo alla prova i bianchi da vitigno chardonnay per un'eventuale conferma. Paolo Borelli |