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Ristorante Sacro Monte
13019 Varallo Sesia (VC)
Tel. 0163.54254
In famiglia, calcolate tra i 25 e i 30 ?.
Data recensione : 08/2006


L'Italia è un paese strano.
Trovandosi ad essere un giacimento naturale di Tesori di ogni tipo, vuoi
nel Paesaggio, così come nella Storia, nell' Arte, spesso è più
misconosciuta ai suoi abitanti che agli stranieri i quali, dai tempi di
Goethe e Lord Byron, ne hanno tramandato la fama di "Bel Paese", meta
prediletta di Grand Tour spesso sognati, a volte realizzati, proveniendo
dalle più diverse latitudini del Globo terracqueo.
E vi sono delle enclave, quindi, che, al di fuori delle scontate e
irrinunciabili Piazze S.Pietro o S.Marco, si rivelano all'occhio in tutto
il loro splendore, oggetto invero dell'attenzione più dello straniero che
dello stanziale.

A Varallo Sesia ci siamo capitati abbastanza per caso, attratti all'ultimo
momento (eravamo diretti altrove) da un insegna di tale "Sacro Monte",
indicato tra l'altro come uno dei Patrimoni dell'Umanità, e come tale
posto sotto l'egida dell'Unesco.

Da vedere, questa "Piccola Gerusalemme", voluta nel '600 per vicariare
impossibili pellegrinaggi in una Terrasanta martoriata, ora come allora,
dagli incroci tra Storia e incomprensioni di varia Umanità.

Beato l'occhio e lo spirito, la solita volgare panza si presenta al
declinar del giorno per reclamare il suo pedaggio al fine di traghettarci
felici da una giornata all'altra.
E qui scatta il busillis. Quando ci si trova con pargoli al seguito,
abbastanza vivaci tra l'altro, bisogna fare delle scelte che possano
mediare Palato e Qualcosaltro, quel qualcosaltro inteso anche come sottile
linea rossa in cui, tra le varie opere di geniducatori, vi sia anche
quello di disinnenscare i potenziali pavloviani dell'uso a frequentare,
tra compagni di scolaresca recidivante, maccdonaldi assortiti o pizzerie
di incerta virtù.

E arriviamo quindi ai locali per famiglie, di cui è anche giusto parlare,
qualche volta, buoni sia per assecondare le basse pulsioni
villo.intestinali, ma capaci pure di elevare a virtù il piacere di gustare
piatti anche semplici e non troppo elaborati.

L'Albergo Sacro Monte, con uso di Ristorante, è stato creato all'uopo,
all'inizio (o alla fine) delle 45 stazioni dedicate al Culto e alla
Storia, per dare ostello e ristoro a pellegrini di varia fatta.
L'ambiente è sobrio e piacevole, con una impostazione a cavallo tra '800 e
'900.
Vi è una grande Sala a vetrata in cui ci starebbero bene gli interni di un
film di Resnais, oppure un'altra, più dedicata alla meditazione gourmand,
con ricca dotazione di legno e antichi rami alle pareti.

La fauna è tra la più disparate.
Soggetti più o meno arzilli della quarta età; coppie di lungo corso venute
ad ossigenarsi al fresco e lontane dalla pazza folla; così come famiglie
more or less italian speaking, alcune griffate da trekking che ti giro il
mondo, altre in versione più normale, da gita fuoriporta.

Il Servizio al tavolo è gestito in maniera molto gentile e puntualmente
efficiente dal sorriso di Patrizia, mentre la Famiglia Perrone, Chef Giuan
in testa, veglia da generazioni che tutta la baracca funzioni a dovere.

La proposta è piemontese, nei sentieri della tradizione; a volte, infatti,
è anche giusto ripassarsi i fondamentali per capire la realtà vera di un
territorio e la sua storia.

L'esordio è buono sin dall'inzio con un trionfo di Salumi che si fanno
apprezzare.
Segnaliamo, in particolare, un Salame della Duja con i peperoni e i
cipollotti dello Chef.
Per quell'unico lettore giunto sino a questo passo, ipotizzando magari che
sia di Stromboli, può essere utile ricordare che il Salame della Duja è
quell'insaccato che, un tempo, veniva messo ad affinarsi in un vaso di
coccio, la Duja, e ricoperto con strutto fuso.
Buono l'impasto, piacevole l'abbinamento con il contorno evidentemente
preparato nella casa madre.
Ottima anche la Mocetta di Camoscio in salsa Walser.
Premesso che i Walser sono un'enclave di origine germanica presente sin
dal '500 nell'alto Piemonte, il piatto va letto come un arricchimento
dell' affettato con miele, senape e noci.
Una curiosità . etnica, anche se non vi abbiamo tratto spunti particolari.

Ci viene ricordato che le paste vengono fatte e tirate a mano in casa, e
quindi ci buttiamo su delle Lasagnette della Valsesia con Toma e Funghi.
Buone, come si usava nei roaring '60 dell'Italia del boom e di Mike
Bongiorno, un po' sostenute anche da un lieve sentore di aglio che rende
il piatto simpaticamente un po' vintage.

Buoni anche i Taglierini al Ragù di Cervo e Timo, in cui la filosofia di
base è la medesima.
Cucina di sostanza, poca attenzione, forse, ai moderni birignao delle
preparazioni con millanta ingredienti, forse è anche per questo che è il
Timo a farsi ricordare di più quando il piatto è a tentazione di
.scarpetta.

Ma il famolo strano è arrivato anche qui, con delle Lunette alle Mandorle
con Broccoli e Taleggio.
Abbiamo apprezzato di più il condimento che l'insolita, per quanto
curiosa, farcia.

Tra i secundis irrinunciabili le Lumache alla moda dello Chef Giuan.
Di onesta fattura, come si direbbe: una bella dozzina su cui armeggiare
non solo di cucchiai e uncinetti gasteropodi, pucciando il tutto nei
pozzetti del piatto.
Per noi le migliori rimarranno sempre quelle ai 23 aromi del fu "Salisà"
di Conegliano, ma qui l'amarcord è stato piacevole, pur se non ci hanno
saputo precisare se il passaporto era targato Cherasco e dintorni.

E dato che viaggiamo vintage ci siamo tolti una curiosità che da qualche
decennio non allietava più il nostro palato, ed ecco allora un bell'
Affogato al Caffè, in cui dolce era lo sbatocchiare la pallina di vaniglia
all'interno della sua piccola e nera piscina di vetro.

Un'esperienza piacevole, in un locale certamente Old Fashion, e non solo
per gli arredi e gli interni, ma caratterizzata da una piacevolezza, una
cordialità spontanea del servizio che, nel contesto generale, anche di un'
esperienza che si potrebbe pure definire un po' datata secondo i criteri
di Palati scafati e à la page (ma con il rischio di rimanere più o meno
affrancati da percorsi di storia patria e quotidiana), ha reso il desinare
piacevole, e questo non solo per gli "attempati" genitori, ma anche per i
3 sbarazzini che hanno capito, ancora una volta, come si possa godere, e
di gusto, senza il ricorso globalizzante et anonimo ad hamburger, patatine
e salsa ketchup..


Sararlo