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La Zucca
Regione Bolco, 7 28891 - Arola (VB)
Tel. 0323.821114
Apre la Sera, anche a pranzo sabato e festivi.
Solo i fine settimana a Gennaio e Febbraio
Chiude Lunedì e Martedì. Ferie Variabili.
Data recensione : 08/2006


Il Lago d'Orta è una delle chicche dell'Italia minore che, una volta
conosciuto, non abbandonerete più all'oblio viandante.
Vedere stagliarsi, magari all'ombra del tramonto, l 'Isola di S.Giulio è
uno dei piaceri della vita alla . Mastercard, così come perdersi per i
vicoli di Orta San Giulio, piccola enclave meno famosa certamente delle
varie Stresa o Cernobbio, ma a cui non ha niente da invidiare.

Ecco, adesso penserete che andremo a parlare di Tonino Cannavacciuolo,
frontman di una Villa Crespi che ha dato molto, se non altro sul versante
Gourmand, al rilancio di Lago e dintorni.
Acquetta, perché stavolta abbiamo buttato l'occhio, e poi il palato,
sull'altra riva.
Potreste arrivarci anche a nuoto, tanto è vicina.

Arola è poco più che un'espressione geografica.
Arola avrà, si è no, qualche centinaio di abitanti (289, per la
precisione).
Arola non la vedete neanche, da Orta San Giulio, a meno che non sappiate
prima che, in linea d'aria, è esattamente (o quasi) dietro un'altra
meraviglia minore di questo Lago enclave: la Madonna del Sass.
Ecco allora che potete circumnavigare questo Lago salotto a nord, via
Omegna, oppure a Sud, passando per la Gozzano del Poeta crepuscolare.

Se proprio volete togliervi la soddisfazione di una puntatina alla Madonna
del Sass, sappiate che ne vale veramente la pena. La visione che potete
avere di Orta e della Isola Giulia è unica: pare di affacciarsi dal
balcone di casa.
Tempo qualche minuto e Arola è vostra e, come cenerentoli, prendete posto
a sedere nella Zucca . ma tranquilli, poi non è come nella favola. Al
divertimento non seguirà l'ansia si alzarsi prima dei dodici rintocchi: la
Zucca resterà tale e piacevole anche dopo, fino al vostro prossimo ritorno.

La Famiglia Beltrami gestisce e custodisce questa chicca golosa da 38 anni.
Siamo già alla seconda generazione e la terza si sta preparando,
sorridente e cortese tra i tavoli.
Una garanzia.

Interni gradevoli, curati, senza essere pretenziosi.
La Cantina occhieggia in fondo alla Sala, avviluppata in una conturbante
luce rossa che ne accentua la promesse gioiosamente tentatrici.

Si comincia subito bene, con un Pane di segala alle noci e fichi che, pur
personalmente refrattari a rinunciare ad un Piatto a fronte di pur ottima
pagnotta, ci induce in tentazione; cosa che si ripeterà, poi, all'arrivo
del vassoio più normale, da panem quotidiano.

Le proposte sono tutte curiose, indice in particolare di un legame con il
territorio e le sue filiere abbastanza solido, pur con qualche piccola
divagazione, come ad esempio il Lardo di Arnad messo a dialogare con
Castagne di varia fatta.
Potete infatti accoppiarlo, su pane di segala tostato, sia con una Crépe
alle Castagne, che con un di loro Miele presentato su ciotolina dedicata.
Due o tre sono pure lì, nude et crude, anzi, bollite.
Effetto piacevole, sia per l'assemblarsi delle diverse componenti, che per
la presentazione giocosa e con un tocco di fantasia.

Reduci da noti Carpacci lagunari ci siamo fatti incuriosire da un insolito
Carpaccio Caprino con Miele alle Noci.
In realtà il gioco poteva sembrare già rodato e da fine pasto, Cacio et
miele per intenderci, laddove giovane toma caprina era stata passata da
chirurgico taglierino amanuense sì da renderla sottile e ... carpaccia,
appunto.
Piacevole il gioco, anche qui, e per entrambi il baloccarsi con ciccia
vuoi lardosuina che caciocaprina permette di entrare in armonia con i
rispettivi frutti di apicoltura non certo e non solo mielosa, ma di
sostanza artigiana.

Se il Pane è fatto in casa con maestria è lecito aspettarsi legittima
coerenza congruente alle Paste relative.
E infatti gli Agnolotti alla Piemontese sono in linea con una tradizione
dell'Alto Novarese, ora anche verbano, laddove la riduzione d'arrosto
recita rigorosamente di Manzo, Vitello e Maiale (poco, si narra); mentre
in lande più risaiole o langarole può entrare in gioco invero anche il
cortile, con polli e roger rabbit ruspanti.
Lasciamo ai puristi e autoctoni la percezione delle sfumature. Noi abbiamo
trovato ruvida eleganza (nella pasta) e sostanza (nel ripieno e relativa
riduzione).

