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Il pesce dei vichinghi
Dal merluzzo allo stoccafisso, in un ambiente ecologico ancora straordinario: le isole Lofoten, in Norvegia.
di Enza Bettelli

Da molti secoli immensi banchi di merluzzi si dirigono periodicamente dalle gelide acque del punto piú a nord della Terra verso mari piú temperati per deporre le uova, senza però dover scendere a Sud piú di tanto dato che la corrente del Golfo offre loro l'ambiente adatto per riprodursi già lungo le coste della Norvegia, in particolare nelle acque che circondano le Isole Lofoten.

Tuttavia, dei milioni di pesci che scendono dal Mare Artico, solo una parte di essi depone le uova nelle acque norvegesi mentre gli altri si spingono fino alle coste del Labrador e a Terranova. Ai pescatori non resta quindi che aspettarli al varco per assicurarsi la materia prima da trasformare poi in stoccafisso e in baccalà. Come facevano i Vichinghi, che appendevano i pesci al sole e al vento delle coste finché non divenivano tanto secchi e leggeri da poter essere trasportati senza difficoltà durante le lunghissime traversate che li portarono perfino nelle Americhe, precedendo Colombo.

Terranova era invece territorio dei Baschi che rientravano con le stive cariche di merluzzo salato ma senza rivelare dove fosse la loro fonte di approvvigionamento, finché verso la fine del 400 i fratelli Caboto, alla ricerca del Passaggio a Nord Ovest, non si ritrovarono anch'essi a Terranova con la nave letteralmente bloccata da milioni di merluzzi.
Non potendoli essiccare sui battelli i pesci furono salati e riportati così in patria. Questa pesca miracolosa continua da oltre mille anni, ma ormai i banchi di merluzzi, pur se ancora abbondanti, vanno lentamente ma inesorabilmente diminuendo, creando già dei problemi ad alcune nazioni, come per esempio l'Islanda, la cui economia si è sempre basata solo sulla pesca, soprattutto del merluzzo.

A causare questo depauperamento sono stati in buona parte la tecnologia e l'incremento numerico delle nuove flotte di pescherecci che raramente sono in grado di selezionare il pescato ma tirano a bordo ogni tipo di pesce, compresi quelli troppo giovani e quelli privi di valore gastronomico. Per questa ragione l'industria conserviera, quella dei surgelati in particolare, utilizza sempre piú spesso varietà meno pregiate o simili al merluzzo (p.e. nasello ed eglefino) influendo così anche su abitudini alimentari saldamente radicate, come il fish and chips, il piú tipico snack inglese che ora sempre piú spesso offre, sepolto sotto le patatine fritte, un filetto bianco e friabile che non è di vero merluzzo ma di pesci meno cari.

Per i Vichinghi e gli altri naviganti lo stoccafisso è stato per secoli l'alimento della sopravvivenza, così imporante che i naviganti si facevano una volta visita portandone un po' come omaggio; il baccalà veniva invece appeso sulla nave come barometro: quando iniziava a gocciolare i marinai sapevano che c'era tempesta in arrivo perché l'umidità dell'aria faceva sciogliere il sale. L'aringa e la balena erano ugualmente abbondanti ma il merluzzo si conservava meglio ed era quindi il prodotto giusto per risolvere i problemi di approvvigionamento per le navi, una volta uscite dal periodo della navigazione a cabotaggio.

La necessità di mezzi di trasporto ha quindi dato un nuovo impulso alle Repubbliche Marinare mentre dall'altra parte del mondo, nel XVII secolo, lo sviluppo delle piantagioni richiedeva schiavi e quindi un alimento energetico ma poco costoso per nutrirli.
La tratta degli schiavi e il commercio di baccalà procedevano di pari passo con un intenso scambio di nuovi prodotti, come zucchero e caffè; in questo modo trafficanti senza scrupolo si arricchivano portando baccalà nei Caraibi e barattandolo con schiavi e prodotti locali, un commercio redditizio e importante per l'economia di allora, del quale è rimasto come testimonianza la riproduzione di un merluzzo sul municipio di Boston.

