Sairas del fen
di Riccardo Collu
La radice della parola dal latino"seracium" è riconducibile
al termine sieraccio in italiano volgare, ovvero il siero, sottoprodotto
del formaggio. Nelle regioni Piemonte, Valle d'Aosta, Liguria, viene chiamato
Sairas, Serac, Sarasso, Seiras, ma accomunati da un simile procedimento
di realizzazione, praticamente quello della ricotta. In particolare il
Sairas del fen, uno dei più conosciuti prodotti di questa tipologia, viene
fatto riposare su un letto di fieno, per facilitarne stagionatura e trasporto,
da qui il suo nome.
La zona di produzione si estende dalle valli del Pinerolese, Val Pellice,
Val Chisone fino ad alcune zone della Valle d'Aosta.
La tecnica di produzione, molto semplificata, consiste nel riscaldare
il siero dell'ultimo formaggio fatto con un'aggiunta di latte fresco,
questo, giunto ad ebollizione, porta a galla la ricotta.
Il latte che genera il siero è in prevalenza misto vaccino, ovino, caprino,
come il latte che viene di seguito aggiunto. Il casaro la raccoglie con
una schiumarola e la pone in un sacchetto di lino appeso a scolare, questo
viene di seguito legato e pressato. Dopo una giornata, o poco più viene
levato dal sacchetto, salato a secco in diverse riprese e facendolo asciugare
all'aria con soste di un paio di giorni fra i trattamenti. Viene quindi
avvolto con fieno e posto a stagionare da una a 5 settimane e oltre.
Al termine del periodo si presenta con forma sferico - ovoidale irregolare,
con crosta assente, ma un colore leggermente ambrato, più intenso con
la stagionatura. La pasta si presenta compatta, morbida, quasi farinosa,
con tendenza alla rottura seguendo le venature della forma in prodotti
con maggiore stagionatura. I sentori olfattivi sono lattici, abbastanza
intensi, a volte possono ricordare alcune erbacee aromatiche, il Seirass
maturo, presenta anche sentore di stalla e a volte spezie.
All'assaggio, la friabilità alta produce una media succulenza indotta
assieme alla granulosità.
La nota salata è maggiormente presente nei prodotti giovani, a volte accoppiata
ad una appena percettibile nota acidula. La persistenza è buona, permane
una piacevole sensazione piccante oltre ad un aroma di fieno che lo caratterizza.
La complessità e intensità gusto olfattiva raggiungono comunque il massimo
equilibrio ed espressione nelle forme che sono state prodotte negli alpeggi
a quota maggiore e che hanno una stagionatura - affinamento nel fieno
prolungato.
Ottimo nella realizzazione di piatti della cucina locale, viene consumato
da fresco anche condito con erbe aromatiche e olio extra vergine. Per
la complessa delicatezza questo prodotto, nella versione stagionata, può
anche essere abbinato con un vino bianco strutturato come un Piemonte
Chardonnay con un leggero passaggio in legno e accompagnato da un pane
di farina integrale cotto nel forno a legna come personalmente e piacevolmente
constatato.
Riccardo Collu
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