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All'Osteria Bottega
Via S. Caterina, 51 - 40100 Bologna
Tel: 051 585111
Chiuso: Domenica e Lunedi
Data recensione: 10/2007


La prendo alla lontana. Per mestiere ospito di tanto in tanto stranieri,
prevalentemente amerikani, a Bologna. Immancabilmente tutti si sperticano
nel dirmi quanto bella sia Bologna. Da principio ritenevo fosse cortigianeria
poi ho compreso: loro conoscono la solita mezza dozzina di destinazioni
(RM, FI, VE, Siena, Volterra, ecc.) ma su Bologna non hanno nessuna idea,
nessuna opinione in sostanza nessuna aspettativa. Ecco il punto: Bologna
da il meglio di se se l'approcci senza aspettative.

Io invece sono arrivato a Bologna venti anni fa con una valigia piena di
aspettative: città vivibile e ospitale, a misura d'uomo, gente affabile,
cibo delizioso, le osterie. ahaa le osterie e Guccini e Dalla. E immancabile
è stata la disillusione. Ma ora capisco che ho sbagliato l'approccio. Non
aspettiamoci molto e Bologna ci sorprenderà. Ecco, se uno gira per questa
parte di città, via Sant'Isaia, via Frassinago, via Santa Caterina, via Nosadella
sappia che non avrà molto da fare o da vedere. Ma proprio perché uno non
si aspetta niente, ecco che questa parte di Bologna un po' nuova e un po'
vecchia, un po' cadente e un po' ben ristrutturata, con qualche angolo che
profuma di fiori e qualche altro di urina, saprà sorprendervi.

Tutto il pistolotto per dire che l'approccio al cibo bolognese dovrebbe,
ipotizzo, essere simile. Dimentichiamoci 100 anni di storia sulla "grassa" e
malinconiche leggende sul "come si mangia bene qua". Non aspettiamoci molto
e Bologna, forse, un po' alla volta, senza fretta, ci sorprenderà anche lì.
Se con questo spirito camminiamo per la zona di cui sopra e se con questo
spirito entriamo all'Osteria Bottega la sorpresa è garantita e la commozione
sarà più che probabile. Entrare all'Osteria Bottega significa andare a casa di
Daniele Minarelli. Un paio di lustri fa la mia prima visita al Dandy di Minerbio, il locale
storico del Minarelli. Uno di quei posti dell'hinterland bolognese caratterizzati
da 6 mesi di nebbia e 6 mesi di zanzare: fu una folgorazione.

Ho fatto in tempo a tornarci entusiasticamente solo un paio di volte.
Poi un giorno, surprise surprise, mi ritrovo, al posto del Minarelli, il
Marretti. Il Marretti poi è andato via anche lui, credo per lo più a cucinare con la
Clerici in tivvù, per poi approdare qualche mese fa anche lui in centro a
Bologna, in Piazza Aldrovandi, quasi sotto il serraglio, di San Vitale, un
torresotto meraviglioso che appartiene alla cerchia di mura interne di
Bologna, vecchie di quasi mille anni.

Torniamo al Nostro. Dal Minarelli della Bottega ci sono già stato poco dopo
l'inaugurazione. Anzi ero pure passato di soppiatto il giorno della prima,
rubando un cubetto di mortadella. Come dicevo Via Santa Caterina sta in
una parte di Bologna interessante, un po' buia e fuori dai percorsi turistici
classici, nonostante sia in pieno centro medioevale. Il posto è, e come se no?,
sotto i portici. Io abito a 200 metri in linea d'aria, negli altri casi il parcheggio può
essere un problema. Magari invece un'occasione per lasciare la macchina
fuori porta e fare due piacevolissimi passi.

OSTERIA: Con buona pace di Guccini, Dalla e soci, ormai da una ventina
d'anni a Bologna "Osteria" è sinonimo di fregatura. Un po' come dire
"ristorantino sui Navigli" una quindicina di anni fa a Milano. Non vale per
l'Osteria Bottega però. Il posto è convenientemente spartano con qualche
tratto da revival (la bilancia e l'affettatrice rosse della Berkel) e qualche
tratto più sobrio. Tavoli e sedie molto basic da vera osteria (fortunatamente),
bicchieri invece non proprio da osteria (fortunatamente). Stupefacenti le dimensioni
mignon del locale, dove ci sono solo 6 o 7 tavoli, ed anche piuttosto
stretti. Va da se che la prenotazione è obbligatoria.

All'ingresso dopo una lunga attesa senza che succeda nulla (è un'osteria
vera, ragazzi!) arriva vulcano-Minarelli, che comincia a decantarti le
diverse opzioni, qualche volta a importele. Si principia con quello che è
davvero il pezzo forte, ovvero i "salumi misti". La presentazione delle varie
opzioni norcine è a tal punto coinvolgente e appassionata che, per quanto
fuori standard, vien da rispondere: ci porti tutto. E tutto sia:

Salame di mora ruspante, Culatello e fichi, Salsiccia "preparata da noi",
Spalla affumicata, Mortadella di Pasquini, Crudo di Parma 36 mesi con osso
delle antiche cantine Luppi (come ha detto qualcuno "un prosciutto che
risveglia un ricordo di sapore lontano e che riporta indietro nel tempo").
Questa signori è la Bologna delle favole, questa è l'Emilia. Raramente viene
da associare, come in questo caso, la parola tradizione a qualcosa di
assolutamente positivo. Le danze proseguono con gli esemplari Tortellini,
rigorosamente in brodo, brodo rigorosamente di cappone o (anzi "e") le
Tagliatelle alla cipolla Cipolla tipica di Medicina, che è un'amena località e non
un farmaco.

Ancora il Cosciotto di maialino da latte, il Coniglio con le patate
(menzione speciale), la Cotoletta alla bolognese (la finiamo di cuocere nel
brodo di cappone). Annaffiamo con Lambrusco poi Barbera e poi Merlot, tutti
rigorosamente locali. Tutti rigorosamente poco memorabili, ma tutti rigorosamente
appropriati. La cuenta, por favor: 220? in 4, con bevande e caffè.
Ma una scelta un po' meno "esaustiva" porta di siuro a una cifra inferiore.
Chiudo, ispirato dal decimo comandamento di Vizzarri, dicendo che
"Minarellli non è nè genio, né artista ne attore. È un valente artigiano.
Evviva"


Glue Nic