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Da Carlet
Via Vittorio Emanuele, 20 Monghidoro (BO)
Telefono ristorante : 051.6555506
Giorno di Chiusura: Lunedì sera e martedì
Data recensione : 09/2004


La trattoria da Carlet è a Monghidoro, in provincia di Bologna, lungo la
statale della Futa, a due passi dalla Toscana. Nel centro del paese,
precisamente in via Vittorio Emanuele 20 c'è questa trattoria, che molti
definiscono ristorante poiché si mangia con la tovaglia e con tutte le
cure che ti fanno sentire bene.

L'atmosfera è accogliente, luminoso e arioso il locale. Alcuni begli
oggetti della cucina tradizionale sono appesi alle pareti, assieme ad un'
interessante collezione di bottiglie di vino pregiato. Ci sono poi alcuni
reperti fossili raccolti personalmente da Lorenzo (una sua passione) nelle
colline dei dintorni. Bellissimo un pesce preistorico che col proprio
corpo ha lasciato una nitida impronta nell'argilla pietrificata dai
millenni.

Trattoria dicevo, che da decenni tutti gli abitanti della zona conoscono,
apprezzano e frequentano. E la sua fama si è estesa fino a Bologna e
dintorni, fino in Toscana, sull'altro versante appenninico, dove certo la
buona Cucina non manca. Forse perché Carlet propone una cucina gustosa ma
riesce a renderla leggera.

Ora, è iniziata una sua ricerca ancor più marcata nel "paniere" dei sapori
della tradizione montanara. Ci ha confidato Lorenzo De Maiti, il titolare,
che intende dare spazio alla riscoperta di piatti storici tratti da
documenti d'epoca, mentre sono allo studio alcune proposte estemporanee di
cui si potrà presto scoprire il gusto. Lorenzo non ha voluto dire di più,
ma conosce molti piatti della Cucina ligure, valtellinese ed istriana.
Forse i pizzoccheri sbarcheranno sull'appennino ? Interessante.Ma qui lo
dico e qui lo nego.

Intanto, c'è una realtà fatta di primi gustosi ed abbondanti. Abbiamo
ordinato il tris di minestre, costituito da spaghetti al torchio con
funghi porcini e salsiccia alla Carlet, maccheroncini al torchio con
verdure di stagione e gnocchi verdi al formaggio di fossa. Formaggio di
provenienza romagnola, in fondo poche vallate più ad est del tranquillo
paesone dove siamo. Uno degli amici che siede a tavola con noi fa una
scelta diversa. Ed ecco una prima contaminazione rispetto alla tradizione
bolognese. Che si perdona molto volentieri. Tortelloni di ricotta con
speck e rucola. Ricchi, profumatissimi e corposi, con un giusto equilibrio
fra "dolce" e saporito. Torniamo al tris. La pasta è fatta in casa da
volonterose e abilissime mani di "arzdore" che arrotondano il bilancio
casalingo con una sovrapproduzione rispetto al fabbisogno di casa e che,
giustamente, Lorenzo ha coinvolto. Deliziosa, fa gustare la differenza fra
la pasta fresca fatta a mano rispetto a quella confezionata, anche la più
rinomata. Cotta al punto giusto nelle cucine sottostanti la sala da
pranzo, servita da un praticissimo montacarichi. Gli gnocchi di patate e
spinaci sono invece fatti "al momento", direttamente dalle cuoche.
Intanto, ammiriamo alcuni oggetti autentici in stile Liberty che adornano
il banco bar all'ingresso.

Decidiamo di annaffiare i primi con un freschissimo Pignoletto dei Colli
Bolognesi, proveniente dal Podere Riosto, produttore locale presso
Pianoro, cioè ai piedi delle colline fuori Bologna che portano verso la
Futa. La salsiccia che arricchisce gli spaghetti al torchio "alla Carlet"
è particolarmente magra e piacevole da catturare con la lingua in
abbinamento ai porcini. Pochi sapori della cucina bolognese, per il
piacere dei sensi che procurano al palato battono un simile sposalizio,
forse la sola mortadella, e deve essere di quella fatta bene. Si avverte
la cura messa nella scelta delle materie prime, un'attenzione non comune
per i fondamentali, gli ingredienti utilizzati. Meno decorazioni e più
qualità, viene da dire pensando ai pretenziosi piatti di certi ristoranti
"a la page".

