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Piano per evitare la desertificazione dei territori montani interni della Campania


Terra Furoris, così era nota la zona ai tempi fausti della Repubblica Amalfitana. Da quasi tre decenni è il regno di Raffaele Ferraioli, Furore, “il paese che non c’è”, definizione del poeta Alfonso Gatto. Poco meno di 1.000 abitanti che, sparsi su una striscia di territorio che dal livello del mare sale fino a 650 metri. “L’Appennino è una montagna che bagna i piedi nel mare”, dice all’incontro nazionale delle comunità montane, che si è appena chiuso a Vietri. . Ferraioli sindaco, presidente della locale comunità montana, e anche presidente del Patto, ed amministratore delegato della società che gestisce il Patto. Il “poveretto” fa una vita d'inferno, ma non fiata: "C'è chi mi dà questi pesi liberamente e democraticamente. Io non ero nemmeno d'accordo, soprattutto se si tiene conto della irrisorietà del contrappeso economico", ha detto ai concittadini che leggono "è Costiera", il periodico del luogo. Di Furore è anche Donato Cufari, presidente regionale dell’Uncem, l’unione delle comunità montane, entrambi rivendicano “la civiltà contadina che è ancora presente in questi luoghi e che rende possibile il miracolo del turismo”. Le montagne terrazzate per i vigneti e i limoneti, così che a valle sono impediti i disastri conosciuti a Salerno e a Vietri nel 1953 e a Sarno recentemente. “Il Miracolo”, insomma. Come il film di Roberto Rossellini, girato attorno al celebre fiordo di Furore.

Altri mondi negli Alburni, ma le fragoline di bosco di Antonio Valitutto a Sicignano degli Alburni o i vini di Marina ed Alberta Cupo a Colliano hanno l’anima in una montagna che da millenni esprime una civilizzazione che ha fatto della sobrietà la sua parola d’ordine. "On the road near Sicignano". E’ un capitolo del libro che Richard Keppel Craven ha pubblicato a Londra nel 1821 il libro: "Viaggio nelle Provincie meridionali del regno di Napoli"; Sicignano con i suoi “Monti Selvaggi”, ovvero gli Alburni, venne considerato tra le quattordici località più belle del meridione d'Italia.

L’incontro.

A Vietri s’incontrano Alburni e Divina Costiera. L’obiettivo è quello di dare gambe robuste al movimento che contrasta con efficacia l’idea, affiorata fra destra e sinistra, che delle comunità montane si può fare a meno, soprattutto in tempi di lesina economica. Donato Cufari, che vanta una lunga esperienza amministrativa come sindaco di Vietri sul Mare e presidente della Comunità Montana Penisola Amalfitana, riflette su un dato importante: con le sue ventotto Comunità Montane la nostra regione, per il 35% montuosa, è fra le prime in Italia e che a buon diritto potrebbe candidarsi come modello nella cura del territorio. Le Comunità Montane sul territorio nazionale, sottolinea Andrea Cirillo, ben 400, per un totale di undici milioni di abitanti, cioè una percentuale ragguardevole della popolazione nazionale, sicché la loro importanza, lungi dall’andar scemando, va rafforzata e consolidata mediante una gestione unitaria comprensiva di tutte le realtà presenti sul territorio, non solo quelle geografiche, ma anche politiche. “Siamo al paradosso di vedere i cacciatori ed i cercatori di funghi, cioè coloro che usano la montagna solo per il loro diletto e la riempiono di rifiuti, di avere più voce dei residenti”, racconta.

“Noi responsabili dei territori che ospitano alcuni fra i migliori produttori di vino mondiali siamo stati emarginati dalla Regione Campania in sede di organizzazione delle “Strade del Vino”, grida Raffaele Ferraioli.”Noi diamo voce a chi vuole rimanere dove Dio lo ha seminato”, aggiunge. Ed alla platea spiega pillole di “sociopsicologia del turismo” dove, partendo da una citazione di un Italo Calvino del 1982, si dà conto di un turismo moderno che vuole annusare, gustare ed inghiottire aria e sapori di territori che ha già visto in Tv e studiato su Internet. “Venite a Furore dove abbiamo già realizzato un vero e proprio santuario del gusto”.

Giovanni Quaranta.

