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Vini d'Abruzzo
Di Pasquale Palma

I “magnifici tre” - Montepulciano, Cerasuolo e Trebbiano - sono l'espressione piú significativa dell'enologia regionale che attualmente conta nove Igt, tre Doc ed una Docg.
Le prospettive del Controguerra.



Abruzzo, come suol dirsi, è il “cuore montano” d'Italia. Eppure, in Abruzzo, la vite costituisce una delle coltivazioni piú estese della regione che, montagne a parte, possiede un alto grado di vocazione vitivinicola.
Tre sono i vitigni principali il Montepulciano, il Trebbiano, il Sangiovese, cui fa seguito e contorno una miriade di altri vitigni minori per le piú non autoctoni.
E tre sono pure i vini principali - i cosiddetti “magnifici tre” - che sono l'espressione piú significativa della produzione enologica regionale: Montepulciano d'Abruzzo, Cerasuolo e Trebbiano d'Abruzzo.

Le origini della vitivinicoltura abruzzese risalgono a tempi remoti e talvolta sconfinano nella leggenda.
Plinio il vecchio (23-79 d.C.) per esempio, nella sua Naturalia Historia, esalta un vino proveniente dai vigneti prospicienti l'Adriatico, il “Pretuziano”, e lo classifica tra i piú squisiti d'Italia.
Ancor prima lo storico greco-romano Polibio (202-118 a.C.) narra che Annibale, dopo la battaglia del Trasimeno, avanzò lungo il litorale adriatico, attraversando un territorio ricco e fertile dei cui prodotti si servì per sostentare l'esercito, mentre con il vino della zona, annoso e abbondantissimo, favorì la guarigione dei feriti e liberò dalla scabbia i piedi dei cavalli.
Buon terso Ovidio (43 a.C. – 18 d.C.), il poeta di Sulmona, celebrò la città natia come la “terra del dono di Cerere ricca, ma ancor piú ricca di uve” (terra ferax Cereris multoque feracior uvis).
Infine ricordiamo due significative testimonianze, l'una dell'epigrammista spagnolo Marco Valerio Marziale (40-102 d.C.) e l'altra del famoso medico greco Diosoòride (I° secolo d.C.): dal primo, che in verità non era troppo tenero con i vini abruzzesi, apprendiamo che essi venivano esportati a Roma e serviti alle mense patrizie; dal secondo, che ne lodava invece la qualità, apprendiamo che se ne faceva commercio anche attraverso l'Adriatico.

Dal passato al presente

Ma non intendiamo né possiamo, per comprensibili ragioni di brevità, fare qui una cronistoria delle vicende vitivinicole abruzzesi attraverso i secoli.
Ed allora spicchiamo un grande salto nel tempo per portarci velocemente dal passato al presente, dicendo subito che l'attuale produzione vinicola d'Abruzzo ha una storia recente, anzi recentissima.
Una storia che, tutto sommato, conta solo trent'anni, durante i quali sono stati fatti rapidi, e radicali, progressi innovativi, per cui la qualità ha soppiantato decisamente la quantità e la specializzazione ha ridotto al minimo gli errori che prima, per ignoranza o imperizia o speculazione, si commettevano, sicché…
Sicché i nuovi vini abruzzesi, come scrisse tempo addietro Luigi Marra, “in poco piú di vent'anni sono nati, sono cresciuti, si sono fatti largo nel mercato, ed oggi stanno entrando, a giusto titolo, nell'empireo dell'enologia italiana e non soltanto italiana”.
Infatti, oltre che in Italia, essi vengono esportati in tutta Europa, negli Stati Uniti e nel Canada, nel Giappone, in Australia e nell'America latina.

Primato del Montepulciano

Nella vasta gamma dei vitigni coltivati e dei vini prodotti sono emerse, finora, tre Denominazioni di Origine Controllata (Doc): quella del Montepulciano d'Abruzzo, che ebbe il riconoscimento nel 1968, del Trebbiano d'Abruzzo, che l'ottenne nel 1972, e ultima quella del Controguerra, divenuto Doc nel 1996.
Il primato spetta senz'altro al Montepulciano d'Abruzzo, il classico vino rosso abruzzese, il cui vitigno, originario della zona di Torre de' Passeri (Pescara), si diffuse rapidamente nei territori delle quattro province abruzzesi: Chieti, L'Aquila, Pescara e Teramo.

Il Rosso è ottenuto dalle uve del vitigno Montepulciano con l'eventuale aggiunta (massimo 15%) di altri vitigni a bacca rossa.
È un vino generoso, gradevolmente profumato e vinoso.
Color rubino intenso con lievi sfumature violacee, è di sapore asciutto, morbido e moderatamente tannico.
Gradazione alcolica minima: 11,5°. Invecchiato almeno due anni e con una gradazione minima di 12,5° può fregiarsi della menzione “Riserva”.