E saltando da Agnolotti a Ravioli, la tradizione contadina di mezza
collina si conferma, con dei Ravioli in verde, appunto, impastati e
farciti con Bieta, Salvia e Spinaci. Qualche petalo di Tuma buttato lì e
là generosamente, fa apprezzare questa Cucina che si rivela piacevole
nella sua completezza.
Non solo i Piatti sono gradevoli a indicare passione e dedizione, ma anche
il servizio al tavolo è discreto quel tanto che basta, ma pronto a
liberarsi in puntuali spiegazioni laddove richiesto da papille e
polisensorialità assortite e curiose.
Cucina leggera, dicevamo, pur se di sostanza, & . why not allora farlo
strano con una Zuppa di Cipolla con Toma della Valdossola (presentata a
galleggiare su pane abbrustolito)?
Ottima, soprattutto nell'assemblaggio che deriva dalle varie componenti .
chissà se è un segreto della Cucina far uscire il piatto talmente caldo
che bisogna aspettare minimo un quartodora, a meno che non sia un sottile
accorgimento, anche dietetico, per permettere di gustarlo al meglio
metabolizzando, nel frattempo, quanto assimilato sino ad allora.

Sui secondi ci sarebbe da spazzolare senza ritegno; ad esempio si narra di
un Tapulone che sa di ciuco (e di storia, ma ve la racconteremo a tempo
debito) e quindi, programmando già un ritorno ancora più mirato,
veleggiamo un po' generalisti, con un Filetto di Manzo con Prugne e
Riduzione al Ghemme.
Si viaggia Fassone, senza fallo, e si conferma quanto già detto in
precedenza: vi è attenzione alla materia prima, levità nel proporre
abbinamenti che, pur non scontati, non puntano nemmeno all'originalità a
tutti i costi.
Chiaramente è un bel procedere, dall'acidità prugnotta alla solidità
fassona, passando per il viatico di un Nebbiolo targato Ghemme, appunto,
anche se, invero, nel condurre la tenzone in Cantina, avevamo chiesto un
Nebbiolo di altra schiatta, più difficile da raggiungere se non si è
autoctoni... e parliamo del Nebbiolo Prunent, un 2003 by tale Garrone,
vignaiuolo in Domodossola, chissà se lontano discendente dell'eroe
deamicisiano.
Due parole, perchè le merita.
E' noto che il Nebbiolo è un' uva versatile, che può reggere anche le
colture in altura.
Di Etichette conosciute ce ne sono, in altre zone, ma al nostro palato
mancava quella particolare enclave compresa tra la Val d'Ossola e la Val
Vigezzo in cui, anche per le caratteristiche locali, i vini erano sempre
stati tradizionalmente abbastanza scorbutici per palati non residenti e
non assuefatti. Ebbene, sembra che, in quelle lande, con un passato
storico, tra l'altro, di pusher enoici verso la vicina Svizzera Ticina,
adesso l'occhio (e la tecnica) si siano resi attenti ad un mercato
possibilmente più vasto e quindi, a nostra richiesta, il Beltrami ha
saputo assecondare curiosità autoctona.
Un vino interessante; un po' ruvido al primo impatto, con una buona nota
di acidità e sentori di frutti di bosco sul lungo bere.
Una curiostà, peraltro difficile da ritrovare censita anche negli
almanacchi dedicati.

Arona è ad un tiro di valle, e quindi Guffanti e le sue creature sono
tentazioni plurime e recidivanti ma, a vedersi presentare "IL" Carrello
del Dolce .naufragar d'allappo, ci si concentra in iperglicemica
attenzione.

Ci era pur stato preannunciato che i Dessert venivano preparati espressi,
ma pensavamo ad una normale parade di Carta. No, qui la parade è vera,
completa ed esplicita, manco fossimo all'ultimo giorno del Carnevale di
Rio o in Sala Perbellina, uscita Scaligera Sud.

Di tutto, di più: bello a vedere, non solo per architettura et
composizione, anche di colore, ma perché le tentazioni sono veramente
plurime e assai.

Andando molto di sintesi.
Quello che, per un trevigiano, è blasone consolidato, qui è rielaborato in
varie versioni, manco fossimo nell'atelier dell' Autodelta. Al bicchiere
potete trovare: Tiramisù regular (ma, con la ricotta), con Cioccolato e
Rhum oppure, ottimo, con Chantilly e Caramello.
In tazzine Illy vi potete "bere" al cucchiaio il classico Bonnet, quello
che marita assieme cioccolato e amaretto: ottimo pure quello.
Se siete impenitenti potete trastullarvi con delle Gelatine di Frutta,
oppure con della Frutta sciroppata in grappa o anche fare un eccellente
harakiry glicemico con una Ciotolina di Zabaglione che, pur resuscitando
certamente i morti, dovrebbe seppellire invece definitivamente i vostri
pudori di coscienza. se li aveste ma, dato che la risposta non può che
essere lapalissianamente negativa, voilà un ammaraggio morbido su dei
Fichi macerati in aceto e zucchero: non solo curiosi, ma pure boni.

Presi oramai da delirio d'annunziano, siamo ulteriormente sprofondati nel
piacere orgasmolettico fiutando voluttuosamente un Ebaluce di Caluso e un
susseguente Moscato da vendemmia tardiva di cui, anche per esaurimento dei
byte mononeuronali, non abbiamo fatto in tempo a scannerizzare il dna di
etichetta.

Chissà, forse i dodici rintocchi non erano passati, o forse sì. La Zucca
tale era rimasta, dalle pareti intatte; la nostra 56 drop corto pure e la
creatura bavarese, là fuori, poggiava ancora saldamente sui suoi cerchi da
17".
Non era cambiato quindi nulla dal nostro arrivo, tranne che ci siamo
divertiti in maniera inusuale, molto coinvolgente per un locale anche a
dimensione di scorpacciata familiare, non solo di fine Palato Gourmet e
quindi, all'uscita, il pensiero era unico ed inevitabile: a quando la
prossima?


Sararlo