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L'Ami Louis
32, Rue de Vert-Bois 75003 Parigi
Tel. 01 - 4887 7748
Chiuso Lunedì e Martedì
Data recensione : 05/2005


Quando uno si siede alla tavola di questo evergreen parigino, capisce come
mai, proprio in Francia, è nata la nouvelle cousine trentanni fa.
Mi spiego meglio.

L'Ami Louis è uno dei locali storici della Villa Lumiere.
Ignorato dalla "Rossa" vive di passaparola urbani, extraurbani,
transoceanici.
L'amico fidato, nel segnalarmelo, lo cita come il pied a terre elettivo di
Sirio Maccioni quando approda all'ombra della Tour Eiffel, e, in effetti,
la presenza dello Zio Sam è forte, così come di parigini usi ad essere di
casa all'Eliseo o in un Faoubourg St.Honorè (la Montenapo locale).
Presenza straniera mirata altresì di fauna cosmopolita, tanto che qui
veniva a cercare ispirazione per la Grande Abbuffata anche tale Marco
Ferreri.

Per contrappasso, la cucina è bella e greve giusto per fare il verso ai
Messeguè, agli Chenot e alle taglie 40 di Valentino.
Gli interni sono suggestivi. Boiserie, Specchi ad oblo' che denunciano
un'età di chi ha visto passare senz'altro ai suoi tavoli un giovane Jean
Gabin o un ancora sottotenente De Gaulle.

I cappotti vengono gentilmente buttati sulle pensiline sopra i tavoli,
manco fossimo su un Orient Express in viaggio nel tempo gourmand.
La cucina è quasi a vista. Il personale vi guarda con la cortesia di chi
sa che siete voi a venire lì, e, comunque, se non siete voi sarà un altro.
Il sommelier, se così si può chiamare è un incrocio tra un còrso e un
marsigliese. Fa parte del gioco.
Si rimpiange un po' il buon Sirchia per un fumo che si aggira per i tavoli
e non sa di grillè come quello della cucina.

Tranci di baguette scottati alla piastra su cui potete gettarvi senza
pudore un panetto di burro ottimo.

Foie Gras delle Lande tagliato a fettazze uso Pasticceria viennese.
Il grasso attorno è ben rappreso e sodo, come il Foie che, non
ricordandavi quale sia la differenza tra il colesterolo buono e quello
cattivo all'esame di coscienza e di rimorso periodico...ve lo pappate tout
entier.

Volendo, trovate le Lumache alla Borgognona, in un trionfo d'aglio così
come delle Rane fritte in cui prima vi servono l'aglio e poi le bistecconi
gracidanti.

Ottime, tuttavia il ricordo di quelle dell'800, ad Argelato, è prevalente,
anche per un minor componente di contorno agliatico.
Sul piatto principale ci si può scatenare a volontà.

Vitello, in varie forme, compreso nella variante del di lui rognone
flambè.Porzioni generose, come nei ruggenti anni '50, dove bisognava
marcher vite per la ricostruzione post bellica.

Anatra in confit o piccione arrostito: mentre Aimo vi porta la bestia
nature, prima del passaggio su lo foco, qui vi fanno vedere il vassoio già
pronto, senza trucco e senza inganno, poi provvederanno lo ro a smembrarvi
piccione, quaglie o canard.

A seguire piramide ghiottona di patate fritte leggere e filanti, sembra
quasi come quelle montagne di zucchero filato delle sagre del patrono.
Piluccate un po' qua un po' la.

Al dessert, ammesso che la vostra cilindrata gastrica sia ancora in grado
di accettare rabbocco, potete deliziarvi con Fragole di bosco, Ananas al
kirsch o, come ha fatto il sottoscritto, delle Prugne all'Armagnac in cui,
di contorno, ci si ritrova con un Armagnac millesimato '69 (senza
allusioni)e dal nome evocativo: Domaine des Les Courreges (attenzione alla
pronuncia finale e non mettetevi in testa di tradurlo in
italiano...maccheronico).

In conclusione. Un'esperienza piacevole e divertente di quella che deve
essere stata la cucina tradizionale francese prima dei vari Bocuse,
Ducasse o Gagnaire.

Un'istantanea valida cinquantanni fa, come pure adesso, nel terzo
millennio, di applicazione pratica, al piatto, della civiltà materiale
tanto studiata dalla scuola di Braudel.

Piatti un po' grevi, forse, per palati evoluti da cucina molecolare e
creativa, ma con una loro personalità ben spiccata.
L'ambiente è divertente. Bella grente, come si dice, ma anche personaggi
di quotidiana ordinarietà di arondissement i più vari.
Del personale abbiamo già detto.

Considerate un investimento tra i 150 e i 200 Euro, che non è poco, ma per
un'esprienza che vi rimmarrà ben impressa nel vostro carnet di viaggio di
palati gourmand.


Sararlo