La relazione scientifica dell’incontro è stata affidata al prof. Giovanni Quaranta, docente di economia e politica agraria presso il Dipartimento Tecnico Economico per la Gestione del Territorio Agricolo-Forestale dell’Università della Basilicata, responsabile scientifico del progetto di ricerca Desertlinks (Combating Desertification in Mediterranean Europe: Linking Science with Stakeholders), finanziato dalla Ue e riguardante i processi di desertificazione nei paesi del Bacino del Mediterraneo (per l’Italia l’area di studio è la Val d’Agri). “Parliamo tanto di prodotti tipici ma gli italiani non hanno le idee chiare sull’argomento. Una larga fetta, secondo un serio sondaggio del Censis, ne ricorda uno solo: la Nutella!”. Per lo studioso, originario di Sicignano degli Alburni, l’unico modo di “contare” che hanno le aree della montagna mediterranea è quello di organizzare l’offerta per territori omogenei e mettendoci dentro cultura, buone pratiche agricole, qualità della vita, storia e tradizioni. Puntare su di un solo prodotto è velleitario. “A Controne basta un solo camion, senza rimorchio, per portarsi via tutta la produzione dei celeberrimi fagioli”. E’ il territorio, ha più volte sottolineato, il primo fattore della produzione.

“Sui 30 mila posti letto del turismo della Costiera vigilano le aree montane. Non si può gettare il bambino con tutta l’acqua sporca. C’è da innovare – ha concluso Giovanni Quaranta - ma non si può negare al mondo della montagna, che presenta anche una diffusa imprenditorialità, un ruolo di primo piano”. Attenzione, la desertificazione non è solo un fatto climatico, è il pensiero dell’agroscienziato di Sicignano degli Alburni.

Le storie d’impresa.

Le storie d’impresa sono tante, ma nell’incontro di Vietri, l’attenzione è andata a due esperienze nate e sviluppate attorno ai monti Alburni.

Antonio Valitutto, 46 anni e perito agrario, a Sicignano, ha fatto ideato e sviluppato una modernissima azienda agricola che coltivando appena 10 ettari di serre sotto alle quali crescono milioni di piantine di fragoline di bosco dà lavoro, a casa loro, a 70 persone. Attorno all’azienda – pilota altre iniziative sono nate e, fra Sicignano, Petina e Colliano, è nato un piccolo distretto della “fragolina” che fornisce reddito ed occupazione a 400 persone.

“Trent’anni fa mio padre spostò capitali e capacità imprenditoriali da una zona interna alla piana di Eboli. Mise su un vivaio che si sviluppò benissimo. Ora, noi, le sue figlie, siamo tornate ad investire nei terreni dei nonni. Abbiamo creato dei vigneti”. Le sorelle Alberta e Marina Cupo non passano inosservate sia per l’avvenenza prorompente che per il coraggio, e le capacità, messe nella creazione, a Colliano, di una casa vinicola che scommette sull’Aglianico e nel recupero di biodiversità andate ormai perdute.”Abbiamo recuperato, coltivato e fatto iscrivere nei registri del Ministero dell’Agricoltura il peperone collo di capra”, sottolinea orgogliosa.

Due iniziative che cercano di contrastare, con le “buone pratiche” evocate da Giovanni Quaranta, la prospettiva del “paese che non c’è” che solo un poeta come Alfonso Gatto poteva vedere.

Il fatto.

“Montagne e tipicità. I prodotti tipici e di qualità nelle politiche di sviluppo della montagna”, questo è il tema affrontato dall’unione delle comunità montane della Campania, in un incontro tenuto a Vietri. “Si tratta di una riflessione sulle terre alte, la loro valorizzazione per ottenere lo sviluppo economico ed arrestare il costante decremento demografico” – dice Enzo Luciano, della giunta nazionale dell’Uncem. “Montagna in Italia vuol dire tradizione, cultura, innovazione ed identità che si mettono in gioco nella post-modernità”, racconta ancora Luciano. Si fa riferimento alla crescita di associazioni culturali, piccoli musei, microimprese economiche e protagonismo delle stesse amministrazioni comunali che dimostrano – ove ce ne fosse necessità – che attorno ai campanili più piccoli c’è vitalità.


Oreste Mottola
orestemottola@gmail.com
338 4624615