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Sangiovese, il clone giusto al posto giusto
Presentati a Montepaldi (Fi) i risultati di una ricerca triennale dell’Arsia sul miglioramento qualitativo. Scoperti cinque nuovi cloni pronti all’uso. Si tratta di un sangiovese, e due mammolo e vermentino. Analizzati i cloni dei vitigni più diffusi in Toscana. Obiettivo: migliorare le caratteristiche delle produzioni vitivinicole attraverso la selezione genetica e clonale

Il clone giusto al posto giusto. Ma, in linea con le esigenze della filiera vitivinicola, anche tempi meno lunghi per arrivare all’omologazione del clone. Per migliorare la qualità del sangiovese e di altri vitigni diffusi in Toscana in un’ottica di mercato, per anticipare le richieste commerciali e andando incontro ai gusti del consumatore. Inoltre sono stati scoperti e sono pronti all’omologazione e quindi all’utilizzo, cinque nuovi cloni: 1 di sangiovese, 2 di mammolo e 2 di vermentino. E’ quanto è emerso dai risultati del progetto triennale “Interventi di selezione genetica, sanitaria e chimico-enologica sui vitigni toscani per la valorizzazione delle produzioni vitivinicole regionali” realizzato e cofinanziato dall’Arsia, e coordinato dal Dipartimento di Biotecnologie Agrarie dell’Università di Firenze, con un partenariato composto da altri dipartimenti delle Università di Siena, di Firenze e del CRA (Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura), presentati, quest’oggi, all’azienda agricola di Montepaldi.

«Risultati assolutamente interessanti - sottolinea Maria Grazia Mammuccini, amministratore Arsia – che dimostrano come le biotecnologie possano offrire campi vastissimi di applicazione e studio, per mantenere alta la qualità del vino toscano e la competitività sul mercato. Il settore vitivinicolo è quello cui l’Arsia ha dedicato la maggior parte dei finanziamenti per la ricerca negli ultimi dieci anni (circa 3 milioni di euro) proprio nella consapevolezza che la vitivinicoltura rappresenta un elemento fondamentale per la Toscana e che la ricerca e l’innovazione sono imprescindibili per migliorare il livello qualitativo di tutte le produzioni toscane».

Dal progetto, che ha analizzato 234 presunti cloni, di cui 146 di sangiovese, sono emersi risultati importanti per il futuro della vitivinicoltura regionale. Alcuni cloni di sangiovese, ma anche di mammolo e di colorino, possono dare un vino di qualità migliore in un territorio anziché in un altro. Un clone di sangiovese individuato, ad esempio, nell’area Chianti Classico può dare ottimi risultati qualitativi nell’area del Nobile di Montepulciano. La ricerca, infatti, ha avuto l’obiettivo di fornire indicazioni produttive nei diversi ambienti di cloni omologati ottimizzandone l’attitudine territoriale, individuando in primis la validità enologica del clone. Innovativo l’approccio della ricerca che ha applicato una metodologia più snella, in termini di tempo e quindi di risorse economiche, e più funzionale per la qualità enologica. Rispetto al passato, prima si accertano le potenzialità enologiche, cioè che quel determinato clone sia in grado di dare risultati di qualità al vino (gradazione alcolica, “struttura”, etc.), quindi si procede a verificarne l’adattabilità nei diversi ambienti.

Interessanti, inoltre, le potenzialità dei cinque nuovi cloni individuati durante il progetto dell’Arsia, che saranno presto omologati e a disposizione dei vitivinicoltori. Oltre al sangiovese, da sottolineare le caratteristiche emerse dal mammolo che può fornire ottimi risultati a livello produttivo sia nel territorio naturale di Montepulciano, ma anche nell’area di Montalcino. Ed anche i cloni di vermentino potrebbero aprire nuove possibilità produttive per il comparto dei vini a bacca bianca.