Chianti Classico: Agricoltori del Geografico, Montegiachi e Vicchiomaggio
di Luigi Bellucci
Un tour nelle zone del Chianti Classico. Castellina, Radda e Gaiole,
tre gioielli di storia e di cultura e un territorio vocato da secoli per
la produzione del miglior vino toscano. Tre paesi tra Siena e Firenze
dove il Sangiovese dà il meglio di sé e dove agricoltori capaci uniscono
le loro risorse per ottenere prodotti che hanno conquistato il mondo e
continuano a sorprendere per qualità e sostanza quanti pensano che sia
difficile migliorarsi. Geografico, Montegiachi, Vicchiomaggio, tre aziende
di riferimento del Chianti Classico di eccellenza che fanno cultura e
offrono qualità attraverso storie di lavoro, di fatica, di famiglie con
tradizioni centenarie, di castelli plurisecolari.
Chianti Classico, vigneto Montegiachi
Venerdì 22 Giugno 2007
Il piano di viaggio delle due è saltato di una mezz'ora. E poi dopo la
proposta di Roberta di portarsi i costumi per il bagno in piscina ci fermiamo
al Dinghy per prendere asciugamani e costumi.
Si viaggia bene fino a Prato est e poi inevitabilmente il tappo del raccordo
con l'A1 ci fa stare mezz'ora in coda per arrivare fino a Scandicci. Allora
ripianifico il viaggio con Tom Tom eliminando l'autostrada. Mi propone
65 chilometri per Barbischio di Gaiole in Chianti. Affare fatto.
Purtroppo i primi dieci chilometri sono quasi a passo d'uomo perché siamo
alla periferia di Firenze e oggi è venerdì pomeriggio e sono appena passate
le sei per cui se ne stanno andando tutti.
È però l'occasione per godersi il paesaggio, specialmente quello interno,
quando percorriamo le campagne tra strade in parte ancora sterrate. Boschi,
prati, campi, vigne e ancora boschi e vigne e casolari, in un crescendo
di bellezze e meraviglie tra paesini incantevoli con chiesine e palazzi
del "dugento" e forse più. Ci fermiamo per una sosta fisiologica a Tavernelle
Val di Pesa. Sulla mura del paese una lapide ricorda i dodici morti assassinati
dai tedeschi nel luglio del 44 per rappresaglia, dodici vite di giovani
indifesi che potevano godersi la loro breve esistenza e che sono stati
portati via dalla codardia di un piccolo comandante tedesco.
L'accoglienza a Barbischio
Mi chiama Marco per avere notizie e lo rassicuro che arriveremo tra una
mezz'ora.
La parte finale del viaggio è la più bella. L'ultimo tratto di strada
è quella del Chianti, tutta in piano con curve dolci e tra gli alberi
che portano fino a Gaiole. Di qui una breve salita di tre chilometri fino
a Barbischio, un piccolo borgo di qualche decina di anime con vecchie
case ristrutturate e una bella trattoria di campagna proprio di fianco
alla foresteria della Cooperativa del Geografico. Marco e Simona ci accolgono
gentilissimi e ci mostrano la camera per una rinfrescata. Ci rivediamo
dopo un'altra mezz'ora. Nel frattempo sono arrivati gli altri giornalisti
e scendiamo per la cena che il sole sta tramontando dietro Radda. Il sole
si riflette sulle foglie dell'edera che riveste e abbraccia la vecchia
casa ristrutturata a fianco della foresteria del Geografico, ora adibita
a trattoria, con i tavoli di legno all'esterno e vasi di fiori rossi sui
davanzali delle finestre in facciata.
Gabriella ha appena scambiato due parole con Giancarlo, che fa il sagrestano
del paese, un'anima semplice con un cuore grande così. A cena siamo in
sei, nella sala da pranzo della foresteria a piano terra, con i muri in
mattone e pietra viva, oggetto di un restauro sapiente, con il pavimento
in cotto e il soffitto di travi di legno e gli archi in mattoni rossi
e le porte di vetro che consentono di vedere il paesaggio all'esterno
e di godere della luce del sole fino a dopo il tramonto.
La cena al Geografico
C'è anche il Direttore Generale Carlo Salvatori a tavola con noi, che
ci racconta la storia del Chianti mentre Simona inizia a portare in tavola
i piatti degli antipasti e Marco stappa una buona bottiglia di Vernaccia
di San Gimignano 2006 della Cooperativa del Geografico, che ci sta benissimo
con il crudo, il capocollo e il salame di cinta senese (saporitissimi)
e i crostini di fegatelli.
Carlo Salvatori è un signore di quelli che sembrano usciti da una stampa
dell'800, con la sua barba grigia e i baffoni: una stazza importante con
un portamento signorile e garbato, solido nei modi e nel pensiero, concreto
ma capace anche di poesia e originalità. La sua voce rispecchia la struttura
fisica da uomo di campagna e si intenerisce a parlare della mamma che
era di Castagnoli.
Racconta del Barone Ricasoli che era proprietario di una grossa fetta
dei terreni del Chianti e aveva una miriade di mezzadri. Negli anni 50
la mezzadria cominciava a tirare la corda. Nelle città si cominciava a
stare meglio. La guerra era finita da poco e stava per arrivare il boom
economico degli anni 60. Chi era rimasto in campagna non ci stava più
a lavorare per un pezzo di pane e poco più. Fu così che iniziò il trasferimento
delle proprietà, divise in "prese" o "preselle", appezzamenti piccoli
che qualcuno riusciva a comprarsi magari con i risparmi di una vita o
con il lavoro in città di qualche famigliare. Alla fine degli anni '50
i mezzadri più intraprendenti che si erano comprati il loro appezzamento
cominciavano a rendersi conto che da soli non riuscivano a competere con
le nuove leggi del mercato, anche se non erano scritte da nessuna parte,
ma che si imparavano in fretta con i conti della spesa e delle entrate.
Allora nel 1961 i primi 17 agricoltori, veri pionieri della cooperazione,
con l'appoggio di Amintore Fanfani, aretino legatissimo alla sua terra
di origine, si unirono nella Cooperativa degli agricoltori del Chianti
Geografico, si diedero uno statuto e basarono la loro collaborazione sulla
consulenza a ciascun socio su come gestire al meglio il vigneto, come
lavorare in cantina e commercializzare il prodotto, quello che essi chiamavano
il loro "metodo", ormai diventato il Metodo Chianti Geografico. Ogni fattoria
ha mantenuto così la sua tradizione e il suo nome e stanno dimostrando
la bontà della loro idea e la qualità della loro produzione.
Oggi i soci sono circa duecento e i vigneti superano i 600 ettari. Alla
cantina originale di Scopeto si sono unite altre cantine, assorbite nel
tempo: Gaiole in Chianti, Montalcino, San Gimignano e infine la Tenuta
di Scansano, le Preselle, di tradizione zootecnica.
Il nome Geografico è legato alla appartenenza dei primi soci al territorio
che fino agli anni '30 era stato il vero e unico Chianti, quello dei tre
comuni originari: Castellina, Gaiole e Radda. In seguito ci fu un primo
allargamento ad altri comuni limitrofi e poi un secondo e altri ancora.
Fu per questo che si pensò nel 1961 al Chianti Geografico che divenne
semplicemente Geografico quando si cominciò a produrre anche la Vernaccia,
che non è un vino rosso, in quanto all'estero al nome Chianti si associa
proprio il rosso.
Intanto arrivano in tavola delle magnifiche fettuccine con un profumato
sugo di funghi preparato da Simona nella pentola di coccio. Marco stappa
una buona bottiglia di Chianti Classico DOCG 2004 Contessa di Radda, di
13 gradi dal lotto L06-87, di Sangiovese e Canaiolo. Un vino di un bel
colore rosso rubino, ancora fresco di acidità e di un sapore vinoso fruttato
con sentori leggermente speziati e un retrogusto di viola di bosco.
Il Direttore continua a raccontare dell'acquisizione di altre cantine
negli anni '80, necessaria per allargare il giro di affari e riuscire
a competere in un mercato sempre più globale e internazionale. Fu in questo
periodo che si acquisì San Gimignano, che era un po' in crisi economica,
e poi Montalcino.
Buoi a Greve in Chianti
Intanto Simona porta in tavola l'arrosto in bianco con i piselli cui Marco
abbina un Merlot 2003 della Vigna di Scarlino, il Pulleraia Toscana IGT
che arriva a 14 gradi dal lotto L05-256, di buona beva. Insieme all'arrosto
una triade di carne al forno con maiale, coniglio e pollo da leccarsi
i baffi e le dita con un sontuoso Brunello di Montalcino DOCG 2002 del
Castello Tricerchi o degli Altesi della famiglia Squarcia. Un Sangiovese
grosso in purezza, di 13 gradi dal lotto L07-033. un bel prodotto, nonostante
l'annata non sia tata delle più felici.
In tutti i vini assaggiati sinora i nota la mano di un buon enologo. Il
Landi lavora molto bene e fa dei vini molto puliti, senza sfumature difettose,
netti, franchi, eleganti e di buona armonia.
Sull'insalata mista si comincia a parlare degli oli prodotti da alcuni
soci, molto legati ai loro ulivi. In tutto il territorio si contano circa
100.000 piante che danno qualche migliaio di litri di olio, tutto rigorosamente
DOP.
Stasera assaggiamo un DOP Montegiachi dal raccolto 2006, in scadenza 19
luglio 2008, di buon fruttato, con un fondo dolce, praticamente assente
il piccante e un livello medio di amaro che ne fanno un olio perfetto
per l'insalata in tavola. Il secondo olio è un DOP Terre di Siena delle
Cantine Casa alla Terra dal raccolto 2006, in scadenza 12 agosto 2008,
con un fruttato meno intenso del precedente e un livello di amaro e di
piccante sul medio basso su una base sostanzialmente dolce, forse più
adatto per un minestrone, dato il buon piccante percepito.
Mentre si comincia a parlare di altri prodotti tipici riscoperti come
il cecino rosa e lo zolfino, riapparsi in quel di Reggello grazie all'amore
di uno dei soci del Geografico, si mette in tavola un bel cesto di cantucci
e una bottiglia di Vin Santo del Chianti DOC 2003 di 16,5 gradi dal lotto
L07-122, fatto con Trebbiano toscano e Malvasia del Chianti, con un bel
colore ambrato intenso con sfumature sul rosa antico. Al naso mostra netti
sentori di mela, molto delicati e lievi note mielose. In bocca è ancora
fresco, equilibrato e non mostra la stucchevolezza di certi prodotti analoghi,
ma si rivela armonico ed equilibrato.
Dopo il caffé si assaggiano un'acquavite di Vernaccia Magliolo, fine e
delicata, che ricorda quasi un ratafià e una grappa di Chianti Classico
Contessa di Radda, ben profumata e sostanziosa con i suoi 42 gradi.
La conversazione intanto si è ampliata sui ristoranti, sui ricarichi dei
vini esagerati da parte di molti ristoratori, sulla qualità della materia
prima di molte cucine, anche famose, per arrivare a parlare delle altre
cucine europee.
La serata scorre veloce e piacevole, fino a toccare riflessi psicologici
legati alla personalità di qualche eccentrico personaggio che frequenta
queste colline, di tanto in tanto, per "fare la maglia" mentre guarda
il sole tramontare nella valle davanti alle finestre della sua villa storica.
