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          Il vino del mese - Luglio 2001


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          Croara 1999
          Azienda Agricola Santa Sofia (VR)
          Piccola storia di un giardino proibito e di un vino che gioca 

          Un'isola di bellezza sopravvissuta alla volgarità degli sconquassi urbanistico-edilizi
          circostanti. 
          Una villa storica, celebre e invidiata dal mondo per la sua perfezione incompiuta, che
          nasconde nel silenzio di locali sotterranei un segreto vivo. 

          "A Santa Sofia luogo vicino a Verona cinque miglia è la seguente fabrica del Signor
          Conte Marc'Antonio Sarego posta in un bellissimo sito, cioè sopra un colle di ascesa 
          facilissima, che discuopre parte della Città, & è tra due Vallette: tutti i colli intorno sono
          amenissimi, e copiosi di buonissime acque; onde questa fabrica è ornata di giardini &
          di fontane meravigliose… La parte di questa fabrica, che serve all'uso del padrone
          & della famiglia, ha un cortile: intorno al quale sono i portici: le colonne sono di ordine
          Ionico, fatte di pietre non polite, come pare che ricerchi la Villa, alla quale si convengono
          le cose più tosto schiette, e semplici, che delicate…"

          Un bel progetto, di cui l'architetto Andrea Palladio era giustamente fiero e che descrive
          nel secondo dei suoi "Quattro Libri dell'architettura" (Venezia 1570). Il committente
          era il nobile Marcantonio Serego, marito di Ginevra Alighieri della famiglia del Poeta; 
          la villa doveva servire da abitazione a lui e famiglia, simbolo al tempo stesso del
          prestigio e della volontà di affermazione della sua casata, cuore della sua proprietà 
          agricola. Non fu mai completata, troppo ambiziosa e costosa anche per allora, ma 
          rimane un capolavoro incastonato in un parco chiuso a tutti, custodito da statue di 
          eroi del mito e divinità, fontane, laghetti, alberi immensi. Qui persino il cielo sembra 
          di un azzurro più intenso, il verde più luminoso, il ghiaino dei viali più bianco; 
          l'atmosfera è quella della dimensione di un mondo parallelo, tagliato fuori dal traffico 
          che schiamazza appena oltre l'alto muro del giardino. 
          La villa non è visitabile, ma la cantina che da oltre quarant'anni le vive dentro, sì. 
          L'azienda agricola Santa Sofia è nata qui, nel 1811, tempo di nobili e poeti; un 
          secolo e mezzo più tardi passava nelle mani della famiglia Begnoni, padre, madre, 
          due figli, Luciano e Patrizia, con l'entusiasmo del vino nel sangue. 
          Botti bottiglie e barriques abitano da sempre sotto questi vecchi volti, protetti da 
          mura ancora più antiche; qui si compie la magia senza tempo e sempre nuova del vino. 
          Le uve arrivano dai vigneti scelti delle colline più belle, coltivati da vignaioli con cui i 
          Begnoni hanno scelto di collaborare fin dagli anni '60, la gamma dei prodotti 
          rispecchia la ricchezza dell'offerta enologica veronese. I gioielli di famiglia non 
          possono che essere i rossi della Valpolicella: l'Amarone Classico Gioè, il Valpolicella 
          Classico Superiore Monte Gradella, il Recioto .  Ma non è da questi che trabocca 
          l'esplosione gioiosa di note de I pini di Villa Borghese, tratto dal lavoro orchestrale 
          I Pini di Roma di Ottorino Respighi, bensì da un bianco insolito e affascinante, 
          il "Croara 1999".
          "Oh quante belle figlie madama Dorè/ oh quante belle figlie/ Son belle e me le tengo 
          madama Dorè/ son belle e me le tengo…" Il paglierino chiaro del colore, brillante 
          come una lamina preziosa si trasforma al naso in profumi di frutta esotica - pera, 
          ananas, banana - che si annunciano solari come l'apertura del brano: accordi 
          luminosi sovrapposti di archi e fiati che si rincorrono cantando il tema della filastrocca 
          infantile. Fiori e vaniglia si alzano in fretta dal bicchiere, con il passare dei minuti 
          si fanno più caldi, cedono il passo a sfumature di spezie; una melodia di fragranze 
          fruttate giocata tutta sulle note più alte, in un forsennato girotondo di clarinetti, 
          ottavini, trombe, violini, triangoli, a imitazione dei giochi più scatenati dei bambini. 
          Una composizione velocissima e briosa, perfetto contraltare musicale di questo bianco 
          nato da un incrocio (crosara-croara) di uve chardonnay di diversa provenienza veneta. 
          In bocca è pieno, rotondo, il corpo sostenuto ma vivace nei suoi toni che ricordano 
          gli agrumi screziati da note di legno e un accenno di minerale. 
          Un bianco esuberante ma non eccessivo, immediato ma non banale, elegante, fiero. 
          Soprattutto allegro, vitale e appagato come un bambino che, a dispetto di mille divieti, 
          abbia scavalcato il muro per conquistare ore di gioco nel parco di villa Santa Sofia…


          Elisabetta Tosi