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Osteria Luciano Dall'Armi
Castelli di Monfumo (TV)
Tel. 0423 - 560010
Chiuso il mercoledì
Data recensione : 11/2005


E' appena trascorsa la notte delle stelle e viene di conseguenza pensare a
quanto sia cambiato il gastromondo italiano.
Ventanni or sono, more or less, Gualtiero Marchesi fu il primo tristellato
nazionale; poi seguirono altri, magari altalenandosi di brillante coccarda
transalpina, fino a marchiarne l'ottavo, ieri, anche se di matrice
cruccante.

Ma, in questo universo cangiante, c'è qualcosa che non è mutato, che si è
mantenuto saldo ad una tradizione che ha visto passare per i suoi tavoli
almeno tre generazioni di autoctoni per non parlare del resto: gitanti in
visita pedemontana, vuoi dalla Serenissima laguna come dalla dotta Città
del Santo.

Parliamo dell'Osteria Luciano dall'Armi, in quel di Monfumo, comune a tiro
di schioppo (è proprio il caso di dirlo, almeno in stagione) dalla
blasonata Asolo, già sede vescovile, storico buen retiro di un certo gotha
internazionale e ora nota per il suo mercatino del brick a brack d'annata.

Da fuori, torniamo all'Osteria, pare uno di quei tanti ostelli
acchiappagitanti della domenica come ne è costellata la pedemontana sino
alle pendici del Grappa. Invero, dall'entrata, cogliete qualcosa di
diverso, qualcosa che ne spiega il passaparola costante e continuo di
generazione in generazione, guide's free.

La Cucina è a vista, ma protetta "dal vero", che, in autoctono, significa
ampia vetrata, antiproiettile (qua si caccia ognidove e ognisempre)e
antischizzi, vuoi del poppante seduto in sala, come della siora dall'Armi
alle prese con sughi e pignatte.
Anzi, per solidarietà, ad una cert'ora, in questa ideale vetrina-palco
culinaria vedete pure la famiglia desinare di quanto anche a voi viene
servito. Abile tecnica di strategia comunicazionale per dirvi: fidati!

C'è una certa italica tradizione per cui, con attenzione, trovasi a volte
locale eletto a monoproposta, vuoi di frattaglie, vuoi di minestre o anche
di soli dessert. Qua, senza neanche tanto spremer di meningi, vi potete
percorrere una intera ... Cipollalonga.
Ma, a questo punto, tanto vale spiegarla meglio.

All'ouverture vi potete trovare gli affettati (due) però della casa doc.
Una Soppressa veramente degna di tale nome, tanto che, a fianco della
licenza sale e tabacchi posta a tergo della cassa, si specifica pure
origine, concia e stagionatura familiare de à creatura.
Anche la Coppa è degna comare d'insacco, ma la Soppressa merita, senza
fallo, ai quattro palmenti.

Ad accompagnare tali dame, sottaceti che non sono nè della saclà e
tantomeno di quattro salti in salamoia: leggi Cipolla (e daje che si
comincia) così come peperoncino. Buoni. L' assenza di conservanti vari li
riconduce, nel gusto, a decodificazioni papillari che vi riportano ai
tempi del sillabario e del pennino con l'inchiostro [ebbene sì, siamo baby
boomers della prima infornata :-((].
Poscia vi proporranno le tagliatelle, ma poichè non sono della casa e non
sappiamo neanche di che ditta, lasciatele perdere, sia che si tratti di
funghi o pummarò.

Buttatevi invece con doppio salto carpiato su di un piatto che, per
questioni di galateo non propone più nessuno: lo Sgombro con la cipolla.
Ecco, diciamo che, se venite achì con la strategia di "concretizzare" già
al primo acchiappo, ebbene, andate in pizzeria. Qui vengono coppie già
consolidate dal tempo o dagli inevitabili figli che, in genere, seguono.
Mirabile, davvero, un'esperienza da provare, come il pani cà meusa in
Vucciria plena.

Nel vostro palmàres avete già incoronato papille e derivati di craccosità,
alajmitudini e quant'altro...se non avete provato pure questo ne avete
ancora da pedalare per pignatte e tavole veraci.

In genere, per attutire...afflato di terra e di mare vi proporrano dei
pomodori, può capitare anche qualche...Cuore di Bue.
Tagliati in due con un sorriso a tutta polpa e 32 semi.
In stagione, deliziosi, con basilico fresco dell'orto dietro l'uscio;
altrimenti, tanto per essere coerenti, con cebolla oppure più discreti
capperi, che però non sono di Pantelleria..evabbè, non si può avere tutto
dalla vita.

Finito l'Onion Tour?
Macchè, e le frittate dove le mettete?.
Qui sono veramente speciali, chissà se usano ...il lievito madre.
Ve le portano su pignatta specifica, un po' come fanno ad Alicante con la
Paella. Solo che qui la pignatta è alta e la frittata pare quasi un
panettone.
2 Versioni: cabrio e diesel...no scusa, quelle sono le Bmw; ai formaggi
e....udite, udite, ma sì, con soppressa e cipolla.
Notevole, 'na frittata così non l'ha fatta manco la miglior Inter
morattiana.
Provare per credere, la frittata, tanto noi siamo dell'altra parrocchia
meneghina.
Il vino è della casa, ma non sa nè di legno, nè di muffe.
Quel "vino del contadino" di cui si è favoleggiato per lustri...qui è vino
vero, anche se senza etichetta e pedigree.

Bene, adesso non fate gli andreottiani che a pensar male ....no, la
Cipolla al dessert non c'è, manca! manco stessimo completando la raccolta
delle figurine Panini.

In compenso, dei biscottini della casa che non sono niente male. Magari
non di alta pasticceria; non siamo certo a livello dello scrigno da mille
e una calorie che vi offre Beck, ma fragranti e freschi, al contrario di
molte friandise galeotte che vi portano altrove assieme a conto e caffè
(ah, sì, approposito, qui dovete proprio scialare per superare twenty
level, quei ventieurazzi che vi possono scappare in men che non si dica
anche ad inzuppar di brioche e cappuccino in Via della Spiga).
Un locale per famiglie (capirete, passare la gitarella domenicale in
qualche tristellato non è invero cosa agibile per tutti), ma meta anche
mirata di nostalgici del "quand'ero ragazzino io"; potete incontrare
infatti un Ennio Doris (l'altra metà ...assicurativa di Arcore) in tenuta
casual così come qualche altro più o meno anonimo cumenda a rinvangar del
tempo che fu.

A parte la voluta caricatura che abbiamo presentato della Cipollalonga, i
piatti sono fatti decisamente con piglio originale e corretti nella loro
deontologica rivisitazione, anzi mantenimento di un' epoca e di un
atmosfera in cui, anche il solo uscire per la gita fuori porta, era una
conquista fatta di cose semplici e genuine, senza cristalli di Boemia e
tovaglie di Fiandra, magari con qualche stellina e canguro ad occhieggiar
d'insegna che fa tanto in da smart society, no soppressa&cipolla, si
rucola&sushi.
Un Panda, così, tanto per gradire.
In segula, segulorum. Sararlo.


Giancarlo Saran