È passata mezzanotte quando usciamo nel fresco della sera per salire al
piano superiore dall'esterno al chiarore della falce di luna che sale
nel cielo.
Sabato 23 Giugno 2007
Dalle finestre della camera filtra una spada di sole dietro agli scuri
che proteggono la luce dall'interno. Dovrebbe essere una bella giornata
e la visita alle fattorie sarà un piacere.
Apro la finestre che dà a ovest e la vista della campagna a perdita d'occhio
illuminata dal sole mi conferma l'ottimismo sul tempo di oggi. Un vento
sostenuto e fresco rende ancora più piacevole questa prima boccata d'aria.
La colazione in autonomia nell'appartamento di Barbischio ci fa sentire
ancora come a casa.
La cucina è attrezzata e non manca nulla. Latte, caffé, fette biscottate,
marmellata e cereali.
Usciamo per l'incontro delle dieci. È arrivato anche Marco Toti, il Direttore
Commerciale, che ci accompagnerà al castello di Montegiachi per una visita
all'azienda. Ancora una passeggiata con Giancarlo che vuole farci vedere
il lago verso Ovest che spunta lontano tra le vecchie case del borgo sulla
vallata opposta e poi mentre ci allontaniamo ci saluta con aria felice
perché stasera ci sarà un matrimonio in chiesa e per lui sarà gran festa.
Intanto spinge la sua carriola con i rifiuti da buttare trascinando le
sue gambe gonfie che spuntano dai pantaloni corti.
Montegiachi dei Cinughi De' Pazzi
La strada verso Castelnuovo Berardenga scorre silenziosa per una ventina
di chilometri e prima delle undici siamo al castello di Montegiachi, dove
nel medioevo si fabbricavano i "giachi" per le armature, le magline di
fil di ferro che i guerrieri indossavano in battaglia. La stradina che
sale al castello è chiusa da una sbarra che si alza al nostro arrivo e
poi si sale per il sentiero sterrato che forma una spirale che muore sul
piazzale del castello, dove ci aspettano i proprietari.
Il Dottor Romeo, ex dirigente del Monte dei Paschi ora in pensione, ci
carica sul suo fuoristrada, siamo in sette, e si dirige verso i vigneti
sotto il castello, in tutto 11 ettari, fino ai confini del territorio
del Chianti Classico, rinnovati circa sei anni fa. Intanto che la jeep
scende nei campi e si infila snella tra i filari della vigna ci racconta
del vigneto, dei pali di legno messi a sorreggere la vigna al posto di
quelli di cemento o di acciaio, delle barbatelle di sangiovese R24 che
hanno fatte venire da Pistoia. Gli impianti sono 280 per 90 con 3.500
ceppi per ettaro. Tra i filari lasciano un inerbimento centrale e puliscono
il mezzo metro vicino alle piante, cui fanno la pulitura al gambo, poi
legatura e cimatura in modo che sviluppi più forza per i due, tre grappoli
che lasciano per ogni ceppo. Nelle aree in cui non c'è vigneto hanno portato
avanti una politica di rimboschimento agro ambientale. Riescono a condurre
la proprietà con un operatore fisso e tre avventizi, oltre alla manodopera
massiva nei momenti della vendemmia. Anche i 17 ettari di uliveto richiedono
molta cura per le 5000 piante da cui ricavano circa 60 quintali di ottimo
olio DOP. L'uliveto è stato completamente rifatto dopo la gelata del 1985
che aveva praticamente distrutto tutte le piante.
Mentre torniamo alla villa ci racconta alcuni simpatici aneddoti della
famiglia Cinughi De' Pazzi e di come la suocera, Signora Letizia, che
faceva l'infermiera, ricevette la proposta di matrimonio dal futuro marito.
Costui aveva appena perso la madre e davanti alla salma, addolorato per
il lutto e sentendo il vuoto nel cuore lasciato dalla perdita della madre,
riuscì a trovare il coraggio di chiederle: "Letizia, vuoi prendere il
posto della povera mamma?". E fu così che la Signora Letizia divenne la
Signora Cinughi De' Pazzi.
La Signora Letizia è oggi una magnifica nonna toscana, minuta e attenta
agli ospiti, che ci mostra con cura il panorama che si vede dal terrazzo
attorno alla villa, verso Siena e il Monte Amiata.
La villa ha una struttura di base del 1500 con stalle e scuderie al piano
terreno, gli alloggi per la servitù al piano superiore e sopra ancora
il piano nobile. All'origine la villa era dotata di merlatura che poi
è stata sostituita dalla copertura in coppi. Il peso del tetto ha messo
in crisi la stabilità delle mura perimetrali che sono state rinforzate
con ancoraggi di sostegno. Nella parte esterna alla villa, sul lato nord,
le scuderie sono state ricostruite a fine '700 in stile neoclassico ma
con una struttura in mattoni rossi e in questo senso sono una vera rarità
e godono della protezione delle Belle Arti della Toscana. Ai lati dell'ingresso
della villa vi sono due cippi in pietra, realizzati da un Attilio Cinughi,
scultore e cugino dei proprietari, dedicati uno "Aux Heros" e l'altro
"Au Courage", che riprendono quelli che si vedono, nella stessa posizione,
nella stampa del '500 appesa alla parete della cucina che riproduce la
villa come era all'origine con le sue merlature e la proprietà circostante.
Al centro dell'ingresso si vede un grosso anello che pende dal soffitto.
Il Signor Romeo, mentre ci fa vedere come i cavalieri medioevali indossavano
le maglie di ferro e l'elmo senese, ci racconta che serviva inizialmente
per aiutare i cavalieri che portavano l'armatura a scendere da cavallo,
proprio mediante una imbracatura tenuta tramite una corda che passava
nell'anello. In seguito quando i locali vennero adibiti a stalla, fu usato
per aiutare le vacche gravide a sgravarsi più agevolmente. Saliamo poi
per lo scalone di marmo che porta al piano nobile ad ammirare il panorama
dalla sala dei ricevimenti. Lassù si ammira il panorama dal Monte Amiata
sulla sinistra fino a Siena e poi alle torri di San Gimignano sulla destra.
