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Al Trivio Campiello del Trivio, 11 - 38068 Rovereto (TN) Tel: 0464436414 Orari : 12-14.30 / 19-22 Chiuso: lunedì E' gradita la prenotazione Data recensione: 10/2006 Ambiente: Per questa cena a due abbiamo selezionato il ristorante “Al Trivio” nuova proposta nella realtà gastronomica trentina. Il locale è situato in pieno centro a Rovereto laddove gli spazi e l’ambiente architettonico borghese riecheggiano una sontuosa Venezia del ‘700. Ci infiliamo in uno di quei viottoli che ci paiono delle vere e proprie calle, alla ricerca del nostro ristorante, anch’esso ben inserito in questo incantevole, seppur un po’ retrò, stile veneziano. Entriamo. Pur essendo di recente apertura (dicembre 2004) il grande uso del legno (ciliegio credo) sia per le pareti che per gli arredi e le fogge quasi rinascimentali di lampade e lampadari lo rendono un po’ kitch. I tavoli sono sufficientemente separati in modo da preservare la riservatezza degli avventori. Delicata la musica jazz di sottofondo. Ideali sarebbero state luci più soffuse in modo tale da creare maggiore intimità. Tavola: Tovagliato giallo in raso. Sontuose posate in acciaio fan da cornice ad un sottopiatto trasparente. Una scarna composizione floreale ed un minimale portacandele in ferro battuto completano l’addobbo della tavola. Degno di menzione è l’utilizzo di porcellane diverse per ogni commensale e per ogni pietanza. Un vero piacere per gli occhi. Servizio: Ben curato in linea con la categoria del locale. Ineccepibile, professionale fin dai primi momenti, più volte a turno maitre e cameriere (a proposito un gran bel pezzo di figliuolo mi è stato detto) ci hanno rabboccato il calice. Forse fin troppo servizievoli, ma ripensandoci val ben la pena farsi coccolare un po’. Cucina: la scelta è buona. Il menù alla carta annovera numerose variazioni per ogni portata, tanto che ogni avventore trova sempre (la) propria soddisfazione. Un menù a 360° dove le specialità del territorio trovano spazio accanto a pietanze più insolite (inusuali, ardite, innovative). C’è la possibilità di tuffarsi in un piccolo menu di pesce ( 3 portate a € 24,00 ) od assaporare le gioie di un menù degustazione ( 5 vere portate a € 30,00 ). Nonostante, solitamente il menù degustazione venga servito esclusivamente se preferito da tutti i commensali, ci viene permesso di optare sia sul menù degustazione (la mia compagna) sia sul menù alla carta (io), potendo così saggiare una più ampia varietà di pietanze. Come apertura il menù degustazione contemplava delle praline di coniglio con polentina di patate: morbide le polpettine, saporite. Delicata la polentina; la salsa magistrale: d’obbligo è la scarpetta. Unico appunto un eccessivo uso di olio (d’oliva extravergine chiaramente). Io ho diretto la mia scelta d’entrata verso un carpaccio di tonno con cavolo cappuccio e salsa di capperi; squisito, forse leggermente freddo, se vogliamo cercare il pelo nell’uovo. La salsa di capperi ha reso incredibilmente gustosi anche i cavoli. Il primo piatto del menù “fisso” prevedeva in realtà 2 pietanze ben distinte. Delle tagliatelle fatte in casa al misto di bosco e salsiccia (gradevoli e saporite a detta della mia lei) e degli stragolapreti al burro versato e grana trentino. 3 “gnocchi verdi” di dimensioni generose ricoperti da scaglie di grana, rigorosamente trentino, di media stagionatura. Che dire ….. eccezionali, sotto ogni punto di vista; assaporando questa portata, ci si rende conto di come alle volte per fare un buon piatto non servano chissà quali fantasiose alchimie. Sotto una intrigante “crosticina” frutto d’una leggera passata in padella l’impasto era straordinariamente morbido. Da parte mia, proseguendo questo meraviglioso viaggio gastronomico nei piatti di mare ho optato per dei ravioloni alla coda di rospo e mascarpone e salsa ai crostacei. Delicati, forse troppo per uno come me che ama i sapori forti. Anche qui l’unico neo è sulla salsa: troppo unta. Non mi è dato sapere