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Ristorante Dal Pescatore Località Runate - 46013 Canneto sull'Oglio (MN) Tel.+39.0376.723001 Fax +39.0376.70304 Data recensione : 09/2005 "C'era una volta, tanto tanto tempo fa, in un paese molto lontano, una casetta vicino ad un piccolo fiume che attraversava le verdi campagne che univano la Lombardia all'Emilia Romagna, nella quale vivevano Nadia, Antonio e Whisky, il loro cane. Nadia ed Antonio si erano sposati, ormai da tanti anni, ed erano una coppia felice. Ad un certo punto, in quella loro casetta, avevano deciso di aprire un ristorante che, nel tempo, aveva ottenuto tanto successo. Antonio, un uomo alto ed abbastanza grosso, coi capelli ormai imbiancati dal tempo e che, a dispetto dell'apparenza, era timido e parlava sempre a bassa voce, si occupava della sala e della cantina; Nadia, donna minuta, dalla carnagione molto chiara e voce quasi flebile, preparava il mangiare in cucina, proponendo piatti molto legati alla tradizione ed al territorio. Il loro locale era molto conosciuto in tutta la nazione ed anche al di fuori di essa, grazie ai riconoscimenti che la stampa gli aveva attribuito, forse anche al di là dei suoi effettivi meriti gastronomici. Al Pescatore (questo era, infatti, il nome del ristorante di Nadia ed Antonio), si gustava una cucina davvero molto tradizionale, con interpretazioni dei relativi piatti ad altissimi livelli e materie prime difficilmente migliorabili. Mancava, però, quell'inventiva che, forse, è necessaria per fare sì che un locale possa essere considerato straordinario (lo erano, a quell'epoca, Marchesi, Vissani, Alajmo, Uliassi, fors'anche Pinchiorri), anziché "soltanto" ottimo. A parte questo, comunque soggettivo, rilievo, vi è da dire che, al Pescatore, si mangiava comunque bene e che cenare lì era, sempre, una bella sensazione anche grazie all'educazione, alla professionalità ed alla gentilezza di tutto il personale. Quella che proponevano Nadia ed Antonio era una cucina di percezione immediata, anche se dall'esecuzione tecnicamente molto buona, il che le permetteva di piacere più o meno a tutti. Per esempio, una sera di fine estate del 2005, il locale era quasi pieno di una clientela molto variegata: un tavolo di stranieri a festeggiare, qualche famiglia, persino con bambini, alla ricerca di un'ottima cena senza dover troppo spremere l'attenzione al seguito di ricette innovative ed impegnative, alcune coppiette assorte in una romantica esperienza in quel locale molto bello e di eleganza quasi insuperabile, un tipo seduto al tavolo da solo (si dice, ma sicuramente era solo un pettegolezzo, che fosse l'ispettore della Guida Michelin, nome in codice "Gigio"… sarebbe stato riconosciuto perché, ogni volta che Antonio gli rivolgeva la parola per spiegargli qualcosa inerente al pasto, lui rispondeva, gongolando: "ma cosa mi dici mai…?" toccandosi i baffetti con fare lievemente timido). C'era, infine, una coppia che parlava, ad uno dei tavoli vicini alle grandi porte a vetri che si affacciavano sul bellissimo giardino interno, dando la sensazione, tutto l'anno di mangiare immersi nel verde, in un'atmosfera molto rilassante. I due, amici, si conoscevano da poco ed avrebbero passato tutta la serata a discutere di massimi sistemi ma, tra tutti, furono quelli consumarono il pasto più interessante, scegliendo ed integrando (perché Antonio permetteva sempre a tutti di fare cambiamenti nei menu previsti) il cosiddetto "Menu della Campagna", contenente alcuni dei cavalli di battaglia storici del locale. La coppia iniziò ad assaggiare il benvenuto della casa: le scaglie di parmigiano fritte, però, pur sempre buone, erano meno convincenti di altre volte. Dopo un ulteriore benvenuto, che non si stampò nella memoria dei nostri due commensali, il primo piatto fu il famoso sorbir di agnoli, ovvero, come la bella carta delle vivande recitava, agnoli in brodo con lambrusco. Questa pietanza, di