Facile comprendere il perché si siano scatenate delle guerre per un prodotto così interessante dal punto di vista alimentare come lo stoccafisso, che si può conservare per parecchi anni senza alterarsi poiché, anche se la pelle diventa un po' gialla, la carne rimane comunque perfetta. Dalla prima guerra, iniziata intorno al 1500, si è arrivati fino al 1976 con strascichi fino al 1984; d'altra parte non a caso con l'Invincibile Armada vennero distrutti anche i pescherecci.


La pesca alle Lofoten
La Norvegia ha circa 21.000 km di coste che sono tra le piú pescose del mondo e un perfetto habitat per ogni tipo di pesce grazie al clima che mantiene la temperatura dell'acqua bassa. I merluzzi arrivano nelle Lofoten guidati dai piú vecchi che segnano la strada per le nuove generazioni. La pesca è regolata dalla stagione e dalla luna; all'inizio dell'anno finiscono nelle reti i merluzzi piú forti e consistenti, adatti per la trasformazione in baccalà, mentre da fine febbraio all'inizio di marzo arrivano le femmine, talmente piene di uova da raddoppiare di peso e, una volta che si sono sgravate, così leggere che ingoiano i piccoli sassi che trovano sul fondo per non galleggiare troppo.

Il periodo di pesca piú proficuo è tra marzo e aprile, perché il merluzzo ha ancora tempo per trasformarsi in un buon stoccafisso, restando esposto a vento, pioggia e sole che lo asciugano e lo bagnano di volta in volta.
Questa alternanza meteorologica è molto importante perché se il tempo fosse solo soleggiato il pesce sarebbe asciutto fuori e ancora umido all'interno mentre troppa pioggia prolungherebbe in modo eccessivo l'essiccazione causando non pochi problemi. Anche la neve è importante per la sua azione di termoregolatore: tempera il freddo e modera il caldo. Gli stoccafissi vengono poi ammassati a perfezionare la loro essiccazione in magazzini di legno, dove l'aria continua a circolare liberamente e attrezzati con deumidificatori per quando il tempo è piovoso.

In questi ultimi anni sono tuttavia sorti dei problemi per delle normative emanate dalla CEE; una riguarda lo stoccafisso e stabilisce che il legno è igienicamente non adatto, l'altra riguarda invece il baccalà per il quale è stato imposto un imballaggio in cartone che, pur se piú funzionale, non è invece l'ideale per la conservazione in frigorifero.
Per saperne di piú sullo stoccafisso bisogna visitare il museo ad esso dedicato ad Å (ha il nome piú breve del mondo), una vecchia azienda di lavorazione, e ascoltare le spiegazioni date dal suo competentissimo responsabile che parla un perfetto italiano.

La qualità norvegese
La varietà migliore del merluzzo è quella che i Norvegesi chiamano skrei, dalla carne molto bianca e delicata, che arriva alla fine di ogni anno dal Mare di Barents nelle acque pulitissime delle Isole Lofoten. Quelli pescati nella zona di Ballstad sono piú piccoli e meno forti di quelli che si spingono fino all'isoletta di Røst, famosa per la produzione dello stoccafisso ma anche per il paesaggio suggestivo e incontaminato e perché sull'isola trova rifugio la piú numerosa popolazione di uccelli marini d'Europa, sia stanziali sia migratori anche rari.

