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Osteria del Verrazzano
Piazza Boiardo 1 42019 Scandiano (RE)
Tel. 0522.984813
Data recensione : 12/2005


L'idea iniziale è quella di provare la cucina del ristorante il
Portone, uno dei più vecchi ristoranti di Scandiano. Arrivati in
piazza Fiume, nota fra gli abitanti del centro con il nome di piazza
padella, ci rendiamo conto che il Portone è chiuso. Optiamo per
l'Osteria di Scandiano situata nella vicina Piazza Boiardo. Ci
accorgiamo poco dopo che anche questo ristorante è chiuso. Non resta
quindi che l'Osteria del Verrazzano sul lato opposto della stessa
piazza.

Decidiamo di dare una seconda possibilità al ristoratore del
Verrazzano. La nostra prima visita a questa osteria del centro fu
infatti abbastanza deludente, anche se per un nostro errore nella
scelta delle pietanze. Prendemmo un antipasto di bruschette,
decisamente eccessivo come quantità, che ci saziò immadiatamente
senza darci la possibilità di provare altre pietanze. Ricordo che
rimanemmo anche insoddisfatti per la spesa che ci sembrò eccessiva per
un pasto basato completamente su bruschette.

Ecco quindi il resoconto della nostra seconda visita al Verrazzano che
devo dire, almeno per la cucina, mi trova molto più soddisfatto.

Entriamo nel ristorante, completamente deserto alle 13 di giovedì 29
dicembre 2005. Il titolare, nonchè cuoco e per l'occasione cameriere
è al telefono e parla a voce alta girando per la sala con in mano il
suo cordless che terrà sempre in tasca per tutto il tempo della nostra
visita. Ci spiega, dopo aver interrotto la comunicazione con l'altro
interlocutore, che stava parlando con un impiegato della banca ed
esprime un giudizio cotrariato riguardo questa categoria di lavoratori.

Subito dopo si presenta in modo scherzoso e bonario dicendo: "Questo è
un locale brutto, dove si mangia maleeeeee e il ristoratore è
cattivissimo!". Poi diventa serio e cordiale e ci dice cosa c'è di
pronto in cucina. Il menù è orientato verso una cucina toscana
tradizionale. Saltiamo l'antipasto e optiamo per una porzione di
gnocchi di patate da dividere in due, una tagliata di chianina con
l'osso e contorno di patate al forno. Per quanto riguarda il vino ci
spiega che nel suo locale di paga quello che si beve. Commenta: "A
parte vini costosi come Brunello, Amarone ecc. se vi apro una bottiglia
e, se ne bevete metà, pagate mezza bottiglia". Poi ci propone una
mezza bottiglia di Chianti Classico della cantina del Verrazzano
D.O.C.G.. Lo assaggio e accetto di finire il contenuto della bottiglia.

Il titolare si dirige a passo svelto in cucina tuttavia, prima di
entrare, ci spiega che il taglio di carne che abbiamo scelto era di un
vitello che pascolava allegramente nell'Appennino Tosco-Emiliano,
macellato 10 giorni prima in Toscana. Poi esprime qualche giudizio
riguardo la categoria dei veterinari lasciando intendere una eccessiva
severità nelle norme che regolano la macellazione nel nostro Paese.

Dopo pochi minuti ci serve gli gnocchi. Veramente ottimi. Di piccola
fattura, circa la metà rispetto a quelli ai quali siamo abituati in
Emilia. Morbidi e conditi con un sugo veramente molto buono. Quando
torna l'oste chiedo un chiarimento sugli ingredienti del gustosissimo
sugo. Mi spiga che il condimento è fatto con i criteri della cucina
povera di una volta: con fegato e magone. Veramente fantastici.

Nell'attesa della cottura della tagliata l'oste, forse incoraggiato dal
mio interesse per gli gnocchi, ci intrattiente spiegandoci un po' la
filosofia del suo ristorante. Ci spiega che è di origini fiorentine e,
dopo aver girato il mondo a bordo di navi da crociera, ha deciso di
aprire il Verrazzano nel 2001, proponendo nella cucina il suo ritorno
alle origini. Poi torna in cucina per curare la cottura della tagliata.
Al ritorno continua il suo discorso rigurado la cucina che propone.

A questo punto il ristoratore è un po' amareggiato: vorrebbe proporre
la vera cucina toscana, quella povera, fatta non di fiorentina ma di
ingredienti poveri. Tuttavia, spiega: "...ci ho provato ma alla
clientela non piace, perchè tutti identificano la cucina toscana con
la fiorentina...". Il titolare del Verrazzano prosegue il suo discorso
sottolineando il fatto che si reca personalmente dai singoli produttori
di fiducia per procurarsi gli ingredienti base delle sue preparazioni e
nelle singole cantine per procurarsi il vino accuratamente selezionato.

