Vino al Veleno: per la CIA non bisogna criminalizzare l'intero settore vitivinicolo
Dal vigneto agli scaffali, più severità e rigore nei controlli.
Ancora una volta il mondo imprenditoriale agricolo fa notizia per motivi che nulla hanno a che fare con il settore. La vicenda del “vino al veleno” o “velenitaly”, così come l’hanno titolata molti giornali, non coinvolge centinaia e centinaia di produttori vitivinicoli seri che operano nel pieno rispetto della normativa che rischiano di essere criminalizzati nella classico fare di ogni erba un fascio. Però, allo stesso tempo, si vengono tra i consumatori a creare inutili allarmismi, consumatori che si vengono a trovare disorientati di fronte a situazioni di questo tipo. Il rischio è quello di vedere assestato un colpo deciso ad un settore in crisi come quello vitivinicolo, che da tempo patisce un calo di consumi che si ripercuote sui prezzi e, di conseguenza, sul reddito dei produttori.
“Oltre al danno ai consumatori – sottolinea Italo Danielli, vice presidente della CIA di Alessandria e produttore di Dolcetto d’Ovada – il rischio più grande è quello di vedere messe in ginocchio le nostre aziende. Qualche dubbio, su quanto accadeva, c’era, non se ne avevano le prove. Questo rischio lo avevamo già segnalato nei mesi scorsi agli organi competenti, allarmati dai prezzi di vendita che erano diventati non corrispondenti ai costi di produzione”. “Ora le domande che ci poniamo – continua Danielli – sono: chissà se i colpevoli pagheranno? Chissà se si riuscirà a fare distinzione tra le aziende che lavorano in modo corretto e chi no? Il mercato come reagirà a questa vicenda?”.
“I controlli devono essere fatti – afferma il presidente provinciale della CIA – Confederazione italiana agricoltori, Carlo Ricagni – con severità e rigore per garantire la tracciabilità del vino. È un passaggio fondamentale quanto sono indispensabili i piani di controllo”. “Però i controlli – prosegue Ricagni – devono essere trasferiti anche sugli scaffali: non è sufficiente verificare le carte oppure la vigna o la cantina, bisogna sapere cosa c’è dentro una bottiglia. È un controllo più complesso ma i Consorzi di Tutela devono pretendere questo e devono attivarsi in questo senso”. “Chiediamo una maggiore tutela per i piccoli produttori e i produttori associati – conclude il presidente provinciale della CIA – che da tempo sono in difficoltà nel commercializzare il proprio prodotto. Con vini venduti a basso prezzo sono i primi ad essere danneggiati e da questa vicenda rischiano conseguenze devastanti”.