Taverna del Bronzino
Via delle Ruote, 27/R 50129 Firenze
tel. 055 495220 (è meglio prenotare !) -Fax 055 4620076
chiuso Domenica ed Agosto per ferie
Data recensione : 09/2006
Sono un cliente di questo ristorante ormai da troppi anni, praticamente
da quando aprì nei primi anni ’80, e secondo me la fama di questo locale
è dovuta al fatto di essere sempre stato gestito da professionisti sia
in sala che in cucina: voglio menzionare per tutti il grande Piero Bartolozzi,
un amico oltre che una leggenda nella ristorazione fiorentina, nato professionalmente
in quello che fino dagli anni 30 era il “ristorante” di Firenze, il grande
Sabatini, dove tutti i professionisti fiorentini del settore (sala e cucina)
sono cresciuti maturando classe e bravura (oggi è andato un po’ giù, purtroppo).
Andato Piero in pensione da qualche anno il locale è di Umberto Rabotti,
anch’egli patron di prima grandezza e professionalità, assistito da una
brigata di persone (Stefano, Fausto, Mario, Daniele …) ben selezionate
ed all’altezza sia ai fornelli che ai tavoli. Deve il nome al pittore
fiorentino Bronzino ed è ubicato in un palazzo del Cinquecento, in una
strada a ridosso dei viali di circonvallazione, pressi Stazione, dove
trovare un parcheggio è praticamente impossibile (ma vicino qualcosa si
trova) con una capacità di 80/90 coperti distribuiti in due luminose sale,
climatizzate ed abbellite da colonne e particolari originali dell’epoca.
La cantina è una chicca, si può chiedere di visitarla, addirittura per
qualche cliente è stato addirittura servito il pranzo o la cena là sotto
! Dimenticavo, non si può fumare (con grande dispiacere di mia moglie,
io ho smesso ormai da qualche anno). Il locale si presta molto bene sia
a coppie o famiglie sia a colazioni/cene di lavoro (professionisti, banche
e società fiorentine sono clienti fissi), banchetti per ricorrenze ed
è segnalato alla clientela straniera dai migliori alberghi della città;
in occasione di fiere, mostre ed esposizioni è molto noto e comodo da
raggiungere anche a piedi dal polo espositivo, quindi la prenotazione
è altamente consigliata onde evitare spiacevoli viaggi a vuoto (a questo
riguardo mi ricordo che l’amico Piero diversi anni fa in occasione di
una mia dimenticanza mi sistemò a cenare su una fratina del Trecento detta
“il tavolo di servizio” situata all’ingresso davanti agli armadi guardaroba
!), l’ atmosfera è comunque molto confortevole, informale e professionale,
tutto il personale di sala parla correntemente inglese e francese e si
presta di buon grado a spiegare i vari piatti descrivendoli ai turisti
sia italiani che forestieri in maniera corretta e precisa.
I tavoli, forniti di comode sedie, sono circolari e disposti ad una conveniente
distanza l’uno dall’altro: è evidente che si è voluto privilegiare la
comodità e la riservatezza a scapito di qualche coperto, come invece ci
capita di vedere ancora oggi in tanti ristoranti di nome dove dei tavolini
quadrati sono a pochi centimetri tra di loro obbligando il cameriere a
spostarli per consentire alla persona di poter andare a sedere dalla parte
del muro (e si deve sussurrare per parlare dei fatti propri . . .). Tovaglie,
stoviglie e posate all’altezza, con calici adeguati per i vari vini, che
se necessario vengono scaraffati nel decanter con abilità e mestiere
Le toilettes sono piccole ma pulite, dotate - finalmente ! - di asciugamani
in luogo degli orrendi e quasi sempre guasti soffiatori di aria calda
tipo autogrill, dalla cucina non provengono odori o rumori né gradevoli
né sgradevoli, a riprova di una corretta struttura organizzativa: dato
fondamentale, in quanto tutti i piatti di cucina sono “fabbricati” espressi
subito dopo l’ordinazione da parte del cliente, eccezion fatta per salumi
o crudité o dessert, che vengono serviti direttamente dal carrello portato
al tavolo. La carta presenta dei piatti fissi (tra cui un risotto con
funghi squisito) ed una parte che viene aggiornata periodicamente in funzione
degli ingredienti di stagione, con carne o pesce freschissimo: il tipo
di cucina è essenzialmente classica con qualche toscanità (crostini di
fegatini, bistecca o filetto ai ferri, fagioli di Sorana) e tutti i piatti
sono presentati molto bene, con fantasia ma senza stupide leziosità. Le
porzioni sono tali da soddisfare sia educande che appetiti robusti, quindi
eque senza scadere nel troppo o nel troppo poco, la carta dei vini da
pasto e da dessert vasta e ben assemblata, con ricarichi (ahimé !) di
conseguenza: hanno anche qualche vino a bicchiere, un’ottima abitudine
che permette di accostare ad ogni vivanda il giusto bere.
Detto tutto questo passiamo alla descrizione del pasto di sabato scorso
con mia moglie: come ci sediamo un calice di spumante secco Montelera,
ella inizia con delle triglie in cartoccio di pasta di pane e coulis di
pomodoro fresco (a detta di mia moglie squisite, ben fatte e saporite)
mentre il sottoscritto “ripiega” su due assaggi, tagliatelle con ovoli
e ravioli ripieni di piccione con salsa al tartufo, strepitosi ! La signora
prosegue con un carpaccio di filetto con parmigiano mentre io vado su
un filetto all’ alpina (griglia e cappella di porcino) eccellente, accompagnato
da dei fagioli di Sorana squisiti: a questo proposito Umberto saggiamente
provvede ormai da qualche anno ad arricchire la carta con cibi da presidi
Slow-Food, quali questi fagioli, il tarese (un salume caratteristico del
Valdarno) e l’agnello (con relativo pecorino) di Zeri, una vera leccornia.
In stagione anche del culatello da urlo o dell’ottimo prosciutto “bazzone”
della Garfagnana, stagionato 24 mesi e pur tuttavia morbido come il burro.
Abbiamo chiuso con dei mirtilli dell’Appennino al naturale, seguiti da
un caffé ed un whisky PD (grande scelta di liquori, tutti eccellenti,
frutto dell’esperienza di Umberto maturata quando lavorava sulle navi),
il tutto innaffiato da mia moglie con del Sauvignon toscano Masi ed io
da un Chianti dei Colli Senesi di giusta gradazione (finalmente solo 12,5°
!) per un conto di Euro 120, strameritati, considerando tutto: l’ambiente,
il servizio, la qualità dei cibi e delle bevande. Averne di posti così
a Firenze … credo sia l’unico posto dove si possa ancora mangiare il cervello
di vitella fritto, un classico della cucina toscana che oggi è stato quasi
completamente dimenticato.
Colazione effettuata il 2 Settembre 2006.
Alessandro
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