Il Cerasuolo è prodotto con le stesse uve del rosso, ma è vinificato parzialmente in bianco, talché assume un caratteristico color rosso ciliegiolo.
Di odore gradevole, di sapore secco ed armonico, ha un retrogusto leggermente mandorlato.
Gradazione minima: 11,5°.

Il Colline Teramane viene prodotto con almeno il 90% di uve Montepulciano e l'eventuale aggiunta (massimo 10%) di uve Sangiovese provenienti da vigneti situati nel territorio del comune di Teramo e di altri comuni della provincia, donde il nome di Colline Teramane.
Color rosso rubino intenso con lievi sfumature violacee; profumo caratteristico, etereo, intenso; sapore asciutto, pieno robusto, ma armonico e vellutato.
Gradazione minima 12, 5°.
Con un invecchiamento di almeno tre anni, può portare la qualificazione “Riserva”.
A questa DOC di sottozona è stata recentemente riconosciuta la Docg, ovvero la Denominazione di origine controllata e garantita, che è la prima per l'Abruzzo.
Si differenzia per l'invecchiamento, i controlli piú severi, la produzione limitata, numerata e garantita da un apposito contrassegno.

E passiamo al Trebbiano d'Abruzzo: il classico vino bianco prodotto anch'esso, come il rosso Montepulciano, nelle quattro province abruzzesi di Chieti, L'Aquila, Pescara e Teramo.
E' ottenuto dalle uve di Trebbiano d'Abruzzo (ovvero Bombino bianco) e/o Trebbiano toscano con l'eventuale aggiunta di altre uve a bacca bianca della zona fino ad un massimo del 15%.
Ha colore paglierino e odore gradevole, delicatamente profumato.
È di sapore asciutto, sapido, vellutato ed armonico.
Gradazione minima: 11,5°.

La Doc Controguerra

Resta ora la Doc piú recente, quella del Controguerra, che venne conferita, come abbiamo detto, soltanto nel '96. Questo vino nasce nel territorio amministrativo di cinque comuni della provincia di Teramo, che sono: Controguerra, dal quale deriva il nome, Torano Nuovo, Ancarano, Corropoli e Colonnella.
È prodotto con uve di vigneti collinari situati ad un'altitudine non superiore ai 440 metri sul livello del mare.
In quest'area particolarmente vocata alla vitivinicoltura viene ricavato dall'uva un gran numero di vini dalle piú svariate tipologie: Rosso, Rosso Riserva e Novello, Bianco, Bianco Frizzante e Spumante, Passito bianco e Passito rosso, Cabernet, Ciliegiolo e Merlot, Pinot nero, Chardonnay e Malvasia, Moscato amabile, Passerina e Riesling. Ma non è finita.

Ai tre vini Doc bisogna aggiungere, poi, ben nove vini a Indicazione Geografica Tipica (IGT): riconoscimento che nel 1995 è stato attribuito, con uno specifico disciplinare di produzione, ai vini prodotti nelle seguenti aree: Terre di Chieti, Colline Teatine, Colline Frentane, Colli del Sangro, del Vastese o Histonium, in provincia di Chieti; Alto Tirino e Valle Peligna, in provincia dell'Aquila; Colline Pescaresi, in provincia di Pescara; Colli Aprutini, in provincia di Teramo.

Questi nove IGT “rappresentano l'orgoglio - come sottolinea la Guida ai vini della regione Abruzzo, edizione '97 - di altrettante aree vocate della regione e comprendono vini bianchi, rossi e rosati, anche nelle tipologie frizzante, passito e novello”.
Tra i numerosi vini che si fregiano della IGT sono particolarmente degni di nota quelli ottenuti dai vitigni autoctoni Passerina e Pecorino: due vini che “si caratterizzano per una buona presenza di acidità, struttura, sostanze estrattive e profumi”.

Ma ci sia consentito terminare il discorso sui vini rivolgendo una viva esortazione ai produttori vinicoli abruzzesi: quella di continuare sulla strada intrapresa senza cambiare rotta, badando cioè a migliorare sempre piú il loro prodotto, dato che dopo il buono c'è il meglio e dopo il meglio c'è l'ottimo.
Il loro fine non sia semplicemente la qualità e basta, ma bensì la qualità totale, che oggi si richiede per essere competitivi, a livello nazionale e internazionale, con una concorrenza che si fa sempre piú agguerrita.
E, infine, di comportarsi in modo tale che la grande esplosione dei riconoscimenti ufficiali ottenuti nel giro di pochi anni non costituisca uno stimolo negativo, fuorviante e, quindi, dannoso per l'ulteriore sviluppo dell'enologia abruzzese.


Pasquale Palma
Tratto da La Madia TravelFood