Luigi Pomata
Viale Regina Margherita, 18 - 09100 Cagliari
Tel: 070.672058
Data recensione: 08/2008
Ci ho pensato un bel po' prima di decidermi a postare su questo
ristorante. Con un'amica decidiamo di pranzare (martedì, 26 agosto) in città da
Pomata, ex Next Door. Da tanto pensavo di fare una capatina, visto che
Pomata e Petza, sono i soli tra i ristoratori di Cagliari a fare cucina
creativa e Pomata il solo a servire sushi, ma non è certo per quest'ultimo
il mio desiderio di andare. Se mai qualcuno mi convincerà a mangiare
pesce (ma anche bivalvi o carne) crudo, sarà un giapponese in Giappone.
Il ristorante è situato in una piazzetta tra due vie importanti, via
Roma e viale Regina Margherita, che si incrociano in obliquo su due
diversi livelli, raccordati da una scalinata ampia che da via Roma porta
quasi all'ingresso del ristorante. C'è la possibilità di mangiare all'esterno,
ma le macchine parcheggiano a ridosso ed è preferibile evitare, anche se
da lì si gode la vista di parte della passeggiata a mare antistante il
porto. Il locale è situato al piano terra di un palazzetto ottocentesco
restaurato.
Arriviamo qualche minuto dopo l'una, il ristorante ha appena aperto al
pubblico e abbiamo modo di scegliere il tavolo in una saletta interna,
la prima di tre. I soffitti hanno bei mattoncini faccia a vista e volte
a padiglione. Le pareti sono di un giallo spugnato molto bello e caldo.
L'arredo è minimalista, i tavoli e le sedie (con seduta rosso rubino)
sono marrone scuro, l'illuminazione soffusa e a parete. Molto gradevole.
I tovagliati, dei vis à vis che coprono parzialmente i tavoli,
riprendono in parte il colore delle sedute delle sedie e in parte il
colore delle pareti. Le posate molto moderne, in contrasto con i
bicchieri da acqua che ricordano in volume triplicato i bicchieri da
osteria, per il vino un calice. Sulla carta non c'è traccia di menu
degustazione, ma c'è una parte riservata alle ostriche e al "susci" e
si spiega che il termine così scritto è dovuto alla scelta di proporre
"un prodotto fatto secondo la nostra ricerca e conoscenza". Veniamo al
cibo, del resto ci sarà modo di parlare dopo. La presentazione dei
piatti è molto gradevole e senza eccessi "fantasiosi" pur rispecchiando
i canoni estetici della cucina creativa.
Come antipasti abbiamo scelto:
- Passatina di ricci e ceci con bomboloncino di kataifi alle patate e
dentice, qui la dizione mi sembra inesatta perché il piatto si
presentava così: passata come fondo, al centro il bomboloncino sul quale
era adagiato un "nido" di kataifi molto croccante. Molto buono nel
complesso, mentre ho trovato poco piacevole la temperatura del passato,
freddo (ma proprio freddo) in cui si sentivano troppo gli amidi
incollati e alcune "granulosità" troppo evidenti dei ceci e che con una
temperatura più morbida avrebbero guadagnato. Personalmente lo avrei
preferito poco meno che tiepido, ma la famosa teoria del freddo del
caldo del croccante del morbido. Sapori perfetti e senza prepotenze.
- Tempura alla birra affumicata di filetti di pesce, gambero e verdure. Un
piatto sufficiente (anzi, di più) per tre persone. Pastella ineccepibile
e croccante, colore perfetto ma la frittura è risultata alquanto
untuosa, probabilmente accomodata sul piatto (coperto da un foglio di
carta paglia) senza essere passata per altre asciugature. Nove pezzi su
dieci, verdure. Comunque in complesso buono.
Come primo abbiamo scelto lo stesso piatto:
- Fregolina artigianale con ragù di astice, cozze e zafferano. Finalmente
una vera fregola artigianale (sembrerà strano, ma la maggior parte dei
ristoranti offre pasta industriale che sembra una tempestina al cubo)
con qualche punta di crudo ma comprensibile, data la dimensione
dei "grani" molto, molto irregolare. Giusto il rapporto fregola/pesce.
Complessivamente il sapore buono, con un accentuato sentore di aglio;
prezzemolo, troppo, e tagliato grossolanamente. Si presenta il problema
di tirar fuori la carne dalle chele col cucchiaio (!) e ho dovuto
chiedere una posata, mi (ci) è stata data una forchetta pari ad una pala
da sterratore che non ha agevolato il compito.
Secondi:
- Bistecca di tonno rosso alla griglia con verdurine (ma perché tutti
questi antipatici diminutivi che niente aggiungono e rendono più pesante
la definizione?) infornate. Piatto splendido nella cottura e nei sapori,
un tonno indimenticabile, tenero, saporito, cotto alla perfezione.
- Filetto di pesce del giorno in crosta di pomodoro su vellutata di
crostacei. Un dentice morbido e profumato a detta della mia amica, io ho
avuto la sventura di assaggiarne un po', ma dopo il tonno non c'è stata
storia, intensità di sapori troppo diverse. Anche qui temperatura fredda
di troppo, ma di tutto il piatto. Troppa attesa in cucina?
Dessert:
- Delizia di semifreddo al limoncino di Villacidro con salsa allo
zafferano e moscato. Con una spolverata di granella di nocciole che
secondo me poteva anche mancare. Incantevole, equilibrato, saporito,
dolce al punto giusto (e poco ci vorrebbe a farlo diventare stucchevole).
