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Il Groppello, la memoria enoica del Trentino di Gianluca Ricci "Grop", in dialetto triveneto, significa “nodo”: e il grappolo del Groppello rimanda proprio a quell'immagine, con i suoi acini piccoli e sodi attorcigliati l'uno sull'altro quasi a difesa della loro incolumità. Pare che gli antichi abitatori delle terre in cui il Groppello ha attecchito e si è sviluppato lo avessero chiamato così proprio per questo: si tratta infatti di vitigni dal grappolo compatto, di forma cilindro-conica, con ali poco pronunciate e acini serrati. Se ne trovano in Veneto, nelle province di Verona, Vicenza e Treviso, in Lombardia, nelle campagne di Brescia e Bergamo, e in Trentino, in Val di Non e nella Valle dei Laghi subito dopo il bacino di Cavedine. Nonostante la denominazione sia identica, si tratta in realtà di vitigni differenti, per lo meno quello di origine trentina: a stabilirlo inequivocabilmente sono stati i tecnici dell'Istituto Agrario di San Michele all'Adige, impegnati da qualche anno in un progetto di tutela della biodiversità finalizzato alla salvaguardia del "Groppello della Val di Non". Un esame del DNA del vitigno ha evidenziato la presenza di elementi assolutamente autoctoni e non presenti negli altri campioni analizzati, provenienti dalla Valtenesi e da Conegliano Veneto, ed è per questo che qualche settimana fa il Ministero dell'Agricoltura ha iscritto il Groppello di Revò nell'albo ufficiale dei vitigni. È stato allora sulla base di tali risultati che il mondo enologico trentino ha tentato un intervento di riqualificazione di un prodotto, il vino Groppello appunto, che nel corso degli ultimi decenni aveva subito un drastico ridimensionamento, ai limiti dell'estinzione. Se infatti durante l'impero asburgico Vienna stimolava al massimo la produzione di vino nei territori vocati alla coltivazione della vite, (ivi compreso dunque il Groppello che, vinificato alla bell'e meglio, non costituiva certo uno dei prodotti di punta), successivamente all'unificazione all'Italia la Val di Non si è trovata a doversi confrontare con una concorrenza vinicola rispetto alla quale ha dovuto ben presto soccombere. Se poi si aggiungono le crittogame, la fillossera, la costruzione della diga di Santa Giustina che ha sottratto preziosi terreni ai pochi contadini che ancora insistevano a produrre vino a quelle latitudini, e soprattutto l'espansione del mercato ortofrutticolo (i meleti avrebbero soppiantato di lì a poco la quasi totalità delle coltivazioni della zona) si comprende bene il motivo per cui la produzione di Groppello sia passata dai 47mila ettolitri degli anni 1910 - 1914 ai 350 ettolitri del 2003. Il Groppello è dunque stato uno di quei vini che i pochi contadini che ancora si ostinavano a produrre destinavano quasi esclusivamente al consumo familiare: mancando alle spalle una tradizione che desse impulso ad una consapevolezza enologica tale da trasformare quel liquido asprigno in un vino con tutti i crismi, modesti sono stati i tentativi di qualificare il prodotto e tentarne una commercializzazione su piú ampia scala. Almeno prima che l'Istituto Agrario di San Michele si votasse alla salvaguardia del vitigno e iniziasse le procedure per ottenerne l'iscrizione al Registro nazionale delle varietà di vite. Da allora qualcosa si sta muovendo: si sono costituite, per esempio, l'associazione "Amici del Groppello" e l'"Associazione per la promozione e la tutela del Groppello", mentre alcuni contadini piú oculati di altri hanno provato a fare finalmente sul serio. Come Geremia Zadra di Revò, per esempio, erede di una cultura enologica vecchia di 300 anni e determinato a prendersi una rivincita su tutti quei colleghi che, sostituite le viti con i piú redditizi meli, lo hanno guardato a lungo con aria di sufficienza. Ora lui conferisce le uve provenienti dai suoi vigneti ultracentenari alla cantina Pravis di Lasino, in valle dei laghi, a pochi chilometri dal bacino del Garda: da lì escono ogni anno 4-5 mila bottiglie di "El filò", l'unico Groppello a tutt'oggi commercializzato che abbia superato i ristretti confini delle tavole dei produttori. Si tratta di un rosso intenso, scuro, marcato in ogni sua componente, dal forte impatto olfattivo, con sentori quasi selvatici di uva matura; in bocca si rivela altrettanto deciso, tannico, apparentemente rustico ma con un finale allettante e fluido. Un vino che rappresenta certo “la memoria enoica” del Trentino, ma anche e soprattutto una scommessa che si sta rivelando vincente. Certo, negli anni si sono studiate le tecniche piú adeguate a trasformare un prodotto di scarso valore in un vino degno di ogni tavola: il Groppello “familiare” era assai asprigno, soprattutto perché non veniva condotto alla giusta maturazione. Oggi invece l'uva viene lasciata quanto piú possibile sulle viti, almeno fino alla metà di ottobre. La macerazione è lunga, caratterizzata da continui rimontaggi. L'affinamento infine avviene in barrique usate, che consentono una maturazione e una ossigenazione ottimali. Inizialmente si era pensato di destinare il Groppello alla realizzazione di un buon novello, visto che possedeva tutte le caratteristiche: ma poi si è deciso di puntare piú in alto e alla macerazione carbonica viene fatta seguire poi una tipica procedura di vinificazione da rosso. Oggi il Groppello è un vitigno coltivato pure nei dintorni di Lasino: si è infatti scoperto che il microclima della val di Cavedine, posta a 600 metri circa di altitudine, è assai simile a quello dell'alta Val di Non. Per questo sono stati ricavati nuovi spazi e sono stati impiantati filari che a breve potranno portare la produzione di questo vino a 20mila bottiglie all'anno. Nel frattempo a Revò e dintorni si sta lavorando per ampliare di 30 ettari la zona di produzione e garantire al prodotto un futuro che non sia solo ed esclusivamente “di nicchia”. Tanto che da tre anni si svolge in valle la "Festa del Groppello", organizzata da un gruppo di 21 produttori che si autodefiniscono irriducibili e che stanno puntando alla costituzione di una cantina autonoma in grado di produrre e commercializzare il loro vino (l'edizione del 2004 si svolgerà dal 12 al 14 novembre). Si tratta d'altronde di prendersi una rivincita sulla storia, visto che la Cantina Sociale di Revò, non tutti lo sanno, è stata la piú antica di tutto il Trentino: fu costituita nel 1893, ma poiché non c'erano denari sufficienti per concretizzare il progetto, fu superata per realizzazione da quelle di Riva del Garda e di Borgo Valsugana. Un primato che può essere nobilitato da un bel brindisi con un vino che molti oggi iniziano ad invidiare un po'. Cantine che producono Groppello A tutt'oggi l'unica cantina che ha osato commercializzare il Groppello è l'Azienda Agricola Pravis (via Lagolo 26, Lasino - Tn - tel. 0461 564305), che ha chiamato il suo prodotto "El filò". C'è poi uno sparuto gruppo di eroici produttori tra Romallo e Revò che si arrangiano come possono ma ufficialmente non commercializzano il loro vino, anche perché la produzione è appena sufficiente per il consumo familiare: per informazioni è comunque possibile rivolgersi a Geremia Zadra, tel. 340 2976388, o a Pietro Martini, tel. 0463 421213, presidente dell'Associazione per la promozione e la tutela del Groppello. Gianluca Ricci |