Le Bernardin
155 West 51st Street
The Equitable Building
Between 6th and 7th Avenue - 10019 New York
Tel: (212) 554-1515
Fax: (212) 554-1100
Data recensione: 05/2008
Fin dalla sua prima uscita (autunno 2005) la gommata francese in versione
niuiorchese è stata presa a sassate, mi dicono non senza qualche ragione,
dai giornali locali, il liberal NY Times in testa: "Ma come? Cosi poche
stars per la nuova capitale della ristorazione mondiale? E poi quante
cappelle, cari inspectors: locali chiusi regolarmente recensiti, menu
degustazione di due anni prima, ecc." Su una cosa però erano e sono
d'accordo transoceanici e transalpini, sul fatto che al sodalizio Ripert- Le
Coze e al loro "Le Bernardin" di Manhattan andava assegnato un posto
speciale: e invero ormai da tre anni. three stars di una parte, addirittura
4 stars (su 4) per la qui accreditatissima guida del NYT, e super premio
Zagat, la bibbia del "semo tutti critici gastronomici".
E allora? No niente, si fa solo per parlare, noi le nostre panza-mission non
le facciamo certo scorrendo le guide, Michelin poi.. che ci sta
istituzionalmente sui marrons dai tempi del De bello gallico. Con quel che
costano quelle locande tri- o quadri-blasonate, poi. Cambio discorso. Lo
sapete che con un euro si prendono 1.5689 dollari? Salve, vorrei prenotare
un tavolo per due, tra tre settimane. La storia dei fratelli Le Coze, Gilbert
e Maguy, sa di epopea e di saga. Dall'infanzia nel paesino bretone, al
nonno pescatore, ai genitori proprietari di trattoria con alloggio, alla gavetta
squattrinata del "Le Bernardin" di Parigi (in onore dei monaci bernardini o
cistercensi, gran magnoni, pare), ai successi in patria, all'avventura newyorkese, alla
tragica scomparsa di Gilbert (definito dal New York Times in occasione della
morte come a French-born chef whose innovative ways with seafood, influenced
a generation of American cooks) e al conseguente ingresso sulla scena di
quel geniaccio di Eric Ripert. Da allora, più di 10 anni fa, una infilata di
riconoscimenti e ribalte.
Cena presto, come si usa qui (locale gremito alle 18:45). Incipit un po'
imbarazzante: mai visti in sala 25 camerieri girare affaccendati in un unico
ambientone, senza farti capire se governati da un caos calmo o da un ordine
cosmico. Bella gente in sala, più del conio radical-shick che non commenda+velina.
Il posto è bello, ma onestamente nulla che faccia spalancare la bocca dallo
stupore. Ma, a dire il vero, quasi tutti i locali di NYC con le loro poltroncine
di pelle, i divanetti appiccicati e appiccicosi, cozzano un po' con il nostro
concetto di classe e buon gusto. E spaziosità. Alcune cose poi, nonostante
frequenti questi lidi con regolarità, non finiranno mai di stupefarmi, come
il cameriere che chiede se vogliamo iniziare con un cocktail (cosa meglio di
un whisky sour prima di iniziare la cena con un prosecchino di Reims), se
l'acqua la vogliamo in bottiglia o "di rubinetto". Per non parlare del "capo-sala"
che gentilissimo, con garbo e savuarfeir, sottolinea la convenienza del menu
a prezzo fisso, ribadendone l'importo (peraltro ben riportato sui menu di
maschietti e femminucce).
Ecco appunto parliamo subito dei soldi: il bernardino non fa eccezione alla r
egola US del menu a prezzo fisso, ovvero la possibilità/obbligo di scelta di
4 piatti tra il menu, uno per ognuna della due categorie di antipasti (i "Quasi
Crudi e gli "Appena Toccati"), un main e un dessert. E qui viene il bello: 110$,
ovvero 70 eurini. Il primo che dice che si stava meglio quando c'era la Lira, je meno.
Si aggiunga una carta dei vini con ricarichi non eccessivi per un posto di
quella fatta, con una discreta sezione by the glass. (abituati al belpaese,
certe carte dei vini made in USA, allargano davvero il cuore con il respiro
internazionale che hanno che va ben oltre il "ci metto anche un vino cileno
che fa figo"). Torniamo a Ripert, il Nostro. L'apprendistato l'ha fatto presso le
migliori famiglie (Tour D'Argent, Jamin, di qual dal mar e Bouley, Palladin e
altri dall'altra parte).
Che Eric avesse talento e anche un po' di sboronìa lo si capì fin da quando
gli fu chiesto di passare da Sous-Chef a Chef de Cuisine il giorno stesso
della prematura dipartita del patron Gilbert: il Nostro accettò e decise di
riaprire il locale fin dal giorno successivo, all'insegna del più verace The
show must go on, che più yankee non si può. E poi. mantenere un ristorante
pluridecorato solo sul tema pesce, per me denota un certo ardimento e non
poca risolutezza. Ripert è davvero un mago del pesce. La materia è prima
è a dir poco strepitosa, le cotture (tutte peraltro leggerissime), le presentazioni
sono sinfoniche con forme e colori davvero commoventi. Tutto coi toni di chi
può permettersi una baldanzosa e sfacciata semplicità. Sono piovuti al nostro
desco, accompagnati da mani esperte nel caos (calmo) della sala:
-
Una tartare di tonno e erbe di benvenuto. Il tonno sottilmente stratificato
(sorry, traduco letteralmente, in amerikano suona meglio), la piccola baguette
tostata con il foie gras, l'erba cipollina e l'olio extravergine;
- La tartare di Black Bass (alias Boccalone alias, forse, ma chiederei
conforto, Branzino) in stile mediterraneo, con le olive gli agrumi, il
finocchio e la maggiorana;
- Il Bacalao, con un pesto di limone glacè, aglio dried, olio di mandorle e
chorizo;
-
Il Kindai Maguro, ovvero pregiato tonno a pinna azzurra nella versione
d'allevamento (sul menu è scritto chiaramente che non trattano il pinna
azzurra normale in quanto specie a rischio) con pomodori essiccati al sole e
olio di olive nere (nel senso di olio con un pesto di olive);
- Il codfish al forno con l'insalata di mango verde e la salsa di yogurt;
- Il Wild Striped Bass (ma quanti tipi di Bass hanno??) con gli scampi, gli
agnolotti di pomodoro confit, con una bouillabaisse consommé e una emulsione
al curry.
Come si può arguire, pochi orpelli, pochi cedimenti agli accostamenti
arditi, alle sushiate e sashimate varie, e pure alle descrizioni verbose. E
tutto ghiotto e soave. Ci hanno affiancato un austriaco Grüner Veltliner Steinsetz
dello Schloss Gobelsburg 2006 e un Meursault A.C. Mouches di Henri Germain,
millesimo 2004.
Glue Nic aka Bostik