Noi siamo piccoli, ma cresceremo
Cosa si produce in Australia? Lo sappiamo tutti... Shiraz, Cabernet
Sauvignon, Merlot, Chardonnay... Ma sarà proprio così?
di Riccardo Modesti
Per entrare nell'argomento
A rileggere questo articolo mi viene in mente la rubrica delle "Spigolature"
di un diffusissimo settimanale che vanta innumerevoli tentativi di imitazione.
In realtà mi sono realmente sorpreso delle cose che ho scoperto in questa
ricerca perchè, se è vero che la stragrande maggioranza delle uve australiane
coltivate sono quelle che tutti conoscono o si immaginano, alcune delle
quali le ho brevemente elencate nel sommario, esiste però di fatto un
"sottobosco" di altre varietà allevate proprio nell'ottica di offrire
qualcosa di diverso, per differenziarsi e ottenere un vantaggio competitivo.
Vediamo un po' di cosa si tratta, allora.
Dai vitigni fatti in casa...
Partiamo dai vitigni che i prodi australiani si sono fatti in casa, esattamente
presso lo CSIRO - Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation
-, un ente di ricerca a livello nazionale che si occupa, tra i molti campi
di attività, anche di viticoltura: la sperimentazione volta a ottenere
vitigni "migliorativi", in grado di essere trasferiti in campo per applicazioni
commerciali, ha preso il via negli anni Sessanta. Qualche risultato lo
si è ottenuto, a partire da una varietà chiamata Tarrango, che non è un
villaggio a est di Durango bensì una varietà a bacca rossa ottenuta dall'incrocio
tra la Touriga nacional, varietà portoghese, e la Sultana, alias l'uva
sultanina, con l'obiettivo di avere una varietà a maturazione prolungata
in climi caldi, in grado di mantenere una buona acidità e con un contenuto
in tannini moderato. Un terzo delle vendite, nonché il 20% dell'export
della winery Brown Brothers, si basa su vini prodotti da questo vitigno.
Taminga è invece una varietà a bacca bianca ottenuta da incroci successivi
tra Riesling (renano), Farana - varietà iberica a bacca rossa - e Gewürztraminer.
Tra i suoi punti di forza la resistenza alla siccità e l'ottima produttività.
Gode di buona considerazione per la produzione di vini dolci: viene anche
considerata di un certo interesse per il mercato asiatico, in particolare
per l'abbinamento con alcune tipologie di cucina. L'azienda Trentham Estate
la impiega per produrre un vino da dessert utilizzando uve vendemmiate
tardivamente.
Da incroci successivi tra il Cabernet sauvignon e la tutt'altro che celebre
varietà spagnola Sumoll, presente in quantità molto limitata in Catalogna,
sono stati ottenuti quattro vitigni che recano i nomi di Cienna, Tyrian,
Vermilion e Rubienne. La scelta del Sumoll è dovuta alla sua capacità
di crescere in condizioni molto calde e asciutte, con l'idea quindi di
ottenere vitigni particolarmente adatti e resistenti per le zone vitivinicole
più estreme da questo punto di vista, che non mancano certo in Australia.
Tra i parametri considerati che hanno portato alla selezione finale il
rapporto zucchero/acidi nella bacca, la capacità di produrre vini a pH
basso, colorati, con interessanti peculiarità aromatiche e, aspetto tutt'altro
che secondario, una produttività soddisfacente. Le varietà sono state
poi testate in tre regioni viticole differenti, esattamente Coonawarra,
Avoca e Sunraysia, e poi date in pasto ad alcune aziende interessate alla
possibile applicazione commerciale per dar loro la possibilità di testarle
dal vero.
La già citata Brown Brothers sta producendo vini a base Cienna ormai da
qualche anno, vitigno nel quale ripongono una fiducia perfino superiore
al Tarrango e tale che, dopo avere piantato mezzo ettaro in via sperimentale,
ne hanno piantati altri venti. Anche la winery Yalumba ha deciso di percorrere
la strada della Cienna, anche se in modo più prudente: un impianto di
due ettari e mezzo. I grandi tifosi della varietà Tyrian, leggermente
più tardiva rispetto al Cabernet Sauvignon, stanno invece alla McWilliam's
Wines, dove vedono in questa nuova varietà tutte le carte in regola per
ottenere un grande successo. L'applicazione commerciale è già in essere
da alcuni anni, producendo un vino dalle caratteristiche, a loro dire,
interessanti perchè differenti dal solito. Il Rubienne infine, varietà
che matura contemporaneamente al Cabernet Sauvignon, è invece ancora oggetto
di osservazioni nelle sapienti mani del colosso Orlando Wyndham Group,
che gli ha dedicato alcuni vigneti sperimentali ma non ancora una produzione
volta alla commercializzazione.