Un esempio: il pane, a causa del quale tutti noi abbiamo dovuto usarci
piccola violenza imponendoci di non esagerare, fresco, morbido e
croccante, sa di grano e di fuoco, d'acqua e di sale. Il pane proviene da
un panificio di Monghidoro che, come Carlet, aderisce al progetto
Montagnamica. "La via del pane", con il patrocinio della regione
Emilia-Romagna, intende riportare gli antichi valori che facevano della
montagna una risorsa indispensabile del territorio. Così, unendo gli
sforzi dei coltivatori a produrre farina rigorosamente biologica e
selezionando le sementi non solo nell'ottica del profitto ma nella ricerca
dei più alti valori nutritivi e valorizzando le caratteristiche del
terreno, nasce il pane che ci .chiama dal cestino. Nei secoli passati
Monghidoro si chiamava Scaricalasino ed il nome ricorda la vocazione di
stazione di posta commerciale legata alla lavorazione del grano e delle
sementi. Decine di antichi mulini con pale di tipo orizzontale, per meglio
sfruttare le caratteristiche dei corsi d'acqua a bassa pressione di spinta
fanno tutt'ora capolino fra i boschi ed alcuni sono anche visitabili. E'
una buona scusa per "trascinare" gli amici fino a Monghidoro, con l'
intenzione di finire la gita in moto tra i tavoli di Carlet.

La qualità non manca nemmeno nelle carni dei secondi che, dopo una
doverosa pausa, ci vengono serviti. Accompagnati da un rosso Morellino di
Scansano DOC che da solo vale il viaggio. Prodotto dalla Fattoria le
Pupille, vendemmia 2003, è abbastanza giovane per mantenersi digeribile e
giustamente fruttato per arricchire senza invadenza i sapori delle carni,
dotato di un corpo solido ma snello, come un giovane, scattante atleta.
Non che non si debba fare attenzione al calice di troppo, ma ti concede
più sorsi di un Chianti. E deterge il palato altrettanto bene. Grosseto si
rivela terra felice per l'uva. Ordino un delicato (giuro: come ci
riescono?) e tenerissimo cinghiale con polenta, un "fuori menù" che a
volte, quando arriva la fornitura giusta fa capolino dal montacarichi del
locale.

Poi, arriva la sorpresa: un piatto ovale debordante di verdure fritte. Chi
ci ha indirizzato fin qui (un grato pensiero) ci aveva segnalato questa
delizia, ma una cosa è ascoltare i racconti, un'altra è trovarcisi di
fronte. Il fritto misto all'italiana di Carlet gli fa veramente onore. E'
anche bello da vedere: i colori scuri dei tocchi di melanzane e dei
porcini, il dorato delle patate a fiammifero, il verde allegro delle
cordelle di zucchina, i preziosi anelli di cipolla tropea impanati e poi,
in apparente contrasto ma invece perfettamente a loro agio, i dadini di
crema. C'è stato un coro di esclamazioni d'ammirazione ed un gioioso
assalto. Così ci siamo per un po' dedicati al contorno.

Non avere abbastanza bocca per stare dietro agli occhi. E' un vecchio
detto che, però descrive bene la situazione.

Arrivare ai dolci è stato impegnativo ma, grazie anche alla leggerezza
delle portate, ce l'abbiamo fatta. Se Carlet ha un difetto, non si tratta
di un difetto ma di un'abbondanza. Le porzioni sono sempre importanti.

I dolci, dicevamo: tre sole specialità, ma selezionate per poter essere
veramente fatte in casa, con totale controllo sugli ingredienti e sulla
lavorazione. Mascarpone, Creme Caramel e Tiramisù. Macedonia o frutta
fresca per chi lo desidera. Anche qui la genuinità e l'equilibrio degli
ingredienti si impongono all'attenzione. Il vino, anzi, il passito
abbinato ai dolci è il Moscato Grecale delle famosissime cantine Florio,
prodotto in Sicilia con uve Moscato (origini piemontesi) provenienti però
dall'isola di Pantelleria e da Noto in Puglia. Una vera sintesi del genio
italiano. Sensazioni di frutta e miele, morbidamente riscaldati dal color
oro, si sprigionano mentre lo assapori e non si dimenticano più. Lorenzo
ha trovato persino tempo per scambiare con noi due parole, anche se non ha
mai tralasciato nessuno dei tavoli, coadiuvato benissimo dalle sue
assistenti, riuscendo a fare conversazione, tra una portata e l'altra, col
suo vocione pacato e profondo, con ognuno dei suoi ospiti. Un'attenzione
che scalda il cuore, da epoche dimenticate, quando il tempo non era una
condanna ma un'opportunità.

Giornata memorabile, ritrovando nuovi e vecchi sapori, con la sensazione
di essere coccolati ma come quando si andava a trovare gli zii, e la nonna
stava in cucina a dirigere i lavori. Fuori piove, ma la luce del sole ce
la siamo portata a casa come un bel ricordo. A presto, Lorenzo.



Alberto