Uno e Bino
Via degli Equi 58 -00100 Roma
Tel: 06-4460702
chiuso lunedì
Data recensione: 09/2006
Scrivo queste righe a una certa distanza di tempo dalla serata (giugno).
Il locale si trova a S.Lorenzo, una zona zeppa di pub, pizzerie (alcune
storiche), kebabbari, ristorantini senza pretese ma tutto sommato onesti.
Un amico fidato che lavora nel settore dell'alta ristorazione mi consiglia
assolutamente di andarci, entusiasta del menù da poco presentato dal
giovane chef.
Siamo in cinque. Il locale è arredato in maniera molto semplice e modesta
ma c'è grande ordine e grande sobrietà, il che lo fà apparire più
confortevole e bello di quanto forse non sia. Tavoli ben distanziati.
Tovagliette di cartapaglia e apparecchiatura minimal (armoniosa e ordinata
ma men che ordinaria). Lo chef viene ad accoglierci. Tutto il tavolo decide
per il gran menù. Scorriamo appena la carta dei vini, di cui nulla posso
dirvi. Arriva il maitre/patron/sommelier. Poiché il menù scelto spazia
molto come sapori e materie, ci propone una degustazione al bicchiere.
Accettiamo, precisando (*importante*) a chiare lettere che non abbiamo
né
la competenza né la passione per scegliere delle bottiglie dalla carta.
Cestino di pane con panini caldi di vario tipo (quattro-cinque), con
cereali, noci, integrali.
Come appetizer un bicchierino di gazpacho accompagnato da una polpettina
di
panzanella. Praticamente gli stessi sapori e ingredienti proposti in due
temperature e consistenze diverse. Molto fresco (ovvio) e profumato.
Tartare di gamberi gobbetti. Mai assaggiati prima i gamberi gobbetti.
Incredibile uno cosa puo' perdersi. I gamberi, crudi, sono tagliati a
cubetti e composti in un tortino, con alcuni grani di sale grosso,
vagamente aromatizzati all'aneto. Il blu dei gamberi è usato a mo' di
salsina. Molto bello il risultato cromaticamente. Materia prima
spettacolare. Piatto eccellente.
Sformatino di baccalà e patate. Non ricordo esattamente. C'era un gioco
di
temperature diverse con il baccalà e le patate disposti a strati, non
ricordo quale freddo e quale caldo. Una salsa gustosa e molto decisa
ricavata dalla pelle del baccalà completava il tutto. Appena una
spolveratina di bottarga di muggine. Anche questo piatto strappa più di
un
entusiasta commento.
Maltagliati al nero di seppia con seppioline, guanciale di cinta senese
e
crema di piselli. Le seppioline sono in parte cotte in parte crude,
disposte sui maltagliati insieme alle fettine di guanciale croccanti,
la
crema di piselli fà da fondo. Forse la vetta della cena. La perfetta
armonia e l'equilibrio del piatto quasi deludono il gusto, preparato
dall'occhio a qualcosa di stravagante. Veramente difficile trovare un
difetto, ancora di più commentare positivamente. L'impressione è quella
di
un piatto "necessario", scontato, e allo stesso tempo quella di avere
davanti il risultato di una grande cucina.
Tortelli di pecorino con pomodori datterini confit. Si vira verso sapori
più decisi (perfette, fin'ora, la "progressione"). Sfoglia sottile,
pecorino romano sciolto all'interno, appena colorati da un intingolo
piuttosto unto. Anche qui, anzi qui più che mai, sensazioni familiari
ma in
veste del tutto nuova. E' possibile esaltarsi per dei pomodorini? In alcuni
casi sì.
Piccione. Mai assaggiato prima d'ora il piccione. Difficile commentare.
Da
fettine di petto erano stati ricavati dei minuscoli involtini, accompagnati
da pancetta di cinta senese, le coscette confit. Poco posso dire, se non
notare una gran cura.
Due persone al posto del piccione prendono una tartare di spigola con
erbe
aromatiche. Giusto una forchettatina per appurarne (per il pesce ho un
palato abbastanza sensibile, abituato troppo bene da anni e anni di bazza
per essere cresciuto in mezzo a pescatori) l'assoluta freschezza.
Piramide di cioccolato. Primo dessert molto semplice, una piramidina
tronca, una crosta di cioccolato fondente che racchiude del gelato al
cioccolato di ottima qualità. Nulla da eccepire.
Mousse di tabacco da pipa con scaglie di cioccolato e gelatina di rhum.
Un
bicchierino di mousse dal sapore improbabile ma alla fine accattivante.
Sopra uno strato di gelatina di rhum in cubetti. L'aroma del tabacco è
netto e lascia un piacevole pizzicorino in gola, in parte smorzato dalla
grassezza della mousse. I cubetti di gelatina di rhum ne sono il "naturale"
complemento. Gran dolce. Anche qui sapori nuovi ma non stravaganti,
accostamenti insoliti (per me) ma non difficili. Accompagnato da un
bicchierino di rhum di cui mi decantano le qualità ma che non ricordo
cosa
fosse e, in ogni caso, non sono in grado di apprezzare.
A chiudere un mini-bicchierino fuori programma di gelato di pistacchi
di
Bronte ("dovete assolutamente assaggiare questi pistacchi"). La
quintessenza della pistacchitudine. Son un fan del gelato al pistacchio,
raramente ne ho assaggiati di migliori.
Il conto riporta, a testa, 55 euro per il menù degustazione e 31 euro
per i
vini. Non ci sono altre voci (acqua, coperto, pane). Nostro errore, certo,
non aver chiesto il costo della degustazione di vini, ma avendo precisato
in partenza che non eravamo particolarmente interessati né esigenti, ci
sembra francamente un prezzo eccessivo. Durante la cena abbiamo bevuto
un
calice di bollicine (l'unico che ricordi, Tasca Almerita 2004), due
bianchi, un rosso molto corposo, un passito. Non poco, ma trentuno euro
a
cranio sono trentuno euro a cranio.
Dal punto di vista della qualità della cucina lo consiglierei a chiunque.
L'impressione generale, spero si sia capito, è quella di una cucina che
spazia senza voler stupire, crea senza voler "inventare", un atteggiamento
che apprezzo molto, sia dietro ai fornelli che come filosofia di vita.
Dal punto di vista del rapporto qualità/prezzo avrei più di qualche appunto
da fare. Sarà che sono un morto di fame ma quando supero una certa soglia
di prezzo (50€) certe cose incominciano a darmi fastidio. E così la
tovaglietta di carta paglia, le posate scrausette, la ragazza che serve
ai
tavoli, caruccia, gentile, ma che non parla bene italiano e non sa
descriverti cosa ti sta servendo (salvo poi correre con solerzia in cucina
a informarsi), l'impianto di condizionamento non efficiente, la piccola
sbeccatura di un piatto, tutte queste cose non mi vanno più giù.
Mi sta bene voler fare buona cucina in una zona non votata tradizionalmente
alla ristorazione di qualità, mi sta bene anche l'ambiente da "osteria
ripulita", ma gli 86€ a testa alla fine "stonano" un po'.
Comunque, la crew è entusiasta e piena di buoni propositi, il giovane
chef
si sta dando da fare alacremente, la nave sembra andare. Se vi capita
di
farci un giretto fatemelo sapere, anche perché Giovanni (lo chef) è
qualcosa di più di un mio buon conoscente e ci terrei a metterlo al
corrente di altre più illustri impressioni.
Adamski
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