Nella parte alta del salone riappare in più punti lo stemma dei Cinughi
De' Pazzi. Il nome Cinughi deriva dall'unione di Cino e di Ugo, che sembra
si ripetessero più volte tra i discendenti dei Pazzi che erano stati scacciati
da Firenze e avevano trovato rifugio a Siena.
Ai lati della sala, a tre metri d'altezza circa, vi sono ancora le strutture
che servivano per l'illuminazione: i reggi torcia che girano tutto attorno
per il perimetro della sala, con le protezioni riflettenti sul muro per
raddoppiare l'effetto luminoso all'interno. In un angolo del salone un
vecchio armadio custodisce alcuni indumenti del 600, sia femminili sia
maschili, di finissima seta "selvaggia" e curatissimi nei particolari
sul lato anteriore ma chiusi con una semplice tela di cotone su quello
posteriore, che non si vedeva quando lo si indossava. Evidentemente anche
i nostri antenati ci tenevano a curare la loro immagine senza sperperare
il denaro in spese inutili. Torniamo a piano terra per la degustazione
dei vini dell'azienda e notiamo in fondo alla scala di marmo un antico
distillatore di grappa in rame, con un lungo becco per la discesa delle
gocce di distillato.
La degustazione del Geografico a Montegiachi
La degustazione si farà in cucina dove un bel camino di pietra nera fa
bella mostra di sé e reca ancora i segni neri del legno che arde per la
cottura dei cibi. Al centro del focolare una pentola di rame appesa al
gancio che pende dalla parete di fondo sta a ricordarci come sia nata
la ribollita, la minestra che stava sempre sul fuoco per evitare che il
recipiente, che era di rame, si raffreddasse a formare quell'ossido che
è velenoso.
Ci sediamo attorno al tavolo vicino all'ingresso della cucina ad assaggiare
i vini che usciranno in commercio il prossimo autunno. Mentre si riempiono
i bicchieri, Carlo Salvatori ci racconta che il Geografico gestisce un
certo numero di vigneti sperimentali e tiene sotto controllo altri vigneti.
La produzione viene valutata a settembre, al momento della vendemmia,
a prezzi di mercato. A gennaio si fa il pagamento di una prima tranche
e a giugno quello della seconda tranche con una rivalutazione della produzione
prima della vendemmia successiva e saldo del dovuto.
Tra i vigneti in sperimentazione una coltura di Chianti biologico su 22
ettari che a settembre vedrà il primo raccolto. La coltivazione biologica
ammette l'uso di zolfo e ramato.
Un'altra bella iniziativa del Geografico è la borsa di studio in memoria
di Pietro Cinughi de' Pazzi che consente a studenti neo diplomati dell'Istituto
Tecnico Agrario di Siena di fare un'esperienza lavorativa presso un'azienda
vinicola estera. La funzione della Cooperativa è di uniformare dal punto
di vista della qualità le produzioni di tutti i soci. Ciascuno mantiene
le proprie individualità. La Cooperativa verifica che ciascuno ottenga
il massimo dal Metodo Chianti classico che fin dall'inizio è stato adottato
per salvaguardare proprio la qualità del vino. In sostanza il Metodo prevede
che un geologo e un agronomo valutino le caratteristiche di ogni terreno
e scelgano le viti più adatte. Successivamente si individuano le tecniche
di coltura e di gestione del vigneto in funzione delle sue caratteristiche
ambientali. Poi si ottimizzano le pratiche di cantina e infine si fa lo
studio del prodotto finale e lo si prepara per la vendita. In questo modo
si ricava il massimo dalle cinque DOCG (Chianti Classico, Chianti Colli
Senesi, Brunello di Montalcino, Vino Nobile di Montepulciano, Vernaccia
di San Gimignano) e dalle cinque DOC che rappresentano il Chianti Classico.
Il Geografico oltre agli ettari destinati alle DOCG cura 85 ettari che
producono vini Toscana IGT e si sta estendendo verso Grosseto con 12 ettari
di Morellino di Scansano che dovrebbero raddoppiare a breve.
Le uve rosse coltivate, oltre al Sangiovese che la fa da padrone, sono
il Canaiolo nero, il Mammolo, la Malvasia nera e il Colorino come vitigni
autoctoni e poi Cabernet Sauvignon e Merlot come vitigni internazionali.
Le uve bianche sono Malvasia del Chianti, Trebbiano Toscano, Chardonnay
e Vernaccia di San Gimignano.
La produzione del 2006 è stata di circa 25.000 quintali di uva e di 18.000
ettolitri di vino, di cui quasi il 50% di Chianti dei Colli Senesi.
I vini in degustazione:
1) Pietravalle - Vernaccia di San Gimignano DOCG 2006 - 13°.
È un vigneto di dieci anni, su tre ettari a San Gimignano (SI), da cui
sono state ricavate 6000 bottiglie. Oltre alla Vernaccia contiene il 5%
di Chardonnay. Il vino fermenta in acciaio e si affina per tre mesi in
barriques di rovere francese e poi almeno sei mesi in bottiglia.
Il colore è giallo paglierino con riflessi dorati e brillante con archi
di media ampiezza. Al naso è franco e fina, con un fruttato complesso
di buona intensità, con note minerali e lievi sentori di agrume. In bocca
mostra una buona freschezza data dall'acidità, è equilibrato e armonico,
ancora da affinare come corpo ma in evidente crescita. Lascia un retrogusto
di mandorla.