Da giugno a luglio, durante il periodo in cui il sole si mantiene sempre sopra la linea dell'orizzonte (sole di mezzanotte), si ha il massimo delle presenze di volatili sull'isola. Il merluzzo delle Lofoten si può considerare già come una materia prima di grande qualità, comunque garantita dalla Commissione Norvegese per l'Esportazione del Pesce (Norwegian Seafood Export Council) che è una Agenzia Nazionale Interprofessionale che fa capo al Ministero della Pesca. La Commissione è stata fondata 12 anni fa ed è presente in 8 Paesi nel mondo, non in Italia dove tuttavia c'è sempre un delegato.
Il consiglio di amministrazione della NSEC è costituito dai membri di Confederazioni di Sindacati, Associazioni Pescatori e Federazione Industriali Ittiche e Acquacoltura (www.seafood.no, www.norvegia.org).

Il logo NORGE è posto dalla Commissione a firma di tutto il materiale informativo e di promozione e viene utilizzato dagli esportatori. NORGE rappresenta un terzo degli esportatori dei prodotti ittici norvegesi ed è tra i piú importanti al mondo. Il merluzzo, fresco e lavorato, viene venduto in 150 Paesi al mondo.

L'Italia è il 9° mercato per la Norvegia per i prodotti ittici e primo per lo stoccafisso: quasi 3.300 tonnellate, piú o meno il 60% della produzione totale e il 93% delle Lofoten, piú circa 9.200 tonnellate di baccalà. Dopo l'Italia, il Paese che consuma piú merluzzo conservato è il Portogallo che però preferisce il baccalà salato; i Portoghesi si vantano di avere una ricetta diversa per ogni giorno dell'anno, e se non è proprio vero ci vanno vicini.
La Commissione sta promuovendo da alcuni anni delle manifestazioni in Italia per far conoscere ancora meglio stoccafisso e baccalà.

Quest'anno, in collaborazione con Slow Food, si sono tenute serate ad Ancona, Roma, Padova e Mantova con menu molto interessanti che hanno proposto con le ricette piú tradizionali altre piacevolmente insolite come un dolce di stoccafisso all'arancia e il baccalà candito. Con il patrocinio della Commissione anche dei concorsi dedicati ai giovani allievi delle scuole professionali italiane e la realizzazione di piatti nuovi di cucina creativa a cura di grandi chef, come Claudio Sadler a Milano e … del famosissimo ristorante Oro di Oslo, che insegna presso l'Istituto Gastronomico della città.

La tradizione in Italia
Quando nel 1432 il nobile commerciante veneziano Pietro Querini naufragò sulle coste delle Isole Lofoten non aveva idea che stava per fare una fondamentale scoperta gastronomica. Lo stoccafisso fu infatti una vera rivelazione che Querini e i suoi uomini si portarono in Italia, lasciando in cambio alle Lofoten un buon ricordo degli Italiani e dei figli, a suggello della nuova alleanza. La prima vera importazione di stoccafisso in Italia risale al 1500, diffondendosi soprattutto presso il popolo che con questo strano alimento, peraltro molto pratico e duraturo, e a quei tempi anche economico, poteva obbedire senza troppi problemi alle restrizioni dei giorni di magro imposte dal Concilio di Trento.

Le regioni dove la diffusione del merluzzo conservato è piú radicata sono la Liguria e il Veneto. Ai marinai liguri veniva inoltre attribuita una certa furbizia nell'approvvigionarsi di questo pesce essiccato, così prezioso durante i lunghi viaggi per nutrirsi tenendo a bada lo scorbuto; si dice infatti che abbiano imparato a conservare con la melassa le scorze delle arance (che altrimenti sarebbero state da gettare) per scambiarle poi con lo stoccafisso dei marinai norvegesi, con soddisfazione di tutti. In Liguria lo stoccafisso veniva cucinato in vari modi; per esempio, in attesa delle patate, con le bietole ad Albenga e con i fichi secchi ad Alassio.

