


Archivio articoli de Gli alberi del viaggiatore
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Quarto numero
C'era una volta un castello,….
Così iniziano al solito le fiabe, ma talvolta, come in questo caso l'incipit
è reale e ci accompagna tra le rovine del castello medioevale di Montèbore,
frazione di Dernice nella Val Curone, in provincia di Alessandria; e come in
tutte le favole esistono anche qui un principe ed una principessa, un mago
ed un malvagio i quali prendono i nomi ed il tempo di un episodio datato
1489 d.c., e vedono protagonisti a Milano, Isabella d'Aragona e Francesco
Sforza i quali per il loro matrimonio alla presenza di Leonardo da Vinci (il
mago) ebbero la loro tavola nuziale imbandita anche del curioso argomento
di questo numero degli "Alberi del Viaggiatore": il Montèbore appunto.
Malvagia fu invece la memoria che con i secoli condannò questo frutto delle
valli tortonesi e la cattiva abitudine dei tempi moderni a preferire i prodotti
del supermercato a quelli tradizionali che fecero sì che del Montebore nel
1985 d.c. se ne persero le tracce.
La favola di questo formaggio (finalmente!) oggi ha un nuovo capitolo iniziato
a scrivere pochi anni fa da Agata e Roberto Grattone della Cooperativa
Vallenostra di Mongiardino Ligure (Al) i quali rifacendosi ai ricordi ed
all'esperienza dell'ultima produttrice rimasta, la signora Carolina, sono riusciti
dopo vari tentativi a far esclamare a qualche anziano delle valli "istu l'è cul là",
cioè "questo è quello là" strappando così all'oblio un monumento storico
caseario delle valli Curone e Borbera.
Dico monumento perché in realtà il Montébore ricorda una scultura, una trottola
rovesciata, o meglio una torta nuziale; esso infatti viene creato mettendo a contatto
tre o quattro robiole di dimensioni diverse e decrescenti, ad un certo momento
della loro maturazione affinché si fondano e continuino a maturare insieme creando
questa insolita ma affascinante forma di piramide azteca in onore del castello di
Montébore; I latti ovino (circa il 30%) e vaccino (preferibilmente da vacche di
razza tortonese) vengono lavorati a crudo, mantenendo intatto il legame con i
pascoli di quelle vallate, e la cagliata, formata con caglio naturale di vitello, viene
rotta con un cucchiaio di legno per poi essere messa dentro alle formelle, rivoltata
e poi salata.
Sono orgoglioso di aver iniziato a parlare di questo formaggio e di servirlo nelle
poche forme che Roberto mi fornisce per i miei clienti e per i ristoratori amici:
oltre che proporre un formaggio che risente dell'influenza ligure in quanto l'aria
marina raggiunge i pascoli del Montebore e li rende unici, mi sento promotore
della rinascita di un prodotto così tipico, il che vuol dire incitare e spronare
l'allevamento bovino da latte in quelle aree, specialmente della rara razza tortonese,
dare speranza all'agricoltura ed al mercato di questo antico e nobile formaggio.
Sono grato ad Agata e Roberto per aver iniziato una piccola produzione di un
altro "desaparecido" di quelle zone: il Timorasso.
Il Timorasso è un vino da uve autoctone a bacca bianca dei colli tortonesi del
quale si erano perse le tracce, dal colore paglierino e dai deliziosi profumi
fruttati; col nome di Sassobraglia ne producono solo 1000 bottiglie che vi
consiglio vivamente di scovare.
Non resta ora che mettersi in caccia di questi frutti del nostro territorio, magari
andandoli a cercare la domenica passeggiando e visitando quelle vallate
suggestive a due passi dalla Liguria.
Guido Porrati
Bottega dei Sestieri