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INTERVISTA AL PRESIDENTE DELLA COMPAGNIA DEI VIGNAIOLI DEL MONFERRATO : STRATEGIE E PROGRAMMI PER I PROSSIMI TRE ANNI DI ATTIVITA'
(4 marzo 2003)

LA SCHEDA
Da poco meno di un mese Domenico Ravizza è il nuovo presidente della Compagnia dei Vignaioli del Monferrato, un nutrito gruppo di aziende, nato forse un po' per scommessa ma che ora, dopo quattro anni si ritrova a fare le cose sul serio. Ravizza convive con il mondo vinicolo sin dall'infanzia. Suo padre, Giuseppe, è stato uno dei leader della Coldiretti, poi consigliere provinciale ad Alessandria e naturalmente produttore vinicolo di fama e di riferimento per gli altri produttori della zona. Domenico ha condotto studi di enologia ad Alba ed ha iniziato giovanissimo ad occuparsi di vino nell'azienda di famiglia. Poi, in circostanze del tutto originali per il mondo agricolo monferrino, è arrivata l'occasione di fondare la Vi.Ca.Ra con due soci (Visconti e Cassinis), primo e finora unico esempio di come sia possibile anche in agricoltura ottimizzare i costi e massimizzare le strategie di mercato unendo le aziende in forma di società. Della Vicara, Ravizza è il cuore produttivo, e come tale si è dimostrato nelle scelte produttive un "integralista" della monferrinità. Le sue scelte coraggiose in anni ormai lontani di puntare ad esempio in toto sulla doc Barbera del Monferrato, anziché su quella Asti come facevano in molti al tempo per ragioni prettamente commerciali, sono state antesignane di tanti dibattiti contemporanei sulla necessità di avere una Docg per difendere l'immagine del territorio. Sposato, due figlie, dedica al vino tutto il suo tempo; e quando non è lavoro è svago, è piacere di studiare i casi di successo dell'enologia internazionale per carpirne i segreti. Inoltre crede nella forza del territorio e nella forza del gruppo come via privilegiata per creare opinioni e tendenze

L'INTERVISTA
Ravizza, qual'è lo stato dell'arte dell'associazione Compagnia dei Vignaioli che lei eredita assumendone la presidenza?
"Con gli ultimi due associati il gruppo è salito a ventuno componenti, vi sono cantine, ristorante, distilleria, produttore di specialità alimentari tipiche; vi sono soci più attivi e altri meno, però il gruppo è molto coeso nel suo nocciolo duro, che possiamo far coincidere con le aziende che hanno partecipato con lo stand collettivo all'ultimo salone del vino di Torino. Allo stato attuale, non esistono nel Monferrato Casalese delle realtà aziendali di dimensioni e di tendenza tali da realizzare quel traino indispensabile al territorio, pertanto la "La Compagnia dei Vignaioli del Monferrato" ha spazio per assolvere un compito di compensazione, può rappresentare adeguatamente un esempio ottimale di come il gruppo può integrare il lavoro dei singoli, non con l'ambizione di apparire ma con la coerenza che un esempio di coesione può realizzare quegli obbiettivi minimi che un territorio come il nostro è in grado di esprimere.
Come cita una pubblicità famosa "ogni momento è quello giusto" ma ancor oggi più di ieri, forti delle esperienze, positive e negative , che il Monferrato Casalese ha saputo esprimere anche negli anni 70 dall'idea del Sen. Desana del "Comitato Vini del Monferrato" sull'esempio dei "Comité du vigneron" francesi. Direi che è un'ottima base di partenza per costruire, per cui un grazie a chi ha portato l'associazione dal suo nascere fino a questo punto".

In vitivinicoltura non mancano certo spunti di associazionismo preesistenti e consolidati, c'è spazio per un gruppo come il vostro fondato relativamente da poco tempo?
"C'è spazio per agglomerazioni che si pongano come obiettivo programmi precisi. La Compagnia è una di queste: dove i componenti devono trovare ampi spazi di realizzazione senza timori di concorrenzialità, in un mondo dove coerentemente c'è spazio per tutti, dove i soci devono avere caratteristiche comuni, come ad esempio il livello qualitativo dei vini prodotti, una certa conformità alla carta della qualità che venne stilata a suo tempo dal Gal, il sentire l'esigenza di presentarsi al mercato in forma associata da cui traspaia una certa immagine di territorio oltre che di singole aziende".

Qual è il suo programma d'attività?
"Prima di tutto il gruppo deve ancora crescere in termini di coscienza collettiva, intendo dire che dobbiamo migliorare la nostra capacità individuale di ragionare parallelamente come singole aziende e come elementi di un sistema.
Uno dei passaggi fondamentali sarà la creazione di un sistema di comunicazione in cui le informazioni e le idee dei singoli circoleranno all'interno del gruppo con una certa tempestività. Per questo utilizzeremo gli strumenti che la tecnologia ci mette a disposizione per discutere tra di noi senza muoverci da casa con notevole vantaggio e risparmio di tempo.
Cercheremo quindi di fare opinione sul territorio sulle tematiche del momento; penso ad esempio all'attualità del dibattito sulle Docg nel quale finora come gruppo non siamo ancora entrati. Infine si dovrà pensare ad un micro piano di marketing e comunicazione, nel quale possiamo già contemplare la partecipazione ad alcune fiere importanti di settore.
Abbiamo già confermato la presenza al prossimo Salone del Vino di Torino, ci alletta l'idea di spendere uguale formula a Vinitaly 2004, e stiamo pensando ad una presenza in una prestigiosa fiera estera".

Mentre si parla di Docg Barbera lei più volte non ha fatto mistero di essere più interessato a soluzioni diverse, non è vero?
"E' esattamente così, si rileva una certa riluttanza alla DOCG delle barbere da parte di alcune realtà produttive, nonostante lo sforzo di alcuni elementi istituzionali. Sono certamente più propenso ad una Denominazione nuova tipo "Monferrato Casalese" che finalmente renda giustizia ad un territorio vitivinicolo di rilievo storico-culturale, la quale comprenda: Grignolino, Grignolino Riserva, Barbera, Barbera Superiore, Barbera Riserva.
La denominazione andrebbe riportata in etichetta quasi fosse un marchio. Questo ci costringerebbe ad attivare il Consorzio di Tutela "Monferrato Casalese" con attività di controllo e zonazione del territorio con l'individuazione (a richiesta delle aziende) dei vigneti a grande vocazione e Certificazione, inserimento all'albo Riserva dei vigneti individuati (una sorta di cru sottoposta al parere del consorzio cui legare il nome/marchio che ogni azienda propone).
Tutto ciò rappresenterebbe un'autentica svolta per garantire a tutti di poter vivere decorosamente del proprio lavoro ed incrementare il valore delle aziende".