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Archivio recensioni ristoranti inviate dai lettori
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Finger's Via S. Gerolamo Emiliani, 2 Milano Data recensione : 10/2004 Buongiorno a tutti, sabato sera di un nuovo weekend milanese (oramai non è più una novità), cielo di un colore grigio assoluto, un po' di quella pioggerellina fine che sembra sia inclusa nel prezzo dell'albergo (la trovo tutte le volte che vengo), così decidiamo, io e la mia fedele compagna d'avventura, di testare l'affidabilità delle recensioni pubblicate sul Corriere. Per una volta, infatti, anche l'autorevole quotidiano si era lasciato andare in complimenti per un ristorante fusion aperto da poco (quattro mesi, come mi ha poi confermato uno dei proprietari franco-algerino) che ha subito stuzzicato la nostra curiosità. Finger's, frutto del genio creativo di uno chef nippo-brasiliano che ha saputo fondere la creatività ed i profumi della cucina sudamericana con le rigide tradizioni nipponiche, si trova in una traversa di Corso Lodi ed il primo impatto, dall'esterno, è assolutamente positivo, peccato solo di non essere in estate perché il dehors antistante l'ingresso, completamente in bambù, è davvero invitante. L'interno, se possibile, è anche meglio, la sala è unica anche se posta su due altezze, noi veniamo fatti accomodare al piano superiore, in cui si mangia al livello del suolo poiché sotto ogni tavolo sono poste delle botole per le gambe, soluzione originale e per niente scomoda. L'arredamento è indovinato, con pareti di una bella tonalità di rosso, mattoni a vista e luci sobrie, qualcuno però dovrà spiegarmi per quale motivo in questo genere di ristoranti (lo avevo fatto notare anche per lo Shambala) non si presta alcuna attenzione al rispetto della privacy dei clienti, i tavoli sono tanti, disposti quasi in ordine geometrico (soprattutto al livello inferiore) e così sembra quasi di partecipare ad una grande tavolata. Per fortuna vicino a noi non era seduto nessuno così quantomeno la nostra riservatezza è stata preservata. Passiamo adesso al cibo, il menù propone i soliti sushi, sashimi e hussuraki (il riso con pesce avvolto nelle alghe), che decidiamo di saltare a piè pari, e poi una buona varietà di antipasti e di secondi a base di pesce, pochi invece i primi (non più di cinque, tra i quali ricordo un risotto al nero di seppia con rombo) ed i secondi a base di carne. Tra gli antipasti ordiniamo un Finger's food, ossia una varietà di cinque proposte da mangiare rigorosamente con le mani, che comprendeva un paio di bruschette a base di pesce, un piccolo spiedino di verdure grigliate, la solita insalata di piovra ed una sfoglia di platano (!!??) presumo arrostita. L'altro antipasto ordinato sono state uova di salmone su un letto di rapa bianca, il sapore delle uova per chi, come me, le ha assaggiate per la prima volta è un po' forte, ma l'insieme con la rapa mi è risultato buono. Come accompagnamento ci vengono portati degli originali grissini sottili come spaghi. Per secondo ordiniamo un tonno scottato con salsa di soia dolce e verdurine alla julienne ed un salmone in salsa di soia e miele, per quest'ultimo si è forse un po' ecceduto nella cottura ma il giudizio sui due piatti è assolutamente positivo, ottime le materie prime (delicatissimo il tonno) e grande attenzione nella mise en place (l'occhio vuole sempre la sua parte). A proposito, splendide le stoviglie. Ottima la varietà di dolci, che ci vengono presentati su un vassoio, tra questi scegliamo entrambi una mousse di yogurt e maracuja, buonissima. Ad accompagnare la cena ho scelto un Sauvignon I Macredi (18 euro, se non ricordo male) da una carta davvero misera, contenente non più di venti etichette rispettivamente per i bianchi e per i rossi. Il conto (anche se è davvero volgare parlare di soldi quando si ha la fortuna di cenare con una splendida compagna) è stato di 93 euro, una somma che oramai non spaventa più nessuno e che anzi si allinea con gli altri ristoranti dello stesso genere e livello presenti nel panorama meneghino. Cosa aggiungere di più, grande eleganza, nessuna nota stonata per un locale modaiolo ma non troppo, forse un po' meno atmosfera rispetto a qualche concorrente (vedi le candele alla vaniglia ed i baldacchini dello Shambala) ma stessa cura nei piatti e maggiore cortesia del personale. E' proprio vero, come scriveva il Corriere qui il Giappone diventa latino. Un saluto e, alla prossima. Alessandro |