2) Contessa di Radda - Chianti Classico DOCG 2005 - 13°.
È un vigneto di dodici anni, su 65 ettari nei comuni di Radda in Chianti
(SI) e Castellina in Chianti (SI), da cui sono state ricavate 130.000
bottiglie. Oltre al Sangiovese contiene il 10% di Canaiolo. Il vino fermenta
in acciaio con una macerazione di 15 giorni e si affina per dodici mesi
in botti da 50 ettolitri e in barriques di rovere francese e poi almeno
tre mesi in bottiglia.
Il colore è rosso rubino luminoso e caldo con riflessi granata sull'unghia.
Al naso mostra sentori intensi di vaniglia su una base fruttata, è franco
e pulito. In bocca si presenta come un vino giovane, piacevole, di pronta
beva, caldo e armonico ha un corpo in crescita e lascia un retrogusto
di ciliegia.
3) Montegiachi - Chianti Classico Riserva DOCG 2004 - 13,5°.
È un vigneto giovane, su 12 ettari nel comune di Castelnuovo della Berardenga
(SI), da cui sono state ricavate 40.000 bottiglie. Oltre al Sangiovese
contiene il 5% di Colorino. Il vino fermenta in acciaio con una macerazione
di 20 giorni e si affina per dodici mesi in barriques di rovere francese
e poi almeno dodici mesi in bottiglia.
Il colore è rosso rubino tendente al granato abbastanza intenso. Al naso
presenta un buon fruttato con leggere note speziate e sentori di vaniglia;
è pulito, elegante e fine. In bocca si mostra vivace per acidità, equilibrato,
armonico, ancora in fase di netta crescita. I tannini sono ben presenti
a marcare la buona struttura con un retrogusto piacevole di ciliegia e
prugna rossa.
4) Ferraiolo - Toscana IGT 2004 - 14°.
È un vigneto di 23 anni in media, su cinque ettari nel comune di Castelnuovo
della Berardenga (SI), da cui sono state ricavate 10.000 bottiglie. Oltre
al Sangiovese contiene il 30% di Cabernet Sauvignon. Il vino fermenta
in acciaio con una macerazione di 20 giorni e si affina per dodici mesi
in barriques di rovere francese e poi almeno dodici mesi in bottiglia.
Il colore è rosso rubino intenso con lievi note granata. Al naso emergono
note vegetali e lievi spezie su un sottofondo fruttato abbastanza intenso
con evidenti caratteristiche di pulizia e franchezza. In bocca è un vino
a bassa acidità con tannini ancora troppo marcati e corpo in evoluzione.
Il vino è ancora molto giovane e mostra un certo squilibrio tuttavia è
estremamente gradevole e con ampie possibilità di raggiungere un elevato
livello di armonia.
5) Pulleraia - Toscana IGT 2004 - 14°.
È un vigneto di 25 anni in media, su due ettari nel comune di Scarlino
(GR), da cui sono state ricavate 10.000 bottiglie. È fatto con uve Merlot
al 100%. Il vino fermenta in acciaio con una macerazione di 20 giorni
e si affina per dodici mesi in barriques di rovere francese e poi almeno
dodici mesi in bottiglia.
Il colore è rosso granata intenso e brillante, caldo. Al naso presenta
un fruttato fine, con lievissime spezie e sentori vegetali. In bocca è
vivace per acidità, evidente nei tannini e corpo di buona struttura. Ancora
in fase di affinamento con una evoluzione più che positiva. Piacevole
il retrogusto di prugna e ciliegia.
Al termine della degustazione si va a pranzo in un bel ristorante enoteca
alla periferia di Siena.

Il pranzo al "Casa mia" di Ettore Silvestri
Il posto si chiama "Casa Mia". La costruzione è a un piano, una bella
cascina toscana a due passi dal centro di Siena, con una profusione di
belle etichette dalla porta di ingresso via via fino al tavolo da pranzo.
Di qui si capisce come la passione di Ettore per i vini sia tanto più
grande di quella per la cucina, in cui è gran maestro, con la moglie e
tutti i collaboratori. Siamo una ventina attorno a un grande tavolo ovale,
in vera convivialità.
Cominciamo con un antipasto di frittelle di fiori di zucca e cuculli con
tre fette di prosciutto toscano locale, tagliato così sottile che si scioglie
in bocca con il caldo del fritto appena tolto dalla padella. Lo bagniamo
con una Vernaccia di San Gimignano Petravalle DOCG 2005 di 12,5 gradi
alcolici dal Lotto L06-156, di grande sapidità e persistenza, un abbinamento
indovinato. Intanto si parla della festa per i carcerati che sono stati
coinvolti nel lavoro di pulizia dei pistilli dei fiori dello zafferano.
Proseguiamo con i ravioloni di ricotta e bietola con pomodorini e basilico,
un piatto delicato e saporito, fine, in abbinamento con un Chianti Colli
Senesi Torri DOCG 2004 di 13° dal lotto L06-277, un uvaggio di Sangiovese
e Canaiolo nero di buona struttura e di pronta beva. Il piatto a seguire
parla di Riccioli primavera con verdure e ragù di cortile, un tricolore
eccellente, che mi ricordava il sapore dei ragù che preparava la zia Paolina
a Verucchio negli anni '60 quando da ragazzino andavo a trovarla a casa
sua e aveva sempre i piccioni pronti da cucinare in casseruola e faceva
quei sughi dai sapori ineguagliabili. I riccioli della signora Silvestri
si sono sposati a un Morellino di Scansano DOC 2006 Le Preselle di 12,5°
dal lotto L07-081, un vino leggero ma di buona gradevolezza. Il Morellino,
per inciso, era chiamato in Maremma il cavallo migliore, il più veloce
ed elegante e fine, dal pelo nero; per assonanza il nome è traslato al
vino, con lo stesso significato. Dunque un vino armonico che va giù bene
e dà soddisfazione. Lo stesso vino lo abbiamo tenuto con soddisfazione
anche per i bocconcini di manzo al morellino con fagiolini aquilani, che
apriva il giro dei piatti forti.
