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          Storico articoli - Agosto 2006


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5° Convegno nazionale sullo stoccafisso a Imperia
di Virgilio Pronzati

In occasione della 26a edizione dei Festeggiamenti in onore di San Giovanni a Oneglia (con la regia di Sergio Lanteri, deux ex machina della manifestazione), si sono svolti molteplici eventi religiosi, culturali, gastronomici, sportivi e musicali. Tra questi, nell'ambito della prima edizione di Mediterraneacucina 2006, il quinto ed interessante convegno nazionale dal titolo "Olio, stoccafisso e vino", tenutosi nella sala conferenze del Museo dell'Olivo Carli. A parlarne ampiamente sugli aspetti, culturali, storici e culinari, cinque relatori, ognuno esperto sui vari quesiti del tema.


I relatori


Dopo il saluto del sindaco di Imperia Luigi Sappa e dei rappresentanti della Reale Ambasciata di Norvegia, dr Knut A. Mugaas e Olaf Pedersen che hanno sottolineato il vincolo che unisce la Norvegia all'Italia, in particolare la Liguria, l'announcer ufficiale Gianluca Lanteri ha presentato gli oratori. Ad aprire gli interventi, il conduttore di Agrisapori Fabrizio Salce che ha mostrato un interessante documentario girato alle isole Lofoten che, partendo dalla pesca, coglie tutte le fasi di lavorazione del merluzzo sino all'essiccazione, dove assume il nome di stokfish. Il sagace giornalista Alberto Pelle, accademico della Cucina italiana, racconta come lo stoccafisso ebbe a che fare con la religione. Infatti, dopo le denunce di Martin Lutero al potere eclesiastico, la Chiesa promuove nel 1517 il Concilio di Trento, dove tra i piatti poveri mangiati dai numerosi prelati, c'è quello di stoccafisso. Mentre la scrittrice e giornalista (genovese di nascita ma di adozione milanese) Maria Rosa Schiaffino, con note poetiche, narra come molti piatti della cucina genovese, in particolare lo stoccafisso accomodato, hanno fatto parte della sua infanzia. Autrice di molte opere di gastronomia, dipinge a parole il mondo della pesca, dove questo pesce "duro" ed essiccato, trova morbidezza e sapore nell'olio d'oliva.


Gli chef con i loro piatti


Ad entrare però nel mondo dell'olio extravergine d'oliva, è il Direttore dell'ONAOO Fabrizio Vignolini che ne ha illustrato le origini, la diffusione, le tipologie, l'aspetto commerciale e salutistico. Infine chi ha scritto, dopo un escursus storico sulla cucina ligure, in particolare sui piatti di stoccafisso e baccalà, ha suggerito come celebrare "matrimoni d'amore" tra piatti di questo pesce (essiccato e salato) e i vini liguri, nazionali e francesi. Subito dopo, i numerosi partecipanti al convegno sono stati ospitati nel frantoio Carli, allestito per l'occasione dal ristorante Salvo Cacciatori di Oneglia, dove è seguita una golosa sequenza di diversi piatti a base di stoccafisso, presentati dai cuochi delle rispettive accademie e associazioni. "Ciavattoni con stoccafisso all'anconitana" dell'Accademia dello stoccafisso all'Anconitana; "Baccalà alla texana con ceci lessi" del Comitato Sagra del Baccalà norvegese di Anchiano (LU); "Stocco all'ombra del Vesuvio" dell'Associazione I Nuovi Sapori della tradizione di Somma Vesuviana (NA); "Stocco arrostito alla mammolese" della Pro Loco di Mammola (RC); "Stoccafisso di Norvegia alla ligure" delll'Accademia dello stoccafisso della provincia di Imperia; "Stoccafisso all'onegliese" del Comitato di San Giovanni. Il tutto abbinato ad ottimi vini Doc imperiesi delle aziende Lupi, Case Rosse, Guglierame, Fontanacota, Ramò e Cascina Nirasca.

Knut A. Mugaas e Olaf Pedersen
Da destra: Knut A. Mugaas e Olaf Pedersen


Breve storia dello stoccafisso

Nel lontano 1432, un veliero della Serenissima al comando del capitano veneziano
Pietro Querini, solcando con un veliero i freddi e tempestosi mari del nord, naufragò
in un'isoletta delle Lofoten, in Norvegia. Un fatto che per la cronaca di quei tempi, era abbastanza comune. Ma da quello che fu un nefasto incidente, nacque col tempo un fiorente commercio e l'inizio di una nuova cucina. Nei suoi circa otto mesi di forzata permanenza a Rost, isola e borgo marinaro norvegese, Querini vide qualcosa di inusuale e curioso, che descrisse nel suo rapporto per l'ammiragliato della Serenissima:
< …I socfisi seccano al vento e al sole e perché sono di poca humidità grassa, diventano duri come legno. Quando li vogliono mangiare, li battono col roverso della mannara che li fa diventare sfilati come nervi, poi compongono butirro e spetie per dargli sapore, et è grande et inestimabile mercanzia per quel mare di Alemagna >.

