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Da Renzo
S.S. 131 - km 99 - 9070 Siamaggiore (OR)
Tel: 0783.33658
Chiuso: Domenica sera e lunedì
Data recensione: 08/2008


Facilmente raggiungibile con la statale131, ora ha a fianco (spero per
poco) un disastro di lavori in corso per manutenzione e ampliamento
della stessa. L'esterno del ristorante è gradevole con un prato all'inglese
curato; al di fuori del grande cancello un ampio parcheggio. Arriviamo
(io e mio marito) alle 8,40. Ci accoglie solerte una signora (suppongo
la moglie del titolare) che ci mette subito a nostro agio, la sala in cui
veniamo introdotti è molto grande, anzi esagerata, al punto che non
saprei dire quanti coperti ospiti. Non dà il senso dell'intimo. È ancora
vuota, ma si riempirà alla spicciolata, pur essendo venerdì. D'altronde
qui si ha l'abitudine, peraltro da noi condivisa ma stasera siamo fuori
"regno", di cenare tardi.

Tantissimi tavoli distanti tra loro in maniera diversa. L'ambiente è sul
tipo rustico, con qualche pretesa di eleganza; è sicuramente molto
sobrio considerando la media sarda. Tutto ha un aspetto curato e vivo.
Le sedie sono dipinte di uno strano colore celeste-nuvola, ripreso in
altri particolari. I tavoli,  quadrati o rettangolari, sono apparecchiati
in maniera sobria, la posateria e i bicchieri di forma moderna, gradevoli,
senza strafare. Ci sono quattro grosse fioriere che non hanno (come
spesso accade) il compito di mimetizzare colonne portanti, ma riescono
a dare una sensazione di ammorbidimento all'insieme e, non ci
crederete, piante curatissime (vabbè io sono fissata con le piante,
non ci fate caso).

Le fioriere, di legno scuro, hanno delle fasce del colore celeste di cui parlavo
pocanzi. Una delle pareti lunghe ha un grosso camino e in fondo alla
sala c'è un settore riservato alle pietanze alla brace. Il bel soffitto,
in legno, ha travi e capriate a vista, purtroppo intersecate da un
aggiunto impianto di climatizzazione anch'esso a vista. Tutto il legno
presente, però, non è in grado di ridurre il rumore della sala quasi
piena. Non ci verrà dato menu ma i piatti ci verranno elencati "a voce".
Ordiniamo un antipasto della casa ed un primo, lasciando a dopo la
decisione per il resto. Immediatamente arriva per le bevande un
cameriere giovanissimo e compito; prendiamo acqua naturale e un semplice
S'eleme, secondo me troppo freddo e non aiutato dalla permanenza nel
secchiello. Fin quando non arriverà la maggior parte dei clienti non
lascerà mai che ci serviamo da soli, attento ma non ossessivo. Così come
altri camerieri, tutti giovani e tutti con il controllo totale dei
tavoli.

In attesa di servire, ci hanno portato un piatto di guttiau caldo e
fragrante che verrà sostituito, da lì in poi, almeno tre volte e un
cestino di bocconcini di pane anonimi e freddi. Per i non locali il pane
guttiau è il pane carasau (quello che viene chiamato carta da musica)
infornato o messo sulla brace dopo averlo cosparso di olio e sale. Una
bruschetta nuragica, insomma. L'antipasto servito è molto vario. Alice
marinata appoggiata su una fetta di melanzana fritta che mi ha
lasciata strabiliata. La panatura, sottilissima e fatta con semola e uovo,
croccantissima tanto da far rimanere la melanzana dritta (e non esiste
niente di più molliccio di una melanzana fritta, per quanto impanata)
accompagnate da una "meringhina" di mousse di dentice e sue uova
con un accenno lievissimo di affumicato.

Presi singolarmente tutti molto buoni, la melanzana con l'alice
splendide insieme ma la mousse (buonissima anch'essa) non mi è sembrata
però un accompagnamento ideale per il resto. In contemporanea ci sono
stati serviti cannolicchi accompagnati da un'insalata di cipolle di
Tropea marinate, i cannolicchi un po' induriti ma nel complesso non
male. Insalata di polpo buona ma che non ha retto il confronto con il
resto delle cose. Gamberi con insalata di arance rosse e gialle molto
delicati. E alla fine un fritto misto servito su una specie di treppiede
in ferro battuto (dall'aria molto medievale) in cui il cerchio d'appoggio
era sostituito da sei piccoli cerchi saldati tra loro a margherita e nei
cerchi erano infilati dei cartocci contenenti il fritto, ovvero anguille,
gamberi e verdure varie. Tutto molto buono e, come dicevo, il
polpo da sufficienza, scialbo.

Come secondo abbiamo ordinato sia io che il mio "capo" fregola ai
crostacei, che io adoro. Et voila, la sorpresà. fregola fetecchiosamente
industriale, un grano uguale all'altro e tutti uguali tra loro...
piccoli anonimi cilindretti di pasta. Immaginate uno spaghettone bello
grosso tagliato in tante piccole parti invece che delle piccole minuzie
(assolutamente irregolari in un'allegra confusione di misure e di
colore) di pasta di semola, amorevolmente lavorate con movimenti
circolari e profumate di zafferano. Caspita, un piatto da perdercisi
dentro, ricchissimo di crostacei, aragosta compresa, e in porzione
abbondante (fin troppo) rovinato da una squallida, triste fregola. Un
delitto premeditato e senza scusanti.

Per un ristoratore è sicuramente molto più comoda questa, data
l'uniformità di cottura che offre rispetto a quella artigianale, ma
quale diversità di sapore, di consistenza e quale diversità di presentazione!
Se avessi avuto il buonsenso di chiedere, sapendo le abitudini, avrei
scelto altro. Devo dire, però, che superando la pignoleria più pignola
e non conoscendo la differenza tra le due paste, si poteva tranquillamente
dare un buon giudizio, piatto saporito, ricco ed equilibrato nel sale e nei
grassi, senza sapori prevaricanti di aglio o altro. Però...! Non siamo riusciti
a proseguire oltre e abbiamo chiuso con un sorbetto di limone, molto
buono e per niente dolce ed un caffé. Il conto (per due persone) in
totale 90 €, di cui:

Coperto 4 €
Antipasti 30 €
Primi 30 €
Dessert 10 €
Caffè 2 €
Vino 12 €
Acqua 2 €

In complesso è un buon ristorante, cerca di stare al passo coi tempi
offrendo una cucina tradizionale senza troppi grilli per la testa o voli
pindarici, equilibrata, leggera ma saporita.


Annarita-pll