A seguire uno stinco di vitello al forno e sformato di verdure, un altro
piatto ben fatto con materie prime eccellenti, gustato nella sua pienezza
con una bella bottiglia di Montegiachi Chianti Classico DOCG 2003 Riserva
di 14° dal lotto L07-018. Un uvaggio da Sangiovese e Colorina, maturo
e piacevole, armonico ed equilibrato.
Infine non poteva mancare un grande dessert a base di zuccottino al frutto
di passione, torta di mele, semifreddo al caffé e cantuccino accompagnato
ad un grande Vin Santo del Chianti 2003 DOC di 16,5° dal lotto L07-122,
da Trebbiano e Malvasia del Chianti. Col vin santo si chiacchiera amabilmente
del modo di farlo e di come l'uva migliore sia un'uva che abbia un grappolo
rado e una buccia dura, in modo che supporti senza problemi di complicazioni
i mesi di appassimento, come ad esempio il San Colombano.
Vicchiomaggio e John Matta
A fine pranzo si risale in macchina e si parte verso nord. La nostra meta
è Greve in Chianti, nel cui comune sta il castello di Vicchiomaggio. Marco,
che guida il corteo, fa molta attenzione ai cartelli stradali sui limiti
di velocità perché in molti punti del percorso sono stati nascosti rilevatori
autovelox, inflessibili nel rilevare gli eccessi. Ci fermiamo, lungo il
viaggio verso nord, pochi chilometri prima di Panzano, ad ammirare le
vigne della Conca d'Oro, una serie di colline coperte di vigneti che si
alternano a piccoli boschi di pioppeti, cipressaie dritte e allungate
verso il cielo, campanili e torri e casolari sparsi qua e là e in lontananza
altri monti e paesi e boschi e vigneti. Cinque minuti dopo la sosta per
ammirare quei paesaggi che gli inglesi vengono a rubarci con gli occhi,
arriviamo al bivio per Vicchiomaggio e sostiamo nell'enoteca che sta all'inizio
della strada in compagnia di Simone Minteci un grevese la cui origine
siciliana traspare dai capelli corvini e folti che gli incorniciano il
volto. Ha iniziato a lavorare per l'azienda come ragioniere e pian piano
si è conquistato la fiducia di John Matta, il proprietario, che lo ha
coinvolto nella gestione della cantina e nel marketing del vino. dopo
qualche minuto arriva anche John che ci accompagna in una prima visita
ai vigneti, un chilometro più avanti. L'azienda copre circa 170 ettari
di cui 32 a vigneto, 6 a oliveto e il resto boschi e casolari entro il
limite della strada per la quale siamo arrivati.
Mentre ci mostra una parte dei nuovi vigneti reimpiantati tra il 1998
e il 2002 ci racconta la storia della sua famiglia. Suo padre, Federico
Secondo Matta (FSM, cui ha dedicato uno dei suoi vini più riusciti) era
originario di Asti (San Secondo è il patrono di Asti) ma era andato a
far fortuna in Inghilterra, a Londra, dove faceva l'importatore di vini
francesi. Qui è nato John e qui è cresciuto fino ai primi anni 60, quando
l'attività si era espansa verso vini e prodotti italiani sempre più ricercati,
soprattutto da parte dei tanti italiani che arrivavano in Gran Bretagna
per aprire ristoranti e trattorie, con buon successo. In quegli anni il
padre vendette la sua attività a una multinazionale farmaceutica che voleva
diversificare e pensò di tornare in Italia, ma non in Piemonte. Un amico
gli aveva parlato del castello di Vicchiomaggio. Lui conosceva la Toscana
come terra di grandi vini. Allora il castello era un magazzino di un cementificio
della zona e i vigneti rimasti erano stati abbandonati da almeno una decina
d'anni o forse più. Decise di acquistarlo e John iniziò a frequentare
la scuola enologica di Alba con il professor Chiappone diplomandosi verso
il 1968. Le lezioni di degustazione le ricorda ancora bene: si facevano
al sabato mattina e si assaggiavano grandi Barolo e Barbaresco di Borgogno
e di Fontanafredda. Quei sapori e quei sentori li ha ancora freschi nella
mente e sono i suoi punti di riferimento per i vini che produce in azienda.
Nel 2001 ha allargato l'attività acquistando una decina di ettari vitati
nella Maremma, nella zona dell'Uccellina, di cui inizierà presto la produzione.
In azienda lo seguono la moglie Paola, che è di Greve in Chianti. Suo
suocero faceva il restauratore di mobili. Hanno avuto tre figlie femmine,
che sono tutte impegnate in attività in qualche modo affini alle attività
aziendali, di lavoro come Federica e Delfina, o di studio, come Victoria
che è la più studiosa e frequenta la Bocconi a Milano ma dà anche una
mano nel castello come oggi, e un figlio maschio, Sebastien, di quindici
anni, che fa il cameriere nel ristorante del complesso quando le scuole,
come ora, sono finite (frequenta il liceo artistico).
La degustazione di Vicchiomaggio
Arriviamo al castello mentre si sta tenendo un rinfresco con prossima
cena per un matrimonio con almeno un centinaio di ospiti. Il castello
ha a fianco un cantiere nella vicina canonica, che faceva parte della
diocesi di Fiesole, dove si ricaveranno presto altre nove stanze che si
affiancheranno alle nove già pronte all'interno delle mura. Visitiamo
la piscina aperta, con vista incredibile sulla vallata. Il castello nella
sua struttura originaria era già in piedi in epoca etrusca. Una seconda
parte è stata costruita nel nono secolo, quando il paese si chiamava Vicchio
(villaggio) dei Longobardi, poi diventato Maggio forse da maior, per la
sua struttura imponente rispetto ai castelli vicini. Nel rinascimento
poi si completa l'opera di ingrandimento per farne quel complesso stupendo
che è oggi, con stradine e sentieri interni a forma di chiocciola allungata.
