Una serata con Albino Armani
Vallagarina, 12 Aprile 2003
Vinitaly 2003: prendi una giornalista con i fiocchi, una famiglia
incredibilmente ospitale ed una ciurma di guidaioli del vino,
l'incontro a cena non poteva certo essere banale. Specialmente
se la giornalista è la nostra Elisabetta
Tosi, la famiglia ospitale è quella di Albino
Armani e la ciurma di appassionati è costituita, nientemeno,
che dagli ideatori de l'altraguida.
L'azienda agricola Albino Armani, si trova in Vallagarina a Dolcè,
in quella striscia di terra che collega il Trentino al Veneto
lungo l'A22 del Brennero.
I vigneti si estendono da Dolcè fino a Rovereto trasferendo
inevitabilmente sui vini, caratteristiche organolettiche complesse
ed originalissime, da terreni analoghi ma da climi assai diversi,
più rigidi - d'inverno - nella parte trentina della Vallagarina
e in Alto Adige, più temperati nella parte meridionale
della valle, dove l'influenza del lago di Garda mantiene la temperatura
abbastanza mite durante tutto l'arco dell'anno.
Un po' perchè venivamo da lontano (il
nostro alloggio era ad Albisano, sul Garda), un po' perchè
buio e miopi fanno a cazzotti, il nostro arrivo in cantina,
dall'orario prefissato delle 20.30, è slittato di una
mezzoretta circa. Nessun problema. Al nostro arrivo, ad accoglierci,
Albino Armani e la sua graziosissima moglie Egle, nella nuova
struttura che profuma ancora di legno nuovo e dalla quale,
di giorno, è possibile ammirare uno straordinario panorama
sui vigneti a sud. Mancava ancora qualche minuto per cena
e ne abbiamo approfittato per visitare la cantina climatizzata
per l'affinamento dei vini in acciaio la barricaia - circa
600 barriques e 15 grandi botti da 4500 ettolitri - il nostro
mentore, in cantina, sarà per tutta la sera Matteo
Mattei, incredibile personaggio dal quale vale la pena farsi
accompagnare durante la visita e gli assaggi...
Sono le 21.00 passate, ci accomodiamo. |
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La cena e i vini
L'atmosfera è calda, semplice ed elegante allo stesso tempo,
come lo sono i modi di Egle che, oltre a coordinare perfettamente
i movimenti in cucina, non manca di intrattenere con garbo tutti
i suoi ospiti. Albino Armani in persona, simpatico, cordiale,
disponibile e Matteo Mattei, agronomo dell'azienda, hanno fatto
il resto proponendoci in successione gran parte della produzione
aziendale.
Il piatto forte della serata - merita una menzione - è
stato un'eccezionale bollito misto, accompagnato dalla tradizionale
pearà,
una sorta di crema a base di midollo e brodo di carne, semplice
quanto gustosa, tanto che le pressioni su Elisabetta per averne
la ricetta si stanno facendo sempre più insistenti. Chi
ha orecchie per intendere... Lo ammettiamo, la piacevolezza della
serata e la convivialità del momento hanno fatto si che
non prendessimo in mano carta e penna per annotare - come al solito
- i nostri appunti di degustazione. Ci limitiamo pertanto a riportare
impressioni, sensazioni e ricordi.
Per i bianchi - soprattutto quelli ottenuti dalla parte meridionale
dei vigneti - valga qualche considerazione generale: si tratta
di vini tecnicamente molto ben eseguiti, caratterizzati dalla
presenza di un'intensa nota minerale all'aspetto olfattivo, sensazione
ripresa anche in bocca da un evidente quanto piacevole vena sapida,
giustamente supportata da freschezza quasi sempre in abbondanza.
In particolare, lo Chardonnay trentino (Vigneto Capitel) si è
distinto per eleganza mentre il Sauvignon della Vallagarina si
è mostrato tipico, con un'intensa nota varietale, buona
morbidezza ed un consistente nerbo acido.

Qui sopra, a sinistra un momento dell'intervento di Albino
Armani - da lontano perchè il bollito ha prevalso sul dovere
- a destra, un particolare di una botte grande fi Foja Tonda nella
bottaia dell'azienda.
