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Il Cantico Via Case Sparse, 4 (presso l'Abbaz. di S. Pietro in Valle) - Loc. Macenano - Ferentillo (TR) Tel: 0744 780005 Chiuso: Lunedì e per l'intero periodo (variabile) da novembre a inizio marzo Data recensione: 4/2007 Partiti per un paio di giorni per l'Umbria io e mia moglie puntiamo dritti, come tappa iniziale, verso Ferentillo piccolo comune della Valnerina, nei pressi del quale si trova l'antica abbazia di San Pietro in Valle. Ci accompagna mio padre che è di ritorno da Pisa verso le terre picene prima della sua annuale partenza per il semestre in Brasile e che ho convinto, per una volta, a seguirci in una positiva esperienza culinaria. Il posto è davvero incantevole e la vista dell'abbazia restaurata nei pressi della Nera ripaga tutte le fatiche del viaggio. S'era prenotato per le 13,30 e arriviamo con ben tre quarti d'ora di ritardo, ma al telefono, mentre continuiamo ad avvicinarci per strade tortuose, ci rassicurano che, specie di domenica, non ci sono problemi di orario con la cucina. Entrati ci ritroviamo nell'unico ambiente, una lunga saletta rettangolare, con non più di una trentina di coperti. C'è anche una minuscola salettina contigua, un poco appartata, ma con un solo tavolo. L'ambiente è ricavato dalle cantine dell'abbazia, con la caratteristica volta tutta in pietra. L'apparecchiatura è elegante, quasi "minimale" con gli scuri e quadri sottopiatti in legno. Ci accoglie il papà dello chef con le carte con l'elenco dei piatti ed un prosecco del quale non ho visto l'etichetta. Purtroppo non trovo in carta la degustazione di fiume e lago che avevo letto nel sito web (gamberi di fiume, anguilla, bottarga di trota e altre delizie) ma è presente quella che riporta "i sapori" e dunque scegliamo tutti e tre questo elenco di portate presentato a 45 euro. Nell'imponente carta dei vini trovo ricarichi molto contenuti; come da tradizione scegliamo un vino della zona e ci orientiamo verso un Sagrantino di Montefalco Colpetrone 2001 in carta a 40 euro. Arriva subito un piccolo saluto della cucina: una ciotolina di fagiolini del Trasimeno (piccoli fagioli tondeggianti e saporiti) con tenerissime cotiche di maialino da latte. Poi una insalatina di coppa di maiale alle arance ed olive. La "coppa" nella zona umbro marchigiana è un particolare insaccato (di solito nella tela) fatto di "scarti" del maiale quali muso, orecchie e altre parti non propriamente nobili. A seguire arriva l'altro antipastino: sella di coniglio farcita con pistacchi di Bronte. Buona e buona l'idea della farcia con il fegato del coniglio assieme ai pistacchi. Quindi il primo piatto: ravioli di faraona in salsa di patate. Noto subito il colore della sfoglia, giallo/arancio acceso, tirata sottile, e all'assaggio il perfetto equilibrio della delicata salsa con il ripeno di faraona finemente frullato con i suoi stessi sughi colati nell'arrostitura (la spiegazione me la darà più tardi lo chef). Un piatto eccellente giudicato all'unanimità dai miei commensali e da me dopo pochi assaggi. Si passa al secondo piatto del menu degustazione: la suprema e coscia di piccione. Anche qua l'importanza della materia si nota (piccioni della zona lasciati liberi e nutriti senza "artifici") ma anche la perfetta cottura che rende la carne morbida e non asciutta. Il piccione era accompagnato da uno sformatino di cicorina di campo in un piatto doppio rettangolare; notiamo che per ogni cosa l'attenzione al dettaglio e alla presentazione è da locale di livello. In attesa del dessert ci viene portato in un piccolo bicchierino da liquore d'osteria una mini zuppetta inglese squisita nel suo apparente aspetto banale. Infine ci arriva il dessert: un semifreddo ai fichi "Girotti" ripieni di noci e cioccolato con salsina di finocchio. Qua l'appunto (ma è proprio da pignol i perché in generale appunti veri e propri in questa esperienza non ce ne sono da fare) è sulla salsina di finocchio coperta dagli altri sapori, quindi troppo debole. Per il dessert chiediamo un calice di vino e ci viene aperta una boccia di "Vin Santo" Palazzola, molto ambrato; è prodotto in zona sebbene il vin santo possa far pensare ad una toscanità presunta. Terminiamo con il caffè che ci viene servito con piccola pasticceria e cioccolatini. Il tutto, compresa la pasticceria e il pane, è prodotto "in casa", tranne la pasta secca che è Latini di Osimo, come si può leggere dalla carta. Il conto totale per tre persone: 200 euro. Nel dettaglio: 3 menu degustazione a 135 euro 1 Sagrantino Colpetrone 2001 40 euro 3 caffè 4,50 euro 3 calici Vin Santo 12 euro servizio 10% 19,10 euro totale 210 arrotondato a 200 euro (acqua non in conto). Nel piccolo racconto non ho inserito un dettaglio molto importante: la gentilezza, disponibilità e affabilità del giovane chef e del suo papà con tutti i clienti. La nostra chiacchierata, soprattutto al termine del pasto, oltre alla pura chiacchiera su amicizie comuni (mio padre riesce sempre a trovare amici ascolani comuni in qualunque parte del mondo...) è servita a rivelare la passione di questo chef con le sue spiegazioni sui piatti, sulle invenzioni, sulle convizioni relative alle materie e alla sua terra. Pochi i coperti, ma secondo me l'equilibrio sta lì: allargandosi la faccenda sarebbe complicata per mantenere questa altissima qualità artigianale. I prezzi sono contenuti senza dubbio e la spiegazione me la fornisce ancora direttamente lo chef: per lavorare in un posto così fuori mano solo pochissimi (e uno noto è lì nei pressi, stimatissimo dallo chef stesso) possono osare alzando il tiro e le ambizioni. Insomma questo è uno dei luoghi da "santificare" per un rapporto qualità/creatività e prezzo davvero rari. FabMind |