Nel Veneto ci sono forse le ricette piú significative, come il baccalà mantecato alla veneziana e il baccalà alla vicentina, rigidamente codificato dalla Confraternita del Baccalà che ha sede a Sandrigo (Vicenza), cittadina gemellata con Røst, e che ha patrocinato i Ristoranti del baccalà (www.baccalaallavicentina.it).
Le migliori ricette degli chef vicentini e veneziani sono state riunite in un bel ricettario illustrato, “Stoccafisso e baccalà nel piatto”, ed. Terra Ferma-Regione Veneto (euro 22), in collaborazione con la Confraternita del Baccalà di Vicenza, la Confraternita Dogale del Baccalà Mantecato e con la Reale Ambasciata di Norvegia in Italia.

Nelle altre regioni il merluzzo conservato è piuttosto diffuso e se in Lombardia era, per esempio, solo cibo di penitenza, a Messina è rimasto un gustoso e ricco piatto, ad Ancona è stato codificato dall'Accademia della Stoccafisso, a Napoli è un'esplosione di colore e sapore salvaguardati dall'Associazione Antichi Sapori Vesuviani e a Roma anche la cucina ebraica lo propone in diversi modi.

Né mancano le occasioni per gustare in piazza le ricette tradizionali piú tipiche, con ancora in Veneto e in Liguria le piú significative: alla fine di settembre a Sandrigo il baccalà alla vicentina mentre la terza domenica di settembre a Badalucco (Imperia) la Pro Loco ha recuperato una ricetta che risale al 1700. A fare da riassunto per tutte le tradizioni italiane a giugno a Imperia il convegno Stoccafisso e Olio, in collaborazione con Norge, che lo scorso anno ha riunito chef da Sandrigo, Genova, Ancona, Napoli, Badalucco e naturalmente Imperia dove la sagra è di vecchia tradizione e propone una antica ricetta con pochissimo condimento che risale a quando l'olio era così caro che “si benediva”, lasciandolo cioè cadere da una penna sulle vivande.

L'olio ligure è ritenuto il migliore per l'abbinamento con lo stoccafisso in quanto le olive taggiasche dalle quali è ricavato gli danno personalità ma un gusto non così aggressivo da coprire il sapore del pesce; lo stoccafisso appena essiccato arriva in genere in Liguria da settembre a marzo, in concomitanza con la produzione dell'olio nuovo.
Per la manifestazione vengono preparati quintali di stoccafisso all'onegliese in una enorme pentolona che è entrata nel Guinness dei primati. Una ghiotta occasione da non perdere e; già che si è a Imperia non si può non visitare lo splendido Museo dell'olio della famiglia Carli.

Guida all'acquisto
I merluzzi appena pescati vengono lavorati immediatamente, cioè decapitati, eviscerati, lavati e passati in una leggera salamoia. A questo punto sono pronti per essere trasformati con elementi rigorosamente naturali come aria pulita e sale marino.

STOCCAFISSO è il merluzzo lasciato essiccare all'aria; solo in Veneto lo stoccafisso viene chiamato baccalà, creando un po' di confusione. L'origine del termine sembra sia tedesca, da Stockfisch (pesce bastone). I merluzzi, della stessa dimensione, vengono legati a due a due per le code e appesi alle rastrelliere da febbraio a metà maggio per essere poi raccolti da giugno a luglio, con una accurata selezione dato che i merluzzi appesi per primi sono ovviamente piú secchi. Per tutto questo tempo i pesci restano esposti all'aria e al vento delle coste, in un ambiente secco e ecologicamente pulitissimo.

Una volta essiccato il merluzzo viene scelto a mano da un selezionatore, un personaggio chiave in questa fase finale poiché è solo dopo anni di pratica che si riesce ad acquisire la sensibilità necessaria per suddividere le varie tipologie di stoccafisso, un lavoro molto difficile per il quale di recente sono stati istituiti in Norvegia dei corsi di formazione statali. Il selezionatore, in piedi dietro il suo banco, preleva uno stoccafisso alla volta e con rapidi gesti lo soppesa, talvolta lo annusa, poi lo getta sul mucchio giusto senza incertezze anche se la suddivisione è fra 15-20 gruppi apparentemente molto simili.