Durante la serata, Albino Armani ha preso la parola per illustrare
il lavoro dell'azienda ma soprattutto, per presentare il "suo"
Foja Tonda, vino ottenuto dal vitigno autoctono omonimo - conosciuto
anche come casetta - al quale ha dedicato gran parte delle sue
energie in questi ultimi anni. Lo percepisci mentre parla in pubblico
- dalla discrezione dei modi - ne hai conferma più tardi,
a voce, quando a quattrocchi scambi due parole con lui: del Foja
Tonda, come di tutti i vitigni autoctoni bisognerebbe parlarne
sottovoce. La paura di Albino è che anni di lavoro suoi
ma anche di molti altri bravi vignaioli - come per esempio Walter
Massa dei Colli Tortonesi con il Timorasso - vengano impoveriti
da un approccio mediatico troppo aggressivo nei confronti del
vitigno autoctono. Ciò, avrebbe il rischio di tramutare
il passaggio - dall'international style all'autoctono
style - in una dannosa moda del momento, come tale foriera
di facili entusiasmi o, peggio, improvvisate corse all'oro.
Purtroppo la moda c'è, e l'inversione di tendenza si comincia
a respirare nell'aria.
Che fare allora? Assaggiamo il vino, con approccio sincero, libero
e non condizionato, magari con l'etichetta coperta; cerchiamo
di focalizzare quale sia il nostro giudizio sul prodotto, senza
farci internazionalizzare o autoctonizzare dal primo
comunicatore di turno: se il vino ci parlerà di se trasmettendoci
qualcosa di originale, qualcosa che ci aiuti ad identificarlo
e magari a ricordarlo tra mille altri assaggi, significa che il
lavoro che sta dietro a quello che abbiamo bevuto ha un senso,
e che merita senz'altro la nostra attenzione. A quel punto, discutere
se si tratta di moda o meno poco importa, il nostro giudizio sarà
comunque svincolato dagli stereotipi perchè avremo saputo
ascoltare la storia del vino - se ce l'ha ! - e, se ci andrà,
sarà giusto parlarne e raccontarla ad altri, così
come faremmo per un ottimo Cabernet che, per avventura, fosse
stato coltivato nella patria del Sangiovese.
Il Foja Tonda di Armani - in particolare il millesimo 1996 - la
sua originalità te la trasmette. Si presenta nel calice
di un bel rosso rubino limpidissimo mediamente intenso, di buona
consistenza. Il naso colpisce per nitidezza e pulizia dove la
frutta rossa, fresca, ritorna anche in bocca, più decisa,
con intensi sentori di bacche rosse e nere freschissime a testimoniare
un frutto perfettamente integro e le carte in regola per ulteriore
affinamento in bottiglia. Reinvita alla beva con una lieve e piacevole
nota amarognola che in finale asciuga e pulisce la bocca del degustatore.
Vino interessante e originale dove ritrovi quella consistente
nota minerale che trasporta nel bicchiere il carattere nervoso
di una valle stretta tra fiume, lago e montagna.
Un vino di carattere, magari appena duro per chi mira immediatamente
a gusti morbidoni - e faciloni, ci vien voglia di aggiungere -
ma elegante e di sicuro interesse.
Sul finir della sera...
Al termine della cena, Matteo Mattei si è gentilmente prestato
per un "ripasso" in bottaia dove, con più calma,
abbiamo avuto modo di assaggiare tutto, ma proprio tutto quello
che in azienda di vinifica, dai prodotti più consolidati
agli esperimenti più o meno riusciti, in un viaggio piacevolissimo
di calici riempiti direttamente dalle botti, di storie e di profumi.
Voglio menzionare un bellissimo Chardonnay "barrique"
di grande freschezza e struttura, un freschissimo quanto profumato
e fruttato pinot bianco ed un esperimento - così l'ha chiamato
Matteo - proveniente dai terreni dell'azienda in Friuli. Sto parlando
di un Tocaj eccezionale, di grande struttura, che prima ti stordisce
al naso con profumi floreali e fruttati intensi e poi ti rapisce
in bocca, con una consistente vena acida perfettamente equilibrata
con il frutto morbido e consistente, quasi masticabile, tendente
al maturo e nello stesso tempo fresco.
Mai lo diresti, davvero, che questo "esperimento" proviene
da terreni pianeggianti.
Grazie a Matteo Mattei e ad Albino Armani per la loro passione,
competenza e cortesia, grazie ad Egle, per la cena e la sua formidabile
ospitalità. Non dimenticheremo molto facilmente il modo
in cui ci avete coccolati e viziati, anzi, arrivederci in cantina.
Filippo Ronco
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