Subito dopo ci serve la tagliata guarnita con patate arrosto. Il cibo
è disposto ordinatamente su un vassoio apoggiato su una graticola
riscaldata da 3 piccole candele. Mentre gustiamo la deliziosa tagliata,
tenera e saporita l'oste prosegue il suo monologo, parlando della
clientela che abitualmente frequenta il suo locale. Il ristoratore
esprime soprattutto giudizi negativi. Prima parla di un gruppo di
ragazzini che in 8 ordinarono una bottiglia di Brunello di Montalcino e
spiega che lui, certe bottiglie, le apre con la sua compagna e il suo
migliore amico aggiungendo: "La plebaglia deve bere la roba della
plebaglia". Poi parla di una serie di clienti che, avendo ordinato
pietanze molto costose e bottiglie di particolare pregio, si sono poi
lamentati ingiustamente per il prezzo eccessivo.

Aggiunge poi: "Se uno viene qui e mi chiede i cappelletti con la panna lo mando via calci nel
culo, ma se mi chiede i cappelletti in brodo glieli servo con il brodo
di cappone preparto come si deve...". Poi parla di persone note in
paese, delle quali non ha fatto nome, che hanno pranzato al Verrazzano
e successivamente hanno sparlato ingiustificatamente della sua cucina.
La conversazione continua per tutta la durata del pasto interrotta
ripetutamente da telefonate principalmente di persone che chiedono la
disponibilità di un tavolo per la serata di capodanno. Le
conversazioni telefoniche si svolgono sempre in prossimità del nostro
tavolo (ricordo che siamo gli unici clienti del locale). Fra una
conversazione telefonica e l'altra continuano i commenti dell'oste
sulla clientela. Racconta un aneddoto: "Ero in cucina e mi vedo
arrivare una comanda orientata al risparmio. Noto però che i clienti
avevano ordinato una bottiglia da 40 euro. Sono andato in sala e ho
chiesto ai clienti: -la cameriera vi ha detto quanto costa il vino?-
Vista la risposta negativa, ho detto, bevete pure tranquillamente il
vino lo paga la cameriera".

A fine pasto il ristoratore, molto gentile, ci propone di visitare il
resto del locale. Felici di questa opportunità lo seguimo verso il
semi-interrato. Ci mostra una spendida saletta decorata alle pareti con
scudi dal sapore medioevale. A fianco si sviluppa una bella sala
stretta e lunga con il soffitto a volta. Sul fondo una porticina
conduce alla cantina. L'oste ci offre il privilegio di visitare anche
questa parte importante del locale e ci mostra le varie bottiglie
presenti. Ci mostra anche un angolo dove sono conservate le bottiglie
più preziose che l'oste vanta di offrire ad un "pubblico personalmente
selezionato".

Nel suo discorso il titolare del Verrazzano aggiunge di essere in grado
di capire, osservando il cliente, quale vino sia indicato per lui e
quale invece non si debba assolutamente proporre, facendo riferimento
soprattutto al prezzo delle singole bottiglie.

La nostra visita al Verrazzano si conclude con una spesa complessiva di
52? e una calorosa stretta di mano del loquace proprietario con tanto
di scambi di auguri di buon principio.

La mia conclusione della seconda visita al Verrazzano è la seguente.
Il ristoratore ha dimostrato di saper svolgere il proprio mestiere e
anche bene. La cucina che propone è di alta qualità e il filo
conduttore delle varie pietanze proposte dal menù è interessante. Il
costo delle diverse pietanze e dei vini, molti dei quali di ottima
qualità, non è eccessivo. Il servizio al tavolo è rapido. L'unica
nota negativa è che il ristoratore parla, ma soprattutto "sparla" un
po' troppo. Certo un po' di colore non guasta. E' anche una questione
di gusti, il ristoratore può risultare simpatico ad alcuni e
antipatico ad altri. Un famoso aforisma di Talete postato su max-b.org
da Lisa recita così: "Gli Dei hanno dato agli uomini due orecchie e
una bocca per poter ascoltare il doppio e parlare la metà". Non si
offenda il ristoratore, ma credo che dovrebbe seguire maggiormente
questo aforisma e dedicarsi più al suo mestire verso il quale ha
dimostrato di essere portato.


Max-B
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