La valutazione riguarda la lunghezza, lo spessore e il colore e, ovviamente, i migliori sono quelli piú bianchi, grossi e spessi, di solito della qualità “ragno”(dal nome di Ragnar, il piú noto esportatore norvegese) che viene venduto regolarmente contrassegnato. Tuttavia c'è una ulteriore suddivisione che riguarda il mercato italiano che assorbe piú prodotto ma è anche il piú esigente. Per Genova, ad esempio, il pesce va diviso in due filetti uguali, a Napoli lo preferiscono di grandi dimensioni perché viene poi tagliato a filetti e a pezzetti, nel Veneto è battuto e la pelle deve quindi essere perfetta.

Gli stoccafissi vengono infine riuniti in balle, compressi da una pressa idraulica quindi legati con filo zincato e cuciti in sacchi di juta. Lo stoccafisso di prima scelta è di grosse dimensioni, ha una forma naturale e il ventre aperto, collo e ventre puliti, assenza di ecchimosi, di macchie e di danni causati dal gelo, odore molto intenso, pelle di colore brillante preferibilmente grigio-chiaro con riflessi paglierini e non rossastri. La polpa deve essere secca e molo dura ma non friabile; bisognerebbe farsi tagliare lo stoccafisso non con la sega ma con un grosso coltello da pestare sul dorso con un mazzuolo, controllando che la polpa non si frantumi in pezzetti.

BACCALA' è il merluzzo conservato sotto uno spesso strato di sale, con l'eccezione della terminologia dialettale veneta che chiama baccalà lo stoccafisso e bertagnín il vero baccalà; il termine ha origine dal portoghese bacalhao che a sua volta deriva dal fiammingo bakkaliaum.
Dopo essere stato pulito il merluzzo viene aperto a libro scartando la lisca dorsale, quindi sistemato a strati con il sale e lasciato riposare per tre settimane. Riconoscere la qualità del baccalà è meno facile poiché essa è dovuta in buona parte alla morbidezza della sua polpa, che deve essere saporita e non fibrosa, conseguenza di quando e dove il merluzzo è stato pescato e di cosa si è nutrito. Normalmente le balle di pesce vengono contrassegnate con un marchio di qualità che però non è piú visibile sui pesci venduti al dettaglio.
Oltre a fidarsi del proprio fornitore ci sono alcuni fattori da valutare; innanzitutto la lunghezza, non inferiore ai 40 cm, con uno spessore nel punto centrale di almeno 3 cm, senza macchie, polpa di colore non giallastro ma bianco, però non bianchissimo perché potrebbe essere stato sbiancato in modo artificiale. Anche la pelle deve essere molto chiara mentre la polpa deve avere un aspetto traslucido dovuto al sale, una consistenza morbida ed elastica e un odore penetrante ma di pesce.

Il baccalà è venduto inoltre a filetti e a filettoni, cioè senza lische, e conservato con una minore concentrazione di sale. Da Labrador e Terranova arrivano il baccalà morbido e assai salato (salted fish) e quello molto secco (clip fish); i filettoni norvegesi ling e brosmer sono di altre famiglie di merluzzo.

Prima della pentola
Prima della cottura stoccafisso e baccalà hanno bisogno di un trattamento in acqua, il primo per reidratarsi e il secondo per dissalarsi; tuttavia a Genova una volta lo stoccafisso non veniva ammollato ma battuto con un mazzuolo di legno finché non si riduceva in scaglie quindi lo si cuoceva ottenendo una preparazione dal gusto molto forte e intenso.

In Veneto, invece, lo stoccafisso viene sempre battuto prima dell'ammollo con una mazza di legno, per sfibrarlo senza però romperlo: si deve solo piegare; piú veloce ma meno valido dal punto di vista gastronomico è il rullaggio, cioè un trattamento eseguito dai commercianti che consiste nel far passare lo stoccafisso tra dei rulli.

