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          Il vino del mese - Marzo 2001


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          Cabernet Sauvignon 1999
          Az.Agr. Tezza  - di Flavio, Vanio e Federico Tezza
          Poiano di Valpantena - Verona
          Tel.045-550267
          
          Piccola storia di un giovane vino che danza

          Raccontare la Valpantena. 
          Le sue colline, innanzitutto: incorniciano il piano, le sue strade grigie d'asfalto e le case 
          ammonticchiate un po' ai lati, quando non cresciute alla rinfusa tra campi, 
          vigneti e urbanizzazioni nuove che tentano di arrampicarsi fin sui fianchi delle alture. 
          La provinciale cammina: dalla città si dirige verso l'alto, la Lessinia, pascoli monti e 
          paesotti da cartolina turistica. 
          Raccontare la Valpantena. Una campagna verde di olivi, ciliegi e vigneti su cui 
          incombe l'incubo di una città sempre più vicina che reclama spazi e ne strappa dove 
          può: alle vecchie contrade, cui stravolge l'impianto viario e urbanistico, oppure ai campi, 
          cancellati dai piani d'espansione di una periferia ingorda, o alle piccole frazioni, in 
          crescita tumultuosa e artificiale. 
          Raccontare oggi la Valpantena può sembrare una parafrasi della solita storia del 
          contrasto drammatico tra vecchio e nuovo: la città che avanza, la campagna che 
          arretra. Ma fino ad un certo punto. Perché queste terre hanno un orgoglio che 
          altre zone del veronese non conoscono: non si lasciano addomesticare. 
          Non è "dolce", la Valpantena (come la Valpolicella, per esempio), non è "nobile" 
          (come il Soave): è rustica, selvatica, scontrosa. 
          Le sue colline non sono alte ma sono spesso disagevoli, a tratti ostili, poco 
          attraenti. No, non è chic, la Valpantena. Meglio allora lasciarla ai suoi vigneti, 
          ai ciliegi e agli olivi, della cui ragione d'essere prima o poi farà giustizia il mercato. 
          Così pensano i cinici  e gli speculatori edilizi. Per questo la storia dell'azienda 
          agricola Tezza di Poiano, più che ad una scommessa, assomiglia ad una sfida. 
          Agricoltori da sempre, per decenni i Tezza si sono limitati a produrre uva che 
          cedevano ad altre cantine finché, circa cinque anni fa, il "nuovo" - nelle persone 
          dei figli Flavio, Vanio e Federico - chiese spazio e soprattutto fiducia. 
          Fiducia nel loro entusiasmo, nelle loro idee, nel loro coraggio, tutte cose belle 
          e lodevoli…e terribilmente care. Non tanto in termini economici, quanto piuttosto 
          umani, di consuetudini, pensieri, convinzioni. Tutto un mondo abituale e 
          rassicurante a cui i tre cugini chiedevano alle rispettive famiglie di rinunciare. 
          Non è stato facile, ma il sacrificio s'imponeva: i giovani Tezza avevano - hanno -  
          un solo chiodo fisso in testa, 365 giorni l'anno, 24 ore al giorno. Qualità. 
          Ai livelli più alti. Non importa il prezzo da pagare. Via dunque le vecchie viti 
          allevate a pergola, familiari e iperproduttive, largo ai nuovi impianti ad alta 
          densità a guyot e GDC. Via le distese di ciliegi, largo a vigneti nuovi. 
          E accanto a corvina e rondinella, cabernet sauvignon e pinot grigio. 
          "Noi dobbiamo confrontarci con l'estero, dove la competizione è più dura. 
          Se non punti al massimo non puoi sperare di ritagliarti un tuo spazio nel mercato". 
          E' il pensiero di Vanio, che gli altri condividono. "Dobbiamo crescere" aggiunge 
          con un sorriso timido, come di scusa. Certo, ragazzi. E tuttavia, in mezzo ai 
          filari di alcuni vigneti e nei grappoli si è già infilata un'atmosfera particolare, 
          pronta a passare dritta nella bottiglia: il Cabernet Sauvignon 1999 è un vino 
          che danza. Disordinato nell'impatto dei profumi, dove di primo acchito prevale 
          l'erbaceo tipico del cabernet, subito non gli daresti molto: siamo sinceri, è un 
          vino onesto come tanti, troppi cabernet in giro per l'Italia e il resto del mondo. 
          Il colore è limpido, rosso purpureo, profondo e scuro.
          La fretta! Pessima compagna, quando si assaggia un vino. 
          Tempo qualche ora e il Cabernet si apre: ha inizio il ballo, come nella Danza 
          slava n.1 in si minore op.72  di Antonin Dvorak. Una girandola di profumi che 
          sembrano note di ottoni accompagnate da timpani e grancassa: incredibili 
          chiodi di garofano, liquirizia, cioccolato, legno, fiori di campo, piccoli frutti 
          rossi . Sorprendono per la forza con cui si affacciano dal bicchiere, giocano 
          a prevaricarsi ma in realtà sono tutti ben integrati tra loro. Oboi e flauti nel 
          pezzo di Dvorak - profumi chiaro-scuri con una prevalenza per questi ultimi 
          nel vino, che in bocca si manifesta morbido ma vivace, ricco ribelle e 
          persistente. Soddisfa e stupisce, questo allegro Cabernet (assaggiato in 
          anteprima), e in bottiglia sicuramente è destinato ad acquistare maturità di 
          profumi e gusto. 
          "Saggezza"?  Se con questa intendiamo neutra uniformità al gusto internazionale,  
          non credo proprio: la Valpantena non si addomestica. E nemmeno i suoi vini.


                              Elisabetta Tosi
                              In collaborazione con Ex Vinis di Veronelli