Completiamo la visita nelle cantine dove sono stati predisposti alcuni
assaggi e degustazioni prima di cena.
Le cantine, in più locali, contengono vasche di fermentazione in acciaio
da 50 e 100 ettolitri e nell'interno anche di 200 hl. La macerazione varia,
a seconda del tipo di vino che John vuole ottenere, da 5 - 6 giorni fino
anche a tre settimane. Le botti di affinamento sono in un altro locale
raggiunto da un sentiero esterno che costeggia le mura del castello. Circa
300 barriques e qualche decina di botti grosse, da 25 e 50 ettolitri affinano
le 350.000 bottiglie che escono annualmente dal castello. Il mercato italiano
assorbe un quarto circa della sua produzione. Il resto va all'estero,
con una buona fetta nei paesi di lingua inglese.
I vini in degustazione:
1) Ripa delle Mandorle Toscana IGT 2005 di 13°, dal lotto L02/07.
Un vino fresco e persistente, ottenuto da Sangiovese per il 75% e Cabernet
per il 25% e prodotto in circa 60.000 esemplari.
2) San Jacopo da Vicchiomaggio - Chianti Classico DOCG 2005, di
13° dal lotto L 12/07. Un colore rubino luminoso e vivo, con sentori fruttati
maturi e un buon equilibrio, persistente e di buon corpo in bocca, con
struttura e armonia. Al retrogusto emergono la ciliegia e la prugna.
3) Agostino Petri da Vicchiomaggio - Chianti Classico DOCG Riserva
2004, di 13,5° dal lotto L06/06. Un colore rosso rubino pieno. Il
naso è fruttato, con note di vaniglia e frutti rossi maturi, pulito e
franco. In bocca si presenta di buona freschezza, morbido ed equilibrato,
con tannini non aggressivi e persistente. Al retrogusto permangono il
mirtillo nero e la ciliegia. La produzione è di circa 60.000 bottiglie.
4) Gustavo Petri da Vicchiomaggio - Chianti Classico DOCG Riserva 2001,
di 13,5° dal lotto L02/06. Un colore rosso granato con lievi note mattonate
sull'unghia. Il naso è pulito, complesso, con sentori fruttati e speziati;
si avverte una lieve noce moscata. In bocca è fresco, equilibrato, di
buon corpo, armonico e persistente. Al retrogusto si avverte una piacevole
nota di prugna. Un vino ottenuto da Sangiovese per il 75%, Canaiolo per
il 20% e Cabernet per il 5% e prodotto in circa 2.000 bottiglie.
5) La Prima - Chianti Classico DOCG Riserva 2004, di 13,5° dal
lotto L09/07. Il colore è rosso rubino con note granata. Il naso è fruttato
e speziato, di buona intensità e persistenza. In bocca è fresco, di buona
acidità, pieno, armonico con tannini gradevoli e retrogusto di ciliegia
e mirtillo nero. Un vino ottenuto da Sangiovese in purezza, da vigna vecchia,
con due anni di barrique e prodotto in circa 7.000 bottiglie.
6) Ripa delle More - Toscana IGT 2004, di 13,5°, dal lotto L03/07.
Il colore è rosso rubino con riflessi granata. Il naso è speziato, di
buona intensità, con sentori di frutti rossi. In bocca è fresco per l'acidità
e mostra dei tannini ancora non affinati. Buona la persistenza e il retrogusto
di frutti rossi. Un vino ottenuto da Sangiovese per il 60%, Cabernet per
il 30% e Merlot per il 10%.
7) In anteprima abbiamo degustato, con i formaggi stagionati, un
Castello di Vicchiomaggio FSM - Toscana IGT 2004, che andrà in commercio
nell'aprile 2008. Un colore rosso rubino intenso e accattivante. Il naso
è evoluto e complesso, con sentori di prugna secca. In bocca è fresco,
con tannini evidenti, ma abbastanza armonico ed equilibrato, persistente
e gradevole nel retrogusto di frutti rossi. Un vino ottenuto da Merlot
in purezza, con una forte selezione in vigna (20 quintali per ettaro)
e prodotto in circa 3.000 bottiglie.
La cena nella sala dei rombi
Alla fine della visita, dopo la sistemazione nelle camere, un aperitivo
in giardino con le luci del tramonto e il primo quarto di luna che sovrasta
le cime degli alberi mentre stuoli di rondini veloci salutano il giorno
che sta finendo. Per la cena ci spostiamo nella sala dei rombi, una stanza
interna del castello riservata al nostro gruppo. Sono al tavolo con noi
John e il suo ragioniere e braccio destro per la parte commerciale, Simone
Minneci, nativo di Greve ma di origini siciliane, come traspare dai suoi
lineamenti secchi e dai capelli di un nero corvino. Simone si occupa di
abbinare ai piatti i vini, alcuni di quelli che abbiamo già in parte degustato
durante la visita alle cantine, e altri tra cui qualche anteprima.
Ci tiene compagnia anche Sebastien, che è stato incaricato dal padre John
del lavoro di cameriere in sala per la nostra cena. È un ragazzo educato
e simpatico, con la sua pettinatura a baschetto stile Beatles anni '60,
che ricorda un po' Paul Mc Cartney nell'occhio vispo e un po' Ringo Starr
nel ciuffo sulla fronte.
A tavola John ci racconta della famiglia Petri, cui lui ha dedicato un
paio dei suoi migliori vini, l'Agostino e il Gustavo. I Petri erano dei
livornesi che erano stati proprietari del castello dal 1850 al 1910 e
avevano lasciato un buon ricordo nella zona del Chianti.
Iniziamo con flan di formaggio con un velo di aceto balsamico, di buon
sapore e sostanza. A seguire un risotto al vino rosso e poi un assaggio
di straccetti all'anatra. Il discorso, non si sa come, finisce sul vino
australiano che sta invadendo gli Stati Uniti. Qualcuno sostiene che quel
mercato è molto particolare perché è in grado di assorbire 60 milioni
di bottiglie di quel vino, notoriamente affinato con i trucioli e che
ha quasi 10 grammi / litro di zucchero. È una specie di vino barricato
dolciastro. Negli altri paesi non ha il successo che ha sul mercato statunitense.
Proseguiamo con bistecca disossata di manzo e soufflè di carote, spinaci
e patate al forno.
Un bel misto di formaggi, dal fresco alle noci, al medio fino a quello
stagionato fanno da anticamera al dessert, una torta di cioccolato con
crema pasticcera per chiudere questa giornata piuttosto intensa.
È passata mezzanotte quando torniamo a dormire nella splendida suite che
John e la sua famiglia ci hanno riservato per la nostra sosta nel castello.
Nel cortile del castello ancora un gruppo di ospiti del matrimonio che
si è appena concluso si sofferma a chiacchierare piacevolmente della giornata
appena conclusa
Domenica 24 giugno 2007
Il risveglio la mattina di San Giovanni nel cuore della Toscana ci fa
provare delle sensazioni antiche, con quel letto alto e quei mobili di
legno scuro, nella penombra della stanza in cui filtrano i raggi del sole
e galli in lontananza, con la loro voce squillante, danno il saluto al
sole che si sta alzando. A piano terra, vicino alla sala dei rombi, è
stato preparato il tavolo per la colazione, servita magnificamente da
una signora toscana gentile e attenta che non manchi nulla in tavola,
a cominciare dal grande piatto di affettati tagliati freschi dalle cucine
e dalla frutta fresca. Anche John ci viene a salutare e ci allontaniamo
per una visita al paese con l'idea di fare un giro in piazza di domenica
e fare un po' di acquisti nella macelleria Falorni, sotto i portici.
La festa a Greve in Chianti
Nella piazza di Greve in Chianti oggi c'è una gran festa di paese.
È tutto un mulinare di voci e persone tra i banchi degli espositori, gli
stands gastronomici, i venditori di miele e di tante cose buone. Andando
verso la chiesa che sta in fondo alla piazza osservo una scena che da
piccolo mi era familiare ma che avevo ormai dimenticato. Un vecchio contadino
conduce al guinzaglio una coppia di manze bianche di pura razza toscana,
con le corna mozzate, con le orecchie addobbate da nastri e nappe rosse.
Una volta, fino alla fine degli anni '50, anche in Romagna, e in tutta
la pianura padana, era un'immagine consueta che nelle feste di paese vi
fosse il raduno dei buoi, di cavalli, asini, muli, maiali e anche di qualche
animale da cortile per la compravendita tra agricoltori e contadini.
Oggi ho ritrovato con piacere questa usanza. Ormai nessuno compra più
o vende, in questa maniera, ma l'immagine di quei due buoi mi ha fatto
ringiovanire piacevolmente, almeno nella memoria.
In attesa della festa una visita all'interno della macelleria Falorni
e alle sue primizie è d'obbligo.
Esposizione sontuosa di prosciutti toscani, di reste d'aglio e di peperoncini,
e poi banchi pieni di carni di ogni tipo e formaggi e vini. Al piano di
sotto una segreta del tredicesimo secolo, usata nella grande guerra come
ghiacciaia d'ammasso, serve oggi da dispensa dei formaggi. È un luogo
ideale per conservare antiche forme tra muri in pietra e volte a botte,
mattoni in cotto e ripiani in legno e un po' di paglia fresca.
La festa in piazza è quella di "Cuochi e Beccai". Vi sono sei padiglioni
attrezzati con fornelli e volontari che cuociono e servono specialità
toscane.
Con dieci euro si compra un biglietto che dà diritto a un bicchiere (a
calice) di chianti rosso e a un assaggio di un piatto di carne in ciascuno
dei sei padiglioni, gestiti dai principali ristoranti del posto: Bottega
del Moro, Il Portico, Mangiando Mangiando, Da Terrazzano, Nerbone e per
finire "La griglia in piazza" dove preparano le fiorentine profumate e
fumanti, e ce n'è per tutti. Oltre alla carne preparata in sei modi diversi
si ha diritto anche a qualche fetta di pane toscano, di quello profumato
e fragrante, appena cotto nel forno a legna, e ad assaggini di contorno,
come pomodori o patate o cipolle. Il consumo degli assaggi si fa sotto
un grande tendone in piazza, che copra una dozzina di grandi tavoloni
di legno, dove ci si siede e si sta in compagnia con altri in gran parte
sconosciuti, ma tutti simpaticissimi.
Dei dieci euro, ci dice uno dei volontari che assistono alla distribuzione,
cinque vengono dati in beneficenza e il resto serve a recuperare in piccola
parte la spesa, a carico degli sponsor della festa, che sono il Comune
di Greve in Chianti, con l'assessorato al turismo, la Confesercenti di
Firenze e la Fiesa, la Federazione Italiana Esercenti Settore Alimentare.
Il ritorno verso Genova ci consente di vedere un altro bel pezzo di Toscana,
quella attraversata dalla "fipilissima", la strada a due corsie che unisce
tra loro Firenze, Pisa e Livorno.
Luigi Bellucci
Foto di Gabriella Repetto
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