Se i vichinghi conoscevano già il modo per essiccare il merluzzo, certamente lo cucinavano in poche e semplici maniere. Nel Quattrocento, arditi pescatori francesi, spagnoli (baschi), portoghesi ed inglesi, trovarono un'alternativa ai pescosi ma perigliosi mari del Nord, solcando l'Atlantico e dirigendosi verso le coste di Terranova e del Labrador. Da quel periodo, il consumo di merluzzo essiccato (stoccafisso) prima, e salato (baccalà) dopo, conquista nuovi mercati. Non solo. La facilità e stabilità di conservazione, gli permetteva di sostenere sia lunghi viaggi per mare che terrestri, diffondendosi non solo nelle città portuali ma addirittura in quelle più interne, distribuite in varie zone agricole.

Da questo connubio, nacquero nel nostro Paese numerosi piatti di straordinaria saporosità. Dai meno ai più decisi, ma sempre d'invitante golosità. Liguria e Veneto se ne contendono il primato, seguite dalla Sicilia, Campania e Calabria. Come nel passato recente sino ad oggi, passando nei carruggi di Genova, si può sentirne l'intenso e maschio profumo che esce prepotente, da affollate trattorie e ristoranti.
Decisamente nel passato, contribuirono al consumo di stoccafisso e baccalà nelle classi meno abbienti, sia il costo contenuto che la facilità di conservazione.
Non a caso nei versi dell'antica poesia genovese "Pescio conca", si legge < O loasso di povei e di mainae >, vale a dire - riferito a stoccafisso e baccalà - "Il branzino dei poveri e dei marinai". Il termine pesce conca deriva dall'uso di farlo ammollare nell'acqua. Da quelle necessità e osservanze religiose, che proibivano la carne in certi periodi dell'anno, nacquero succulenti piatti come lo stoccafisso al verde, all'agliata, lesso con le patate o con le fave (stocche e bacilli: piatto di reminescenze Romane) "accomodato" (d'origine araba), in buridda, alla badalucchese, fritto e in frittelle, alla marinara e, non ultimo, il brandacujun, conosciuto anche in Provenza.

Mentre il baccalà, un po' meno presente nella cucina genovese e ligure, oltre ai sempre diffusi frisceu (frittelle), è proposto all'agliata, fritto, al latte, lesso con o senza patate, con i cavoli, al verde, in zimino, in agrodolce, al forno, ripieno (anche in versione coda di baccalà ripiena).
Nei secoli scorsi, entrambi in frittelle, davano origine al mangiare veloce ma nutriente degli scaricatori di porto. A proporli i frisciolae, fumose e chiassose friggitorie di Sottoripa, situate di fronte al porto antico.


Gli invitati


Stoccafisso all'Onegliese
(Ricetta tipica del Comitato di San Giovanni)

Ingredienti per 4 persone: 700 gr di stoccafisso norvegese già ammollato e pulito; una cipolla; una carota; un gambo di sedano; un ciuffetto di prezzemolo; uno spicchio d'aglio; una presa di peperoncino; 500 gr di pomodori maturi; 3 acciughe salate; i gherigli di 4 noci; una manciata di olive taggiasche; un bicchiere di Riviera Ligure di Ponente Vermentino; mezzo bicchiere di olio extravergine d'oliva ligure e 3 patate tagliate a pezzetti. Preparazione: diliscare e lavare le acciughe. Pestare le noci nel mortaio. Tritare cipolla, carota, sedano, aglio, acciughe, e farli rosolare nell'olio per 10 minuti, assieme ai pinoli e alle noci. Aggiungere lo stoccafisso a pezzi, far rosolare ancora per altrettanto tempo, senza mescolare ma scuotendo la pentola. Bagnarlo col vino, lasciare evaporare, unire le patate, le olive e il peperoncino. A cottura ultimata, lasciar riposare per alcuni minuti e, prima di servirlo, deporvi sopra un pò di prezzemolo trito e dell'olio extravergine d'oliva. L'abbinamento ideale è con un vino rosso giovane, sapido ma non tannico, come il Riviera Ligure di Ponente Rossese di uno o due anni, servito a 15-16°c in calici con stelo medio.


Uno dei piatti presentati


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