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Archivio Articoli de La Cucina che non c'è
Archivio articoli
Giallo
noir culinario: la scomparsa del soffrito di Stefano Buso Il magico, delicato battuto, definito in termini professionali, "fondo di cottura"* che, con il suo penetrante profumo ha deliziato i nostri delicati nasi e ci ha fatto fantasticare su questo o quell'altro piatto, sta per essere messo in congedo anticipato o, ancor peggio, in alcuni casi è già stato ostracizzato e sepolto nella fredda e desolata tundra della cucina "senza fondi e senza grassi", con un beffardo epitaffio: qui giace il povero soffritto che tanto regalò alla cucina tradizionale, seppur tra puzza e miasmi vari a gustosi piatti e deliziose leccornie. Cipolla, sedano e carote, messi assieme, sembrano tre stoici soldatini di piombo in assetto da guerra, una sorta di grottesca armata Brancaleone, pronta a dar battaglia in una verosimile crociata del gusto contro idee e soluzioni che lo vorrebbero sminuito o vilipeso, mandando così in pensione con lui anche i suoi naturali "alleati storici", quali coltelli, coltellini, mezzaluna e possenti taglieri di legno ereditati da amorevoli nonnine, appassionate del battuto a guisa d'ancien regime! Invece di procedere secondo i canoni riconducibili alla cucina classica e, in altre parole, preparare il soffritto battuto al coltello, si preferisce spesso fargli fare una triste fine dentro un asettico macinaverdure, ma bastasse solo questa cattiveria! Con ardore e sfrontatezza, già s'incomincia a fare a meno del suo sapore e inimitabile effetto, preferendo, talvolta introdurre il nostro trio aromatico a crudo e a fine cottura, scelta questa eretica, giacché, in tal modo, se ci accingiamo ad esempio a preparare una salsa di pomodoro, che gusto mai potrà avere la "Nostra" frullandovi dentro le verdure alla fine? Oltre al fatto, che gli ortaggi non potrebbero cucinarsi bene e non arricchirebbero di bontà il sughetto! Per preparare un umile soffritto, scusate, fondo di cottura, ci vuole tecnica, amore e passione ma anche occhio a non tagliarsi le dita! In ogni caso, le verdure da tritare o affettare, vanno lavate bene, con largo anticipo e lasciate asciugare qualche minuto prima di "procedere all'esecuzione capitale" a colpi di Trinciante*. Grossolano errore poi, tritare tutto assieme, ma è invece meglio, prima affettare la carota che è la verdura più coriacea, poi il sedano ed infine la preziosa cipolla. Vuole la tradizione, che durante il taglio della cipolla, il malcapitato cuoco, versi pietose lacrime a causa delle forti esalazioni prodotte e le stesse, arricchiscano di sapore e bontà il battuto ed il piatto che poi sarà cotto e servito! In realtà, alcuni piangono per rendere tributo alla triste fine cui è costretta la nobile cipolla, protagonista d'infinite ricette e regina assoluta del regno dei soffritti che si estende dall'Europa all'Asia, dalle Americhe ai Poli e dove nessuna porta di una qualsiasi cucina, non le sarà mai chiusa in faccia. La Cucina che non c'è, è una rubrica certamente dissacrante, di rottura e petulante, ma relativamente ad alcuni canoni d'esecuzione culinaria, siamo e sempre saremo fiscali, zelanti e un po' reazionari. Il fondo di cottura, detto alla povera, soffritto, fa parte del DNA culinario, spesso è stato tramandato da generazione in generazione, ed è quindi importante non tralasciarlo, se non altro in ricette in cui è parte strutturale di un piatto. Giammai; né Calvinisti né dediti al puritanesimo de cuisine, non è la nostra forma mentis e ciò sembra che si evinca molto bene da questo mio spazio ma, nel nostro piccolo, siamo anche rispettosi del buono e delle tradizioni, specie se consolidato da secoli. Come, nel ragù di carne, che è di una bontà senza precedenti specie se accompagnato a due tagliatelle all'uovo fatte fresche; sarebbe immorale, da stolti, non usare il soffritto per cucinare (rosolare*) la carne prima di bagnarla con il vino e terminare la cottura con delicatezza sino alla degustazione finale. Insomma, se è vero che dobbiamo dare a Cesare quel che appartiene a Cesare, diamo ad ogni soffritto la certezza di finir rosolato in una comoda teglia, soffocato senz'altro da un morbido e generoso strato di burro o manto d'ottimo olio e, se proprio fosse necessario, ci mobiliteremo anche con una raccolta di firme pro - soffritto…naturalmente con le mani sporche di cipolla tritata, mi sembra il minimo.
Intenso, particolare…inizio questa mia appassionata segnalazione enfatizzando volutamente quest'opera, per tipicità e struttura, in un settore, quello della comunicazione gastronomica, dove ultimamente l'originalità non impera, anzi, scarseggia! Questo libro composto da ben 276 pagine, di ottima rilegatura e veste grafica ad alto livello, espone in maniera brillante, appassionante le relazioni tra cucina, musica ed eros marcando un'impostazione volutamente musicale ed articolandosi nei tempi di una sinfonia e quindi, adagio, allegro con moto, andante con variazioni, scherzo, rondò vivace e adagio finale. Tutta l'opera ha degli spunti notevoli e meritori ma personalmente, mi ha emozionato la parte finale, nel rondò vivace dove si narrano i banchetti ispirati alla cultura romana, medievale, rinascimentale, barocca fino al futurismo, accompagnati da meravigliose ricette e ancor più impreziositi da indicazioni di brani musicali dell'epoca. Che mariage la musica, il cibo, l'eros…. sinergia d'incontri, per portare all'apice i nostri sensi coinvolgendo non solo il palato, palese dimostrazione trasversale della cultura legata al cibo e che ben si amalgama con tutte le arti sin dall'antichità. Auguriamo a quest'ottimo book tutto il successo che merita e che certamente avrà. Stefano Buso |