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          Secondo numero

          Magra memoria!

          Innanzitutto vorrei augurare un "Buon" 2001 a tutti coloro i quali stanno leggendo 
          queste righe, auspicando che le festività in corso e le conseguenti occasioni 
          gastronomiche di convivio siano state occasione per approfondire a tavola la 
          conoscenza di qualche prodotto dell'artigianato italiano (e non), scovato  visitando  
          piccole aziende, o in negozi golosi che per il Natale aumentano a dismisura le 
          proposte per fare festa, snobbando anche solo per una volta le tentazioni banali 
          e scontate di una festa convenzionale dettate dalla distribuzione organizzata.
          Chissà se in qualche casa in questi giorni è entrato, come regalo o come scelta di 
          chi acquista, un Pandolce Genovese di pasticceria, buono, speziato e fragrante 
          che attesti la grandezza storica di questo bistrattato incanto dell' arte pasticcera 
          ligure, oppure una Gubana friulana (sempre di pasticceria), bellissima da vedere, 
          ma ancor più buona da mangiare, ricca di uvetta e inzuppata di Slivoviz; oppure 
          qualche fetta di un raro capolavoro della salumeria ligure, la Prosciutta Castelnovese 
          prodotta da Mirco Bertini e sua madre Elena a Mollicciara in provincia di La Spezia, 
          in Val di Magra, con cosce attentamente scelte da allevamenti padani e poi lavorate 
          con mano sapiente, salate , speziate e stagionate per 7 mesi all'aria salmastra 
          della liguria.
          E quale novità enologica provare in questi giorni di festa?
          Cercate, cercate tra  gli scaffali delle enoteche o dei negozi golosi due etichette di 
          buon spessore e di nuova concezione: si chiamano Sanbastian Barbera d'Asti 1998, 
          e Dacapo Barbera d'Asti 1997 dell'Azienda Agricola Dacapo di Agliano Terme (At), 
          ancora rare qui in Liguria, ma sorprendenti, la prima per la grande piacevolezza e 
          bevibilità, l'altra per nobiltà ed espressione classica del vitigno.
          Ma torniamo al titolo di questo articolo, dettatomi da quotidiane esperienze di contatto 
          con alcuni clienti della mia salumeria in Rapallo; non passa giorno che si affaccino al 
          banco richieste di prosciutto "dolce e magro che sennò non me lo mangiano", oppure 
          di "cotto buono e magro per il bambino", ed ancora "un etto di prosciutto cotto Gran 
          XYZ (o altro di marca televisiva), che mi ha consigliato il dottore per il bambino che è 
          intollerante al lattosio".
          Che rispondere, quando si è commercianti, interessati, gelosi dei propri clienti e timorosi 
          di offenderli, quando il martellamento  dei media sulla cultura gastronomica è totale e 
          dittatoriale, il tempo di ragionare o ascoltare da parte del cliente non c'è e talvolta 
          neanche la fiducia in chi serve, ma il prodotto propagandato da Mike nazionale e il suo 
          verbo convince e rassicura?
          Semplice! Persistere. Crescere culturalmente su quello che si propone, trovare parole 
          giuste, chiare ed esaustive per fare capire che non possiamo essere ipocriti, che un 
          prosciutto ha bisogno del grasso tanto demonizzato, per essere sano, dolce, morbido 
          e profumato, che il proprio figlio ( o nipote, care nonne che dimenticate la tradizione 
          gastronomica da tramandare, civettando con i prodotti tanto pratici e pubblicizzati e 
          rendendo sterile la sensibilità del palato del piccino), non deve sfilare a continue 
          presentazioni di pret-à-porter, ma dovrà un giorno avere una MEMORIA GASTRONOMICA, 
          per potersi cullare nei ricordi di uno suadente minestrone della nonna, di un salame di 
          cantina delle feste, di un prosciutto crudo dalla lacrima facile, di una torta casalinga 
          di ingredienti sani nelle merende di primavera; in molti casi invece il piccolo diventato 
          grande si ricorderà un acido Philadelphia light, un magro e lucido salame in busta 
          sottovuoto che sa di condensa di frigo, le figurine dei Pokémon regalate da quel 
          prodotto, un po' di acidità in bocca delle merendine Kinder!
          Pensiamo quando facciamo la spesa, prendiamo coscienza di ciò che portiamo in tavola, 
          che non è solo nutrimento, ma anche cultura, tassello nei ricordi di chi amiamo, 
          pensiamo che le forme di promozione di un prodotto non devono per forza vincere la 
          tradizione o la professionalità di tanti che decidono di fare della gastronomia loro 
          senso di vita, che ahimè, le scelte passano attraverso la notorietà di personaggi e la 
          loro studiata parlantina ma soprattutto attraverso la cieca fiducia che abbiamo in stimati 
          medici informati a loro volta da una mirata campagna di convincimento (con quali mezzi 
          preferisco non immaginare).
 

                        
                                                                 Guido Porrati
                                                                 Bottega dei Sestieri