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Al Rododendro
Via San Giacomo, 73 - Boves (CN)
Data recensione : 09/2005


Signore e signori, buonasera:
oggi, 4 settembre 2005, abbiamo commissionato un sondaggio avente ad
oggetto l'indicazione dei maggiori problemi della ristorazione di alto
livello in Italia. Dal test estrapoliamo e vi sottoponiamo alcune
risposte particolarmente significative.

1) Parla "nonna Antonina", 97 anni, di Villanova d'Albenga: "io nella
mia vita non ho mai creduto che si debbano spendere tante palanche per
mangiare, per cui di questa cosa dei ristoranti cari non ne so mica
molto. L'unica cosa che sento dire in giro è che ultimamente ci sono
tanti ristoratori che imitano uno spagnolo che fa tante cose strane come
farti mangiare il fumo. Belin, mi sembran tutti matti, tra un pò si
mangeranno anche la rumenta ....".

2) La parola passa a Goffredo, rampollo di 7 anni di una nobile famiglia
milanese: "io sono ancova piccolo ed i miei vecchi non mi povtano con
lovo quando vanno nei gvandi vistovanti. Il mio papy, pevò, mi dice che,
da un pò di tempo a questa pavte, tutti imitano il famosissimo Fevvan
Advià di Bavcellona. Il mio papy dice che lui è unico e che chi lo imita
fa una pessima figuvaccia ed il mio papy ha sempve vagione".

3) Eccoci ora ad Akira, giapponese, 27 anni all'anagrafe, di Kyoto ma
ora universitario in Italia. Per mantenersi agli studi, fa il
massaggiatore nelle spiagge dell'Adriatico: "io no sapeeeele, andale a
mangiale sushi se possibile con amici giaponeeesi, sennò cucinale a
casa. Ovviamente non flequentale listolanti cali pelchè avele pochi
soldi, ma quando sentile pelsone che massaggiaaale su spiaggia, lolo
dile che mangiale listolante molto calo e che moda essele seguile famoso
cuoco spagnolo… no licoldale nome, folse Adlià ma non scommettele…
spiacente. Salutaaaale. Papà, mammà… eheh!"

4) Tocca adesso a Mimmo, pizzaiolo di Sorrento di 39 anni: "noi vediamo
moltissimi turisti stranieri e tutti si complimentano per le nostre
pizze. Nessuno capisce perchè la cucina italiana si è persa agli alti
livelli imitando uno spagnolo ... come si chiama ... 'nnaggia fammi
chiedere… Antò... Antooò... puozza passà nu uaio ... Aaantooooò! Come
si chiamava quello spagnolo che fa iccosse strane? Adrià ... grazie Antò
... ecco come si chiamava ... scusate, ma voi lo sapete chi caspita è
questo Adrià che imitano tutti?"

5) Infine ascoltiamo anche il parere di Briciola, splendido spinone di
quattro anni: "Arf, arf! Adrià, buono! Woof, woof! Molto buono. Arf!
Arf! Imitazioni italiane grrrr, grrrr! Schifo! Bau, bau!"


Da questo sondaggio pare emergere che tutti, ma proprio tutti, sappiano
qual è il maggior problema dell'alta ristorazione italiana. Nonostante
l'ottimo punto di partenza fornito dalla storia, dalla tradizione e dal
recente passato, l'adozione di un modello diverso come quello fornito
dal più volte citato cuoco spagnolo sta portando ad una totale
spersonalizzazione della nostra alta cucina che vive (complice anche
l'istigazione delle Guide e delle riviste di settore, solo ora
tardivamente incamminatesi sulla strada del pentimento avendo lasciato
quella del sifone a tutti i costi, troppo frettolosamente scambiata per
quella verso Damasco illuminata a giorno dal faro catalano) di
scimmiottamenti nei confronti di un modello inimitabile, almeno qui in
Italia e, probabilmente, non solo.

Tutti lo sanno, si diceva, ma, per chissà quale motivo, poi nessuno fa
niente per salvaguardare i patrimoni della cucina italiana.
Parliamo, per esempio, del Piemonte:
(a) non è facile trovare un tavolo da Scabin, dove, alla presentazione
dei piatti inseriti nel menù creativo, mancano solo le torte in faccia
per far convincere un eventuale cliente alle prime esperienze che l'alta
cucina sia solo un modo diverso di chiamare il Circo;
(b) non c'è verso che vengano tolte le tre stelle al Sorriso di Soriso.
Se non lo dovessero declassare nemmeno quest'anno, inizierei a
sospettare che la Rossa usi Topo Gigio e Napo Orso Capo, come ispettori.
Eppure, in un piccolo angolo della provincia di Cuneo, a Boves, Frazione
San Giacomo, continua ad essere aperto il Rododendro che, al di là di
tutto, è attualmente, a mio parere, il ristorante col miglior rapporto
qualità/prezzo d'Italia.

