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          Storico articoli - Gennaio 2002


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          Una grappa d'autore

          La distillazione è un'arte antichissima. Durante gli scavi archeologici di Tepe Gaura 
          in Mesopotamia settentrionale, fu trovato un reperto raffigurante un apparecchio 
          per la distillazione di sostanze organiche aromatiche e probabilmente alcoliche, 
          risalente a non meno di 3500 anni a.C. 
          In un editto cinese del 144 a.C., vi è già riferimento alla distillazione. 
          Gli Egizi, secondo molti esperti, erano in grado di distillare sin dal II secolo a.C. 
          Anche gli Arabi conobbero l'arte di distillare: i termini "al-kuhl" e "al-ambiq" 
          significano rispettivamente, alcool e alambicco. 
          Tracce certe in tal senso, ci vengono da Plinio il Vecchio che, nel suo Libro I, 
          Cap. VII, ne cita le varie ed empiriche fasi. Siamo intorno al 77 dopo C. 
          Più tardi, altre notizie ci vengono dalla Scuola Salernitana. 
          Ma le informazioni più precise le abbiamo da Arnaldo di Villanova, medico 
          catalano (1235-1311; curò alcuni papi e regnanti) e da Taddeo Aldobrandi 
          alchimista, che applicavano terapie a base di grappa. 
          Nei secoli che vanno dal 1200 al 1400, la grappa viene consigliata per alcune 
          malattie, come elisir e, addirittura come afrodisiaco, se aromatizzata con erbe. 
          Quest'ultima dote, veniva diffusa tra il popolo da ciarlatani, mentre venditori 
          più onesti, ne esaltavano il potere digestivo. 
          Nel 1500, l'allora noto medico Pietro Andrea Mattioli, gli riconosceva potenti virtù. 

          L'origine del suo nome è ancora incerta. Secondo molti dizionari deriva dal lombardo 
          "grapa" (graspo), mentre alcuni studiosi ne danno il nome di "graspa". 
          Benché di origine incerta, si può oggi affermare, che la grappa è il tipico distillato 
          italiano. Figlia legittima della vite, è nata dall'ingegnoso o utile sfruttamento delle 
          vinacce. Quindi, non di nobili origini, ma gagliarda come lo spirito popolano che 
          l'ha inventata. Che si chiamasse (o si chiami) "sgnape" in Friuli, "branda" in Piemonte 
          o "filu 'e ferru" in Sardegna, la grappa rimase per secoli fedele compagna della 
          gente del popolo, in quanto snobbata dagli intellettuali. 
          Nel '700, venditori di grappa ambulanti di Roma e Torino (leggendario il "brandista" 
          torinese "monsu Tasca), riuscivano spesso a trovare clienti. 
          Sul finire del secolo, molti ambulanti, prendendo esempio da Bortolo Nardini che 
          aprì la sua distilleria con mescita nel 1779 vicino allo storico ponte di Bassano, 
          aprirono delle botteghe. Ma la grappa assunse una notorietà nazionale nel tempo 
          della Grande Guerra. Durante l'epico ma nefasto periodo bellico, scaldava e rincuorava 
          soldati di ogni parte d'Italia. 
          Da qui, non solo più generosa bevanda per la gente del nord, ma anche, seppur in 
          misura minore, di quella del centro-sud e, fatto non da poco, dagli  intellettuali 
          ricreduti. 

          Ci vogliono ancora circa trent'anni (fine anni '70) affinché la grappa 
          passi dai centri operai per salire ai salotti buoni delle città, ed entrare così anche 
          in rinomate enoteche e in ristoranti famosi, di cui moltissimi stellati. 
          Una metamorfosi derivata da una migliore qualità del prodotto immesso sul 
          mercato, con punte di gran pregio e, inedita per quei tempi, di monovitigno. 
          Un'ascesa lenta ma costante che colloca la grappa alla pari dei prestigiosi distillati 
          stranieri che, a differenza di questi ultimi, mantiene con pochi altri, la parte alta del 
          mercato. 

