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Ledoyen
1, av. Dutruit - Carré des Champs Elisées, Paris (France)
Tel. 01.53.051.001
Data recensione : 12/2004


Poco dopo la Place Clemenceau in direzione Place de la Concorde, nei giardini sulla
destra si leva lo splendido padiglione che ospita questo ristorante
Chef : Christian Le Squer; Sommelier: Alain Loiseau
Guide 3 stelle Michelin ; 17/20 G&M

Giudizio personale: Questo é un ristorante di un tipo inesistente in
Italia non esiste, tranne forse l'Enoteca Pinchiori; un
ristorante-azienda che non vive della luce riflessa dal suo chefs, ma
di una sua propria forza e capacità gestionale che consiste
essenzialmente nel saper scegliere il buon chef al momeno giusto. Da
due secoli gli chefs passano e Ledoyen resta, sempre ai massimi
livelli della cucina di Paris 8, di cui é meritatamente una delle 8
"tre stelle" che in Italia sovente vengono comparate (con qualche
polemica) alle quattro stelle di tutta a penisola. Eppure, venendo
qui, si capisce quanto siano meritate e non solo per la bravura dello
chef, ma per il concorso di tutta l'équipe di cucina, di sala e di
cantina. Il piacere di un buon pranzo non viene infatti solo dai
fornelli, ma da tutto ciò che vi é intorno, ivi compresi il vetturiere
e la guardarobiera.

Prezzo: io ho scelto un menù in cinque portate, comprendente le tre
specialità della casa, a ? 168, che si può prendere, come ho fatto io,
con l'accompagnamento di vini ad un prezzo di ? 244. I prezzi si
collocano sui livelli inferiori dei ristoranti di questo livello a
Parigi 8. A metà gennaio visiterò Gagnaire e temo che pagherò un conto
più salato.

Le origini del ristorante risalgono al 1791, quando Pierre-Michel
Doyen affittò una balera lungo gli Champs Elisées e ne face un
ristorante, nel quale inventò il servizio alla carta. Robespierre e
Danton ne furono clienti assidui e mi piace pensare che quel pranzo
tra i due, uno dei momenti più belli del film Danton con Depardieu
(non so se il pranzo sia verità torica od invenzione scenica), sia
avvenuto qui. Una leggenda vuole invece che Napoleone abbia conosciuto
Josephine Beauharnais in queste sale. Il ristorante era già noto come
Ledoyen, quando gli alleati, sconfitto Napoleon a Waterloo, fecero il
loro trionfale ingresso a Parigi ed ebbero l'infelice idea di
destinare i giardini degli Champs Elisées a bivacco dei cosacchi, che
li devastarono. Nel 1842, nel quadro della risistemazione degli
Champs Elisées l'architetto Hittorf rifece il Padiglione Ledoyen in un
ammirevole stile neoclassico. Alcuni rinnovi successivi, ed in
particolare quello del 1909, lo hanno ampliato aggiungendo elementi
architettonici diversi come la pensilina in art nouveau. Nel 1994 h a
subito un eccellente restauro dell'esterno e dell'interno.

Il buio di questa serata invernale non consente, malgrado i lampioni,
di ammirare l'architettura esterna: una chiazza luminosa fà splendere
l'ingresso sotto la leggera pensilina di vetro e metallo dalle
rotonde forme floreali. Vengo accolto nell'ingresso dal Direttore e
dalla guardarobiera e scortato al piano superiore salendo il fastoso
scalone marmoreo. L'ampia sala del primo piano si estende per tutta la
larghezza del padiglione e quindi su tre delle sue pareti si aprono
finestre. Le pareti sono per lo più stuccate con disegni neo-classici
che si ripetono sul soffitto ligneo da cui pendono lampadari a bacile
che illuminano l'ambiente con una luce calda e soffusa. La sala é
piena e tra i tavoli si muovono con rapidità e leggerezza camerieri e
cameriere.

La guida Gault & Millau osserva che il servizio, rapido ed efficiente,
é piuttosto sussiegoso. Non mi pare proprio: il personale é gentile e
sorridente e la critica di G&M mi pare ingiusta Posso ipotizzare che
dopo la critica abbiano corretto il comportamento, ma non vi é
forzatura e quindi opino che la critica sia gratuita ed indebita.

Il menù é di altissima qualità con spunti creativi di grande
equilibrio, che rifuggono da stravaganze:

Comincio con Scampi giganti di Bretagna croccanti, serviti con un
emulsione di agrumi e olio d'oliva, un piatto, il maggiormente gradito
dell'intera cena, che non sfigurerebbe sulla carta di Rollinger,
sublime maestro di astici ed aragoste. Lo accompagnava un Bordeaux,
Chateau Hostens Picant 2000 "Cuvée des Demoiselles" di Sainte-Foy

Segue un Bianco di rombo leggermente brasato con patate schiacciate e
montate al burro di tartufo, di cui é sufficiente dire che era un
delicatissimo e saporoso squagliarsi nel palato. Un borgognone tra i
miei preferiti, un Poligny de Montrachet del 2001 del produttore
Jean-Marc Boillot ne ha esaltato il gusto.

Semplice e gustoso uno spiedino di rognone di vitello con un sughetto
di erbe é stato il piatto di carne associato ad un vino rosso del
Rodano settentrionale, il Condrieu "La Loye" del 2002 di Jean Michel
Gerin.

Dopo il carrello dei formaggi, del quale ho un piacevole ricordo di
una cremosa Epoisse, il mio preferito tra i formaggi francesi, il
trionfo dei dolci, vero pranzo nel pranzo, poiché sul piatto si
avvicendano le creazioni dolciarie della casa, accompagnate da due
moscati di Linguadoca, il Saint-Jean de Minervois 2001, Domaine de
Barroubio ed il Maury di Mas Amiel invecchiato per 10 anni.

Una piccola nota politica finale: nel tavolo franco-tedesco alla mia
destra ed in quello strettamente francese alla mia sinistra, tutti
commensali di quel genere che, per censo e cultura, si considera ed é
privo di pregiudizi nazionali o, pronto per convenienza economica a
seppellirli, mi pervenivano a tratti brani di conversazione non
proprio favorevoli all'ingresso della Turchia nell'Unione europea, di
cui il giorno prima era stata decisa l'apertura dei relativi
negoziati.


Franco