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          Formaggi d'Italia e del Mondo - Il Pecorino di Filiano

           Archivio formaggi recensiti
Il Pecorino di Filiano
di Riccardo Collu

La produzione su larga scala di questo celebre formaggio, può coincidere storicamente con la donazione dei territori tra i quali Filiano, Melfi e Candela che l'imperatore Carlo V fece nel 1530 al nobile genovese Andrea Doria.

Già nel 600 si hanno notizie di strutture produttive che sfruttano le masserie della piana dell'Ofanto durante l'inverno spostandosi in estate nella Valle Vitalba. Più recentemente nel 1997 è iniziato l'iter che ha portato al recente riconoscimento della dop, le aziende oggi registrate sono circa 1000, l'area di produzione comprende il territorio di Potenza e le circostanti comunità montane del Vulture - Melfese, Melandro, Alto Bradano, Alto Basento, Marmo, per un totale di 30 comuni.

Il patrimonio ovino, è di circa 140000 capi di razza autoctona Merinizzata, Gentile di Puglia e di Lucania, Leccese, Comisana, Sarda e incroci. L'importanza dell'alimentazione dei capi e dettata dal disciplinare che impone foraggi e fieni freschi, i locali pascoli forniscono una varietà di erbe officinali e aromatiche tra le quali timo, origano e finocchietto selvatico oltre alle acque che sgorgano dalle falde vulcaniche del monte Vulture. Il pecorino di Filiano viene prodotto per tutto l'anno, anche per questo le integrazioni alimentari sono consentite ma solo con granella di cereali e leguminose della zona dop, è comunque vietata l'alimentazione con foraggi insilati, geneticamente modificati o di derivazione animale.

Il formaggio viene realizzato dal latte crudo intero di due mungiture, la serale e la successiva giornaliera, durante la lavorazione, la massa preventivamente filtrata, viene riscaldata a circa 40°c, addizionata di caglio in pasta di agnello o capretto della zona e coagula in 30 - 40'.
La cagliata viene rotta alle dimensioni del chicco di riso con il tradizionale scuopolo o ruotolo, una sorta di mestolo in legno con un prolungamento sulla punta, dopo un breve riposo, sgrondata a mano e deposta nelle moderne fuscelle che segnano le forme come le tradizionali in giunco. Quì viene pressata a mano per favorire lo spurgo del rimanente siero, le forme ottenute immerse in acqua alla temperatura di 90°c per circa 20'. Si procede successivamente alla salatura a secco per massimo 10 giorni o in salamoia con un tempo corrispondente a 10 ore per ogni kg. della forma.
Dopo il 20° giorno la crosta può essere trattata con olio extravergine e aceto prodotti in Basilicata applicati a mano.

La stagionatura viene effettuata nelle tipiche grotte o in ambiente con umidità del 70 - 80 % e temperatura di circa 14°c per un minimo di 180 giorni.
Dopo tale periodo il Pecorino di Filiano si presenta come un formaggio a pasta dura con percentuale di grasso minimo sulla sostanza secca del 30 %.
Le forme idonee hanno impresso il marchio a fuoco e si presentano cilindriche a facce piane di diametro 15 - 25 cm, scalzo leggermente bombato ed altezza da 8 a 18 cm, il peso è variabile da 2.5 a 5 kg.
La crosta , di colore nocciola - bruno scuro secondo la stagionatura , la pasta compatta, di colore dal bianco - avorio al giallo dorato con presenza di occhiature fini ed irregolari, tipiche delle lavorazioni da latte crudo.

Olfattivamente, sentori di burro, fieno, erbe dei pascoli, nocciola, soprattutto nei prodotti più stagionati.
Gli aromi sono equilibrati, persistenti, i sapori lievemente piccanti e pungenti, la buona sapidità induce una piacevolissima succulenza che equilibra la poca solubilità del formaggio.
Nella cucina territoriale è valido alleato del ragù alla Potentina nel condimento di Strangulapreuti e grano al ragù, ingrediente nelle patate raganate e teste d'agnello al forno.
Si abbina piacevolmente a vini rossi come l'Aglianico del Vulture al Tamurro Nero.
Di Pecorino di Filiano attualmente se ne producono circa 20000 quintali, con il riconoscimento della dop, oltre a ricevere un giusto tributo, si è dato al prodotto un maggiore legame al territorio stimolando le nuove generazioni al ritorno nelle aziende di famiglia e alla prosecuzione delle tradizioni.


Riccardo Collu