          In Liguria la grappa ha sempre avuto moltissimi estimatori. 
          La sua introduzione e diffusione, è dovuta agli antichi legami con il vicino Piemonte, 
          terra votata come poche altre alla vitivinicoltura. 
          Sin dai tempi passati, i Liguri vi si approvvigionano di vini, in particolare nell'Ovadese, 
          dove il Dolcetto vantava meritata fama già nel 1700. 
          Ancor oggi, con le uve del vitigno omonimo, validi produttori ottengono il Dolcetto 
          d'Ovada Doc, riconosciuto tale (due anni prima degli altri) nel 1972. 
          E dal vino alla grappa, il passo è breve. Tra i 22 comuni che formano la zona di 
          produzione del Dolcetto d'Ovada Doc, c'è Silvano d'Orba, un piccolo ed industre 
          centro coronato da un antico maniero, popolato da poco più di duemila anime ma 
          con ben tre distillerie (in un passato recente erano addirittura cinque). 
          Tra queste, l'antica e artigianale Bor Bar S.n.c., fondata nel 1976 da Antonio 
          Bormida (poi deceduto) e Luigi Barile, che l'acquistarono con l'obiettivo di produrre 
          solo grappa di qualità, servendosi della collaborazione di Sebastiano Lasagna, 
          mitico distillatore. Situata vicina al centro del paese, la piccola distilleria con suoi 
          muri color salmone-ambrato e col tetto in coppi, emana curiosità e un fascino 
          discreto. I silos delle vinacce sono sia interni che esterni. 
          Entrando nel suo cuore pulsante, si può rivivere l'atmosfera del passato. 
          Un forno a legna, fonte di calore ideale per l'estrazione dei nobili vapori alcolici. 
          Sopra, salendo un'irta scaletta, si può notare l'attrezzatura in lucido rame risalente ad 
          oltre un secolo fa. Due alambicchi discontinui a bagno maria (caldaiette della capacità 
          di 240 kg ognuna) per donare grappe dai profumi fragranti e fruttati, serpentine, tubi, 
          misuratore e quant'altro annesso, un argano e un montacarichi per le vinacce. 
          A piano terra, divise, tre buie e fresche cantine dove, nelle 60 botti di rovere da 
          180 e 250 litri, maturano sublimandosi, grappe di straordinaria armonia e 
          personalità. 

          La prima distillazione risale al 1976. La grappa ottenuta quell'anno dalle fresche 
          vinacce di dolcetto, pensate, è ancora in gran parte in botte. 
          Così, tranne un periodo di forzata pausa, per altri vecchi millesimi, fino alla 
          recente e cristallina del 2000. Per anni, il maestro distillatore Luigi Barile, 
          profondendo denaro, tenacia e fatica da alla luce solo grappe d'autore. 
          L'assoluta qualità, è garantita dall'utilizzo di vinacce fresche poco spremute e pertanto 
          pregne di aromi (di piccoli e qualificati produttori locali) e distillate nell'ordine, in poco 
          più di un mese; dagli alambicchi e dal forno citati, e dal lungo invecchiamento in botti. 
          Requisiti trasformati in virtù, che conferiscono al distillato una perfetta limpidezza, 
          un colore giallo paglierino, un bouquet ampio, intenso, persistente e fine, con 
          sentori floreali, vaniglia e, lievi, di spezie, un sapore secco ma morbido e caldo, 
          vellutato, di grande armonia e persistenza aromatica. 
          Di qualità anche la grappa bianca e giovane. Cristallina, dai sentori intensi ma 
          equilibrati di frutti boschivi freschi e maturi, di sapore secco ma morbido, caldo, 
          pieno, di molta persistenza e personalità. 
          Entrambe vanno servite a 17-18°c e servite in piccoli calici con stelo alto.  
          Conosciute da tempo quasi esclusivamente da amici intenditori, le grappe Barile 
          da alcuni anni sono presenti in importanti locali di Genova e di altre città italiane, 
          distribuite dalla Moon Import di Pepi Mongiardino, leader incontrastata del settore. 
          Ma non solo. Acquistate per regali a persone importanti, le apprezzano anche gli 
          illustri statisti Nicola Mancino, Presidente del Senato e - in particolare- Luciano 
          Violante Presidente della Camera dei Deputati e già illustre cliente. 
          Ma il riconoscimento più ambito (e che ha commosso Barile) gli è stato dato 
          dal sommo Luigi Veronelli che, degustata la grappa invecchiata, l'ha definita, 
          nel suo genere, la migliore sin qui assaggiata. In ultimo, a conferma di tutto ciò, 
          alla grappa Barile invecchiata, è stato recentemente conferito il prestigioso 
          Premio Alambicco d'Oro 2000.                                                                

            
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