profonde origini storiche nel territorio, era davvero ben eseguita ma, rispetto alla tradizione del mantovano, gli agnoli avrebbero dovuto essere un pochino più grandi (almeno così disse lei che, di quelle terre, conosceva ogni angolo ed ogni storia e leggenda). Seguirono i ben eseguiti porcini con vitello al burro e rosmarino ed i tortelli di zucca: ahime, solo quattro di numero, ma i migliori tortelli di zucca assaggiati dal "lui" della coppia. Lei, però, forte della sua cultura gastronomica locale, notò un errore nella ricetta. La pietanza, descritta come "Piatto tipico mantovano con zucca, amaretti mostarda e parmigiano", in realtà avrebbe dovuto prevedere il grana e non il parmigiano. A parte questo, però, il sapore dei ravioli, la fattura della pasta e la riuscita del piatto erano, almeno secondo lui, di grandissimo livello. Seguì una buona zuppa di lumache con aromi dell'orto e tartufo nero d'estate e poi, ancora, un eccellente, se non di più, risotto con pesce gatto, verdure di primavera ed erba cipollina. Questo piatto era davvero da segnalare e consigliare per la sua originalità (non nel senso che non fosse tradizionale o legato al territorio, ma in quanto di rara esecuzione) e per la sua ottima riuscita: l'accostamento dei sapori era davvero stuzzicante anche per dei palati abbastanza allenati. Nel frattempo, di quando in quando, Antonio proponeva delle "chicche" dalla cucina (memorabile un prosciutto di prolungata stagionatura, offerto ai commensali dal piatto e da prelevare ed assaggiare rigorosamente con le mani), che rendevano ancor più piacevole il tutto. Mancavano, prima dei dolci, ancora pesce (un rombo con salsa mantovana, di buona qualità ma dai sapori, per la verità, troppo conosciuti per poter colpire) e carne (un morbidissimo cappello del prete di manzo al barbera e polenta gialla belgrano: di ottima qualità, eseguito perfettamente ma, a voler trovare anche qui un difetto, rappresentativo di sapori ed accostamenti molto diffusi). Saltarono, continuando a discutere, i formaggi (Nadia ed Antonio non lesinavano sulla quantità di cibo e sarebbe stato impensabile mangiare anche quelli) e si prepararono ad assaggiare il dolce: un eccellente soufflè all'arancia con coulis al frutto della passione per lei, preparato con tecnica sopraffina e delle, invece non eccezionali variazioni di cioccolato per lui. Il tutto, con pre-dessert, piccola pasticceria ed assaggi ulteriori (il migliore fu un pezzettino di semifreddo alla cassata con cioccolato) che Antonio faceva sì che, di continuo, allietassero la serata al pari degli altri "fuori menu" di cui parlavamo prima. Infine, nonostante i nostri si schernissero, Antonio offrì loro un memorabile Calvados ed una visita nella loro proprietà, dove, abbastanza di recente, avevano inaugurato anche una batteria di aceto balsamico tradizionale di Modena (il che, nel mantovano, non è chiaro come fosse possibile ma non importa…), nonché nelle piccole ma complete cucine, dove la timida Nadia li salutò chiedendo, con un filo di voce, cosa pensassero della cena. La serata, quindi, si chiuse per tutti quanti nel migliore dei modi, con un bel sorriso ed il caldo saluto di Nadia, Antonio e Whisky, che saltava nel prato. La nostra coppia riprese il cammino, contenta di come aveva mangiato ma, soprattutto, dell'accoglienza del locale e della bellezza della complessiva esperienza che, come sempre, si chiudeva coi larghi sorrisi di Antonio e di tutto il personale che, dopo avere fornito l'ottimo servizio, salutava sulla porta di uscita. Il Pescatore continuò a lungo ad avere successo, grazie a quella cucina equilibrata ed alla gradevolezza che, in ogni occasione, si poteva provare durante tutto il pasto. Antonio, Nadia e Whisky rimasero, quindi, sempre lì, dove ancora adesso li si può trovare, in quella casetta in mezzo al verde, dove continuarono a dar da mangiare ed a soddisfare chiunque avesse voglia di una serata di grande, anche se non grandissima, cucina e di raffinata e classica eleganza. E vissero tutti felici e contenti" "Che bella favola, nonno, grazie mille" "Figurati, ma ora dormirai come mi avevi promesso?" "No, dai, raccontami qualche altra storia…" "No, non si può, è tardi… dai, chiudi gli occhi" "Aspetta un attimo… nonno…" "Dimmi…" "Cosa ne è stato poi di quella coppia che aveva mangiato tutte quelle buone cose?" "Continuarono ad essere buoni amici… poi lei partì per l'estero e non se ne seppe più nulla; c'è chi dice che diventò una grande cantante lirica e che ebbe un grande successo in tutto il mondo, ma non lo si sa con certezza… lui, invece, tornò a casa e continuò la sua vita, scoprendone ogni giorno un pezzo e gustandola sino in fondo. Arrivò a capire l'importanza di tre verbi: accettare, rispettare ed aspettare. Li fece propri. Poi crebbe e si rinforzò interiormente, divenne un uomo, solido, sicuro di sé e capace di selezionare e rispettare le persone a lui vicine e poi, ancora, nel tempo si sposò e fu felice, tanto felice nonostante non sempre la vita sia allegra e di problemi ce ne siano di continuo, con la compagna della sua vita… costruì una famiglia, la "loro" famiglia, con due splendidi figli e, un bel giorno, nacque il loro primo nipotino che… ma… sei ancora sveglio?". Il nonno, che si era lasciato trasportare nel discorso sino a non accorgersi di non essere più ascoltato, non sentì alcuna risposta, si avvicinò al letto e vide il bambino dormire, con un respiro leggero che usciva dalla bocca non completamente chiusa. Sorrise verso il piccolo con tutta la tenerezza possibile e, cercando di non svegliarlo, si alzò per rimboccargli le coperte, un po' malfermo su quelle gambe che avevano ormai più di ottant'anni e tanti chilometri percorsi. Si tolse gli occhiali, ai quali ormai non poteva più rinunciare e chiuse il libro che aveva letto ad alta voce sino a pochi minuti prima… era scritto a mano e si intitolava "Il mio Diario". Accarezzò il bambino sui capelli, maledicendosi mentre lo faceva per non essere riuscito a trattenere questo gesto che, pur essendo d'affetto, avrebbe potuto svegliare il piccolo. Si rassicurò in merito al fatto che ciò non fosse avvenuto, spense la luce dell'abatjour ed uscì dalla stanza, per andare a letto, a raggiungere la donna della sua vita, "la nonna", come ormai, da quando era nato il primo nipote, tutti la chiamavano dimenticandosi quasi il suo bellissimo nome e tutte quelle straordinarie qualità che, troppi anni addietro, gli avevano fatto perdere la testa e che anche oggi la facevano apparire come illuminata di luce propria. Mentre stava per richiudere la porta, con la sola luce del corridoio ad illuminare in minima parte la piccola stanza, sentì, però, la voce del bambino… "Nonno…" "Si…" rispose lui, sapendo che, probabilmente, gli sarebbe toccato rimanere sveglio ancora un po' a causa del suo sventato gesto di poco prima. "Nonno, ma… cosa ne diresti se io, da grande, aprissi un ristorante come quello della favola?" "Ma che domande fai, specialmente a quest'ora? Comunque, non lo so, davvero non lo so… chiedilo domani alla nonna che è brava a cucinare. Ti dico solo che è una vitaccia… pensa che ti toccherebbe essere giudicato da strane persone che pubblicano le cosiddette "Guide", nelle quali danno voti ai ristoranti e scrivono schede anonime. Brutte cose… in ogni caso, hai tempo per decidere, tanto tempo… ora però dormi, buonanotte". Sorrise, accostando la porta, sospirò, si mise il libro sotto il braccio e, ringraziando Dio perché, ad 83 anni, riusciva ancora ad essere felice ed emozionarsi per le domande di un bambino, rivolse un ultimo grato pensiero a quella bellissima cena di più di quarant'anni prima e, infine, si mise a letto accanto a sua moglie che, come sempre, lo stava aspettando. La sfiorò con un bacio e le augurò la buona notte: si addormentò, sereno, accanto a lei, chiudendo gli occhi. Per l'ultima volta. JFSebastian |