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          Formaggi d'Italia e del Mondo - Il Fiore Sardo


           Archivio formaggi recensiti
Il Fiore Sardo
di Riccardo Collu



Alcuni sostengono che la produzione di formaggio in Sardegna risalga al periodo nuragico intorno al 1000 a.c. come potrebbe essere dimostrato da alcuni reperti archeologici dell'epoca, che testimoniano già allora sviluppo e diffusione dell'attività zootecnica. La produzione invece del Fiore Sardo che oggi consumiamo è sicuramente anteriore "all'importazione" nell'isola delle tecnologie di fabbricazione del Pecorino Romano, a riprova di ciò vi sono scritti di fine 1700 e inizio 1800 che lo citano e alcune carte comprovanti che le città di Genova, Livorno e Ponza effettuavano l'approvvigionamento per consumo e commercio.

La produzione del Pecorino Romano in Sardegna è iniziata invece a fine del 1800 quando il Fiore era già conosciuto e aveva già acquisito i propri canali commerciali. La produzione di questo casu sardu è diffusa in tutta l'isola, con epicentro nel Nuorese, a Gavoi vi è la sede del consorzio di tutela, dal 2.7.1996 gode del riconoscimento Dop. Il latte è proveniente al 100% da ovini di razza sarda le cui origini sembra risalgano al muflone, ovino autoctono sardo ancora presente sui monti nel centro dell'isola ma quasi in pericolo di estinzione. La produzione dura da dicembre a luglio e i capi vengono alimentati da pascoli naturali integrati da concentrati.




La tecnologia casearia è strettamente legata alla tradizione, i luoghi di produzione ancora oggi sono in maggioranza le "pinnette" ovvero il ricovero che i pastori usano per loro e per le pecore del quale una parte funge anche da caseificio. Qui avviene la lavorazione del latte ovino crudo, proveniente da una singola mungitura che viene addizionato di caglio in pasta di agnello o raramente di capretto, riscaldato alla temperatura di 34 - 38°c coagula in circa 30'. La massa viene rotta alle dimensioni del chicco di riso e lasciata decantare sul fondo della caldaia, a questo modo si forma la pasta che tagliata in immersione nel siero viene poi trasferita nelle forme per assumere il conosciuto aspetto.
Queste vengono in seguito sottoposte a salatura mista in salamoia e a secco per oltre 50 ore, inseguito subisce una leggera affumicatura e stagiona per minimo 3 mesi fino ad oltre 6 mesi in locali seminterrati in montagna.

Il prodotto ha l'aspetto di due tronchi di cono uniti per la base maggiore, ha diametro di 12- 20 cm facce piane scalzo alto circa 12 - 15 cm peso da 1.5 a 4 kg.
La crosta va dal giallo intenso al marrone scuro dovuto all'invecchiamento e allo strofinamento con olio e grasso di pecora. La pasta è compatta, minima la presenza di occhiature, poco solubile, il sapore dal sapido al piccante con l'aumentare del grado di maturazione. Ottimo da solo a conclusione di un pasto, per insaporire sughi o come componente del pesto genovese. Trova ottimo abbinamento con il Cannonau di Sardegna, le forme molto invecchiate gustate con un Malvasia di Bosa sono ottimi compagni di meditazione.


Riccardo Collu