... a quelli poco noti...
Il Crouchen, invece, è sicuramente qualcosa da scoprire: è una varietà
a bacca bianca originaria della Francia, più precisamente della regione
dei Pirenei. E' diffusa anche in Sudafrica con il nome di Cape Riesling,
dove grazie alla legislazione locale può essere commercializzata come
Riesling tout court: curiosamente anche in Australia possiede un nome
locale che, sebbene ormai in disuso, fa riferimento al famoso vitigno
tedesco, cioè Clare Riesling.
Il Chambourcin è un ibrido interspecifico, ottenuto da una lunga catena
di incroci, sviluppato da Joannes Seibel in Francia, dove prima che questi
vitigni - ottenuti da incroci in cui non tutti i genitori appartengono
alla specie Vitis vinifera - fossero messi al bando, aveva riscosso un
discreto successo per la sua eccellente resistenza alle malattie fungine
e per un carattere "foxy" molto mitigato se non, in alcuni casi, assente.
E' piuttosto diffuso anche negli Stati Uniti, nel Midwest e nell'Est,
oltre che in Canada.
Il Ruby Cabernet è una varietà a bacca rossa ottenuta da un incrocio tra
Carignano e Cabernet sauvignon, prodotta negli Stati Uniti da H.P. Olmo
dell'università californiana di Davis intorno al 1950 con l'obiettivo
di unire alla produttività del primo i tratti di nobiltà del secondo.
E' diffuso in California e Sudafrica, oltre che nella terra dei canguri.
Anche il Carnelian è una varietà a bacca rossa, ottenuta però da un incrocio
tra Carignano e Cabernet Sauvignon, successivamente incrociato con Grenache.
E' sempre frutto del lavoro dell'appena citato H.P. Olmo, che aveva in
mente di produrre un Cabernet sauvignon con ottima adattabilità ai climi
caldi. Utilizzato in Texas e nelle Hawaii, è giunto in Australia in maniera
accidentale in quanto alcune aziende lo hanno piantato nei propri vigneti
sicuri con la certezza che fosse Sangiovese.
Il Gouais blanc è una varietà francese della quale non si trovano più
tracce in patria, ma la cui fama è legata al suo essere uno dei genitori
dello Chardonnay: anche quando se ne parla, di solito, lo si fa con il
riguardo che si usa per un caro estinto. Tuttavia, questo glorioso vitigno,
genitore anche di altre uve, è ancora in circolazione e precisamente nei
vigneti della winery Chambers Rosewood, dove viene valorizzato al punto
da farne un vino in purezza.
Forse non tutti sanno che della piattaforma ampelografica della Champagne
fanno parte anche due varietà assolutamente misconosciute come l'Arbanne
e il Petit Meslier: proprio quest'ultimo viene utilizzato dalla Irwine
Wines, Eden Valley, per produrre, manco a dirlo, bollicine.
Il Durif è un incrocio tra Peloursin e Syrah prodotto verso la fine dell'Ottocento
in Francia con l'intento di ottenere un vitigno resistente alla peronospora.
Praticamente assente dai vigneti transalpini, ha riscosso una certa fortuna
in California con il nome di Petite Sirah (non Syrah). In Australia sta
vivendo un interessante revival legato sia alle proprie qualità - frutto,
colore e tannino -, ma anche nell'ottica di proporre un vino con un nome
diverso dal solito.
Chiudiamo con il Colombard, varietà a bacca bianca più diffusa in Australia
di Sauvignon blanc, Pinot noir e Pinot grigio: è una varietà francese
poco profeta in patria, dove è prevista tra i vitigni accessori di diverse
Aoc ma della quale non ricordo di aver mai sentito parlare in toni particolarmente
entusiastici. La morte sua, in effetti, è finire distillato e diventare
Cognac.
... agli incidenti di percorso...
Un altro vitigno piuttosto particolare è il Cynge Blanc, vitigno a bacca
bianca che è stato rinvenuto e propagato da un'azienda sita nell'Australia
occidentale, la Mann Winery, e che lo usa per produrre del vino spumante.
Si pