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Calabria terra di vocazioni
Fotoservizio di Riccardo Marcialis



La Calabria è una della regioni italiane piú antiche. Milioni di anni fa faceva parte di Tirenide, continente che nell'Era Terziaria sprofondò nel mare. Nel tempo, attraverso un lento processo di sollevamento delle coste, questa splendida terra è riemersa.
Il privilegio di risorgere e la consapevolezza di ciò, pare abbiano conferito a questa regione l'orgoglio di possedere privilegi speciali.

Terra ospitale per tutti i gusti (mare, montagna, collina, laghi) la Calabria coltiva ben altre vocazioni: arte, cultura, artigianato, folklore, geologia, agronomia e cucina.
Ed è proprio per questi suoi aspetti peculiari che ci ha sorpresi e incantati.
Pur sentendosi profondamente terra antica, ha dimostrato una mentalità dinamica molto piú di quanto l'opinione generale sia portata a pensare.

L'obiettivo di questo doveroso “travelfood” in Calabria non è stato quello di riparlare solo di prodotti, luoghi e tradizioni, ma di verificare nel contesto storico attuale, in cui le tradizioni (quelle buone) vengono spesso abbandonate per lasciare il posto a metodi e processi piú remunerativi, come la Calabria abbia deciso di giocare le proprie carte, ovvero cosa ha scelto di tenere e cosa invece di abbandonare.

La scoperta è stata sorprendente. Non solo abbiamo ritrovato le antiche tradizioni, ma in alcuni casi queste sono state ottimizzate con metodi imprenditoriali.


Tesori esclusivi di una terra
Quello che ci è apparso evidente è la grande attività ordinata, efficiente e produttiva che si sviluppa grazie al lodevole impegno individuale degli operatori; dal contadino che, ogni mattina, porta al mercato i frutti del suo piccolo campo, all'imprenditore che ha investito non solo il patrimonio familiare ma anche la sua stessa vita, entrambi per amore e rispetto della loro terra. Condizione, questa, che nel tempo ha permesso alla Calabria di dare la paternità a prodotti importanti ed esclusivi: il Bocconotto di Mormanno, l'arancia Biondo di Trebisacce, le Clementine di Corigliano, il Tartufo di Pizzo, il Pomodoro di Belmonte.
Prodotti irripetibili, che qui sembra abbiano assorbito il massimo dei profumi, dei sapori, dei colori.


Mangiando frutti della montagna
Sono poche le terre, escluse le isole, che hanno il privilegio di essere bagnate da due mari lungo tutta la loro estensione. Questo privilegio ha dato alla Calabria due caratteri geologici completamente diversi tra loro. Infatti, guardando le foto della costa ionica e di quella tirrenica, sembrerebbe non trattarsi della stessa terra. E quello che ci sta in mezzo - valli, gole, foreste e montagne - sembra appartenere ad un altro paese ancora.

Ci è capitato di consumare, in mezzo ad una foresta alle falde del Pollino (monte "sacro" ai calabresi) pane, pomodoro, olio e peperoncino e percepire il profumo del salmastro dei due mari che si scorgono a occhio nudo. Qui la terra sembra benedetta; ogni metro quadrato dà frutti meravigliosi e in alcuni casi esclusivi.


L'altro pesce stuzzicante variabile
E' tipica della cultura ittica calabrese l'abilità nella lavorazione e conservazione del pesce.
Nonostante l'abbondanza, sin dall'antichità i pescatori hanno escogitato ricette e metodi di conservazione per consumarlo durante i periodi di carestia, dovuti soprattutto alle incursioni belliche.

Le specie di pesce e le tecniche di conservazione sono rimasti i medesimi nel tempo e l'unica variazione, in alcuni casi, è stata la produzione meccanizzata dello scatolame.
Alcuni di questi prodotti sono rimasti così tipici che la produzione basta malapena per il consumo interno locale (sardella, alici, buzzonaglia, lattume e salame di tonno). Altri invece sono diventati famosi e si consumano in quasi tutto il mondo (bottarga, tonno in salamoia).

Nonostante le varietà del pescato e le diverse caratteristiche delle lavorazioni, questi prodotti sono accomunati da un unico denominatore: il il sapore del Mare di Calabria.
Mentre di Bottarga D.O.C. ce n'è una sola (quella di Pizzo Calabro, in provinvia di Vibo Valentia) per la sardella (detta anche "caviale calabrese"), invece, ci sono varie paternità e origini che differiscono tra loro per alcuni determinanti particolari.

La sardella (detta anche rosamarina), è la piú piccante e saporita conserva ittica del mediterraneo: è una preparazione dal gusto forte e antico, che unisce la neonata di sardine (il novellame piú minuscolo) col sale, il peperoncino e gli aromi selvatici. Perla del patrimonio agroalimentare dei sud, la piú famosa è quella prodotta nella zona fra Cariati e Cirò Marina (un breve tratto di litorale jonico cosentino-crotonese) che ne rivendica l'unicità con l'autorevole ed ufficiale segnaletica: "Torretta di Crucoli il paese della Sardella".
Per produrla si seguono regole classiche, che risalgono a diversi secoli fa: la neonata freschissima, rigorosamente pescata nel periodo febbraio-aprile, viene lavata con acqua dolce e posta ad asciugare in cesti con un po' di sale.
Poi si passa alla salagione, in strati alterni di sardella e sale nei salaturi di creta, insieme a cime di finocchio selvatico silano. Messa a stagionare per circa 6-7 mesi, viene impastata a mano con sale, "abbondante" peperoncino in polvere e semi di finocchio selvatico.

La produce e la offre ai propri clienti il ristorante "Il Fico d'India" di Crucoli, proprio sulla spiaggia a pochi metri dalla battigia. E' la proprietaria che ci porta in cucina per mostrarci la "sua" sardella: con incredibile gentilezza, si è offerta di preparare per il nostro giornale un antipasto, un primo e uno "sfizio". Il giorno dopo ci siamo recati a Cirò Marina per verificare la produzione di sardella locale. Ci avevano segnalato un laboratorio artigiano che la produceva con metodi tradizionali: Ditta De Roberto, condotta da Cataldo, giovanissimo imprenditore che aveva saputo trasformare una necessità di uso famigliare in una pregevole attività commerciale.
Il giovane De Roberto ci ha raccontato come la sua famiglia abbia cominciato a lavorare e produrre la sardella, dimostrandoci nel contempo le varie fasi del trattamento, in un laboratorio dove regnano ordine e pulizia (foto in basso).

La terza sardella l'abbiamo trovata a Trebisacce, piccolo ma efficiente porto ittico nei pressi di Sibari. Si tratta di una grande pescheria che non vende piú pesce fresco ma solo sardella, alici e peperoncino, di cui è alta nell'aria la concentrazione e che qui è usato senza parsimonia. (foto nella pagina a lato). Tornando alle caratteristiche che diversificano le tre "sardelle", quella di Crucoli si presenta come una crema fine quasi omogenea lavorata a mano; quella di Cirò invece è comunque costituita dagli stessi ingredienti con la differenza che la neonata di pesce azzurro viene lasciata intera (quindi è un composto misto: di crema di peperoncino e aromi e da questi microscopici pesciolini). La sardella di Trebisacce utilizza una neonata un po' piú adulta, quindi piú evidente e corposa, tenuta assieme da una base di peperoncino e aromi (foto a destra).
Tutte e tre sono da sballo!


Riccardo Marcialis
Tratto da La Madia TravelFood