Qui continuano a mantenere, con onestà e tenacia degne di segnalazione,
il menù degustazione (una volta venduto a 130.000 lire) a 70 Euro.
Oggi, vista la bella giornata ed un po' depresso dalla devastazione
della Franciacorta (oltre a quella di New Orleans, della quale non parlo
perché è tragedia vera), sono andato a trovare la signora Mary Barale in
quel di San Giacomo.

Abbiamo chiamato alle 10.30 ed abbiamo saputo che non ci sarebbero stati
problemi per un tavolo. Una volta non era così. Per i più giovani,
questo ristorante, alla fine degli anni settanta, quando ci andai la
prima volta, era consideratissimo dalle Guide ed era, a mio parere, il
migliore d'Italia (tale rimanendo, peraltro, molto a lungo).

Poi ci fu la disgrazia della perdita del titolare, marito della signora
Barale. Arrivò un bravissimo caposala, del quale ricordo solo il cognome
(Valinotti) ed il locale si mantenne ad un ottimo livello. Valinotti se
ne andò nel 1994 e la signora Barale, pur peggiorando l'assortimento
della cantina ed il livello del servizio, ha mantenuto, grazie alla sua
straordinaria bravura, le due stelle sino ad un paio d'anni fa (non che
io ritenga particolarmente rilevante l'attribuizione delle due stelle
Michelin, ma era un modo per dire che, oltre al sottoscritto, qualche
altro la riteneva sempre eccellente).

Poi, credo nel 2002, il declassamento a monostella, vissuto con estremo
equilibrio da questa signora schiva, probabilmente piegata dalla
sfortuna ma, allo stesso tempo, dotata di un talento ineguagliato dai
cuochi che ho sino ad oggi provato.

Anche oggi siamo stati deliziati dai grandi classici (ormai la carta non
la cambia quasi più…): fegato grasso d'anatra (peccato per il pane
d'accompagnamento, del tutto inadeguato), sformato di mais con scaloppa
di fegato grasso (sempre straordinaria) zucchina con fiore ripieno,
fonduta e tartufo (ottima), raviolini di funghi (la finezza della pasta,
ancora oggi, vale la visita), sella di coniglio e funghi fritti (ottimo
tutto, specialmente i funghi), formaggi (francesi e piemontesi),
semifreddo al cioccolato fondente con gelato allo zafferano (splendido),
semifreddo al torroncino e cornucopia.

Un pasto che, se non ci si porta dietro la tristezza da Overlook Hotel
(era questo il nome dell'albergo in cui si svolgeva Shining?) o, se
preferite, da Sunset Boulevard (in poche parole, se non ci siete stati
ai tempi dell'antico splendore o, comunque, se non vi fate prendere
dalla nostalgia), è tuttora eccellente e, se il benchmark sono gli altri
stellati, vale il doppio di quanto costa.

Però… però la sensazione è che si stia perdendo un patrimonio. Non so,
non lo so davvero, quanto si possa andare avanti con una sola persona a
servire in sala e, palesemente, pochi clienti.
A San Giacomo bisogna volerci proprio andare: sino agli anni ottanta,
trecento metri dopo il locale, la strada finiva… e, se di questo locale
non si parla, nessuno ci andrà mai.
Da quando frequento idr e il forum del GR non ho, praticamente mai,
parlato di una mia visita al Rododendro, se non con riferimento al
passato.

Cerco di rimediare, adesso, che sono appena rientrato e dal basso della
mia arrabbiatura, ribadendo che, pur se non siamo più nel miglior
ristorante d'Italia, qui, sino a quando ce la farà, opera la migliore
cuoca d'Italia, colpevole unicamente di avere avuto tanta sfortuna e di
non essere una self-promoter all'altezza delle sue capacità problema
che, a quanto pare, non coinvolge qualcuno in quel di Rivoli e di
Soriso. Sino a quando ce la farà...


JFSebastian