L'ammollo è una fase delicata e importante che va curata con grande attenzione perché il pesce risulti morbido e saporito una volta cotto. Occorre acqua abbondante e fredda, magari con qualche cubetto di ghiaccio perché il pesce si mantenga sodo.
L'acqua va cambiata spesso o, meglio ancora, dovrebbe essere corrente e scendere a filo dal rubinetto direttamente sul merluzzo posto in un ampio recipiente non metallico (una volta si usavano le conche di pietra).

La durata dell'ammollo varia invece a seconda dello spessore del pesce e dalla data in cui è stato conservato: piú tempo è passato dalla lavorazione piú lungo sarà l'ammollo; naturalmente influisce anche la tradizione regionale. Se il pesce è stato trattato di recente ed è di buona qualità possono bastano circa 18-24 ore per il baccalà e da tre giorni per lo stoccafisso battuto fino a un massimo di sette per quello non battuto. D'altra parte si può controllare molto facilmente quando è il momento di togliere il pesce dall'ammollo: lo stoccafisso reidratato aumenta di circa 4-5 volte il suo volume, addirittura fino a sette volte se molto magro, mentre del baccalà si può assaggiare una scaglietta presa al centro del filetto per assicurarsi che sia ben dissalato e morbido.
Prima della cottura il merluzzo va strizzato per evitare che i residui dell'acqua di ammollo lascino cattivo odori al piatto cucinato.

A norma di legge
Secondo la normativa italiana le diciture stoccafisso (merluzzo essiccato) e baccalà ( merluzzo salato) si possono applicare solo a pesci della specie Gadus morhua, Gadus morhua callarias e, dal 1997, anche Gadus ogac e Gadus macrocephalus.
Esistono parecchie famiglie e specie che si possono collegare al merluzzo, ma il Gadus morhua, che è il pú pregiato, sta velocemente andando verso il rischio di estinzione, obbligando i vari Paesi a elaborare strategie che ne salvaguardino la sopravvivenza. In Norvegia, nelle isole Lofoten, ha appena preso il via un'idea per l'allevamento del merluzzo in mare aperto; per ora siamo proprio agli inizi e a livello praticamente amatoriale: fra qualche tempo si dovrebbero avere i primi risultati.

Non si butta via niente
In Norvegia si utilizza ogni parte del merluzzo fresco, come le guance fritte in pastella, le uova lessate nella loro sacca (che ha all'incirca un diametro di 5-8 cm) e affettate, il fegato cotto in salsa. La testa viene ugualmente bollita mentre la lingua è una vera ghiottoneria e la parte polposa al centro il boccone migliore; recuperare la lingua dalla testa dei pesci è compito dei bambini che già dai cinque anni cominciano a collaborare alla lavorazione dei merluzzi nei giorni liberi dalla scuola. Le teste e le guance sono anche esportate, in particolare verso la Nigeria dove servono per un particolare brodo di pesce.

Lo stomaco salato viene venduto in Giappone dove, riempito di altro pesce, viene utilizzato per la preparazione del sushi. Lo stomaco, ben cucinato perché non diventi nero, è una sconosciuta specialità della cucina calabrese e siciliana. In Islanda la pelle viene fritta o arrostita e quindi spalmata di burro per sostituire il pane che una volta non esisteva sull'Isola dove non c'è la possibilità di coltivare cereali. Le teste essiccate sono un altro snack “da passeggio” mentre quelle fresche tritate finissime sono condite con burro e sugo d'arrosto. In Portogallo esistono ricette per cucinare la coda, la lingua, le uova e anche la testa, servita semplicemente lessata e divisa a metà con contorno di patate bollite e olio d'oliva.

A livello industriale, oltre all'olio di fegato di merluzzo, si utilizza il latte di merluzzo per la preparazione di rossetto e di altri prodotti di bellezza mentre l'intestino macinato diventa cibo per l'allevamento dei salmoni.


Enza Bettelli