se l’olio è stato aggiunto a freddo a piatto ultimato o se la salsa non è stata legata correttamente. Passando ai secondi il menù degustazione prevedeva un petto d’anatra scaloppato con mele caramellate alla grappa e tartufo del Monte Baldo. Il piatto, pur essendo destinato alla mia metà, mi è stato “girato”, attratta, infatti, da una “tavolozza di formaggi e miele d’acacia”. Il petto d’anatra sinceramente lo credevo più morbido, ma essendo alla mia prima esperienza in tal senso, non ho termini di paragone. Squisite le mele, intrigante la salsa al tartufo del Baldo. La possibilità di gustare formaggi particolari è uno dei nostri ultimi amori e la presenza in lista d’una tavolozza di formaggi è un richiamo per noi irrinunciabile. Che c’è di meglio d’una proposta di formaggi particolari accompagnati, in questo caso da un miele d’acacia ma in alternativa da mostarde o marmellate e d’obbligo da un bel bicchiere di vino rosso importante. E’ uno di quei piaceri che ti riconciliano con la vita….. 7 assaggi 7! Da consumare categoricamente nell’ordine prestabilito. 5 vaccini (un puzzone di Moena, uno affinato nel fieno, uno nella cenere, uno nello champagne, ed un erborinato), 2 caprini uno freschissimo (simile ad una burrata) e un altro leggermente più lavorato (più affine ad una ricotta). Degustati da soli o accompagnati dall’ottimo miele d’acacia; le maggiori soddisfazioni sono state tratte all’unanimità dal caprino freschissimo e dall’erborinato. Se ancora ci ripenso un brivido alla schiena mi pervade. Una goduria per il palato. Una cena di siffatta importanza non poteva discernere dal dessert. Ed ecco quindi un tortino tiepido di grano saraceno con marmellata di prugne e gelato al malaga ed una mousse al cioccolato amaro “Domori” e salsa alla arancia. Buono il primo. Perfetto sarebbe stato il tortino più basso (più simile ad una tartelletta che ad un muffin) o con uno strato di marmellata in più in modo tale da renderlo meno pastoso. Ottima la mousse ove l’utilizzo di uno dei migliori cioccolati al mondo fa sentire il proprio peso. Non gradisco particolarmente la salsa all’arancia (per gusti esclusivamente personali) ma l’abbinamento qui è un cult. A chiudere il caffè accompagnato da una piccola pasticceria (8 piccoli biscotti di pasta secca) e un amaro (offerto) scelto fra una vasta offerta. A corollario di tutto ciò va ricordato il pane fatto in casa. Buono anche se non eccezionale. Fosse mantenuto caldo/tiepido da uno scaldavivande ne gioverebbe senz’altro. Cantina: più che sufficiente se non si hanno grandi pretese. Nell’ottica dell’insieme può apparire limitata nel numero di etichette (circa 40/50) qualora consideriamo agli obiettivi che il locale sembra prefiggersi. Netta predominanza di bottiglie di produzione locale (tra cui spicca il San Leonardo Tenuta Guerrieri Gonzaga - varie annate). La nostra scelta è caduta si un Moratel 2004 della cantina Cesconi di Pressano. Un uvaggio Merlot 42%, Cabernet F. 22%, Cabernet Sauv. 20%, Syrah 8%, Teroldego 8% con leggera affinazione in legno. Pieno al gusto leggermente persistente. Un buon vino che ci ha accompagnato per tutto il nostro viaggio culinario. Giudizio finale: più che buono. Un rapporto qualità-prezzo interessante. Un menu degustazione, un antipasto, un primo, un secondo, un dessert, una bottiglia di vino Moratel 2004, una di minerale e 2 caffè a € 89,00. Cosa mi ha entusiasmato: il carpaccio di tonno, gli strangolapreti e la tavolozza di formaggi, Cosa non rimpiango: il petto d’anatra (anche se forse una prova d’appello potrebbe essere concessa) ed i tortelloni. Come già sopra segnalato, l’eccessivo uso d’olio d’oliva ne ha minato il gusto delicato. Degna di nota, infine, la presenza nel sito di riferimento delle varie proposte con i relativi prezzi, atteggiamento apprezzabile nei confronti di chi ha sempre un occhio di riguardo al portafoglio. Ai vari menù presenti vengono apportate delle minime variazioni e in caso di mancato reperimento delle materie prime. Giovamik |