Sentire tutti i sapori nitidi e contemporaneamente in sinfonia.
- Mocaccino al cioccolato, ovvero crema al cappuccino, mousse al latte e
gelato al fondente. È arrivato in un tazzone americanoide della
dimensione (beh, anche della forma) di un vaso da notte, scusatemi il
paragone dissacrante, ma una cosa di dimensioni veramente esagerate che
mi ha fatto ridere di gusto, mentre la mia amica Helen, un'australiana
scanzonata e ricca di sense of humour (a me non sarebbe passato per la
capa terminare un pranzo con la rivisitazione di un cappuccino) ha
trovato "carino" siffatto contenitore. lol Comunque, il sapore era
ottimo. Solamente io ho chiesto il caffé.
Il conto:
-Passata di ceci, 13 euro
- Tempura, 15 euro
- 2 fregola, 28 euro
- Tonno, 15 euro
- Pesce, 15 euro
- Mocaccino, 9 euro
- Semifreddo, 8 euro
- Caffé, 1 euro
Il servizio, il coperto, pane e acqua sono inclusi nel prezzo, come
recita il menu. Totale 104 euro. Della bontà dei cibi e dell'esecuzione
abbiamo parlato, ora arrivano le dolenti note del resto. I tavoli sono
purtroppo molto ravvicinati, (almeno nella saletta dove abbiamo pranzato)
tanto da rendere difficoltoso anche il servizio e impedire una conversazione
tranquilla. Il personale deve fare lo slalom per non trascinare via i secchielli
posti a fianco di alcuni tavoli. I menu hanno vissuto tempi migliori, hanno
vistose tracce di usura e brutte macchie, ne chiedo da portar via e me ne
sarà dato uno di uguali caratteristiche. La carta dei vini (formata da quattro
fogli di cartoncino sottile formato A4 e spillati nell'angolo superiore sinistro
tipo pratica ufficio) mi è sembrata abbastanza ricca, comprende delle
sezioni: bollicine nazionali, estere, birre artigianali, vini biodinamici, rosati,
beverini, media struttura, strutturati.
La sala si è riempita subito dopo il nostro arrivo perché hanno ripreso
a servire un business menu a 15 euro che secondo me ha guastato le cose,
per la serie bisogna pure far cassa. Dal punto in cui ero potevo
osservare il movimento dei camerieri che si urtavano continuamente
vociando tra loro, quello che "avrebbe" dovuto occuparsi del nostro
tavolo non ha fatto altro che sbattere in malo modo le ante e i cassetti
del mobile di servizio presente nella saletta, prendendo le posate in
maniera discutibile e tenendole strette a mazzo. La richiesta di posate
per poter mangiare l'astice della fregola è stata soddisfatta con
comodo, con un intermezzo in cui il cameriere parlando con un'altra
persona si stava riportando via la posata della ma amica e l'ho dovuto
richiamare.
La mia richiesta di avere un calice di vino con il secondo è
stata completamente disattesa e ho rinunciato. La familiarità dei
camerieri con alcuni clienti ha creato un clima cameratesco e di
conversazioni a voce alta poco gradevoli, anzi a momenti inopportune.
Tutto il personale, abbigliato con polo scura e grembiulone, portava la
polo (molto lunga) allegramente fuori, tanto da spenzolare sui piatti
nei tavoli quando erano costretti ad allungarsi per servire la pietanza.
Senza la minima memoria delle comande sono arrivati ai tavoli, tutti,
chiedendo: "Di chi è la quattro stagioni? La carrettiera? Quella al
crudo?" sto scherzando con i nomi ma, basta sostituire i nomi dei piatti
alle pizze e in certi momenti sembrava veramente di essere da Pippo il
cozzettaro. Il pane, presentato in cestini scuri, intrecciati di stile
nipponico, contenevano panini (solo alcuni al sesamo) che, oltre ad
essere freddi e gommosi, non avevano carattere.
Anzi, a proposito del pane, i cestini erano appoggiati sul mobile di
servizio e uno dei camerieri ha tranquillamente (coram populo) rovesciato
il contenuto di uno ritirato da un tavolo, in modo diligentemente equanime,
"rabboccando" tutti gli altri. Ma caspita! L'acqua e il pane non sono
mai stati sostituiti e per l'acqua ho dovuto chiedere. Quando un
cameriere si è avvicinato per il fatidico "tutto bene?" non ho potuto
fare a meno di sottolineare la disinvoltura e la poca puntualità del
servizio, e lui ha cercato di giustificare la cosa con la mancanza
improvvisa di due camerieri e l'arrivo non aspettato di così tanti
clienti e ci ha chiesto scusa. Ovviamente, le carenze vanno ben oltre la
mancanza di personale. Tutte queste cose che ho elencato a ruota libera,
ma altre ne ho sicuramente dimenticate, mi creano non poche perplessità.
La poca professionalità (e spesso poca eleganza) dimostrata dal
personale, il vocio prepotente e continuo tra loro e i clienti ed altre
cose, non credo possano cambiare con due camerieri in più. Si tratta
dell'ennesima cosa fatta "a sa sarda"? Peccato, perché tutto sommato
i piatti, a parte qualche sbavatura, non mi sono dispiaciuti affatto e
sicuramente sono al di sopra della media locale; quindi almeno la
cucina funziona, ma in questa maniera fino a quando basterà? La sera,
con clientela diversa e magari la presenza del titolare, tutto si trasformerà
magicamente? La tentazione di scoprirlo è forte e sicuramente tornerò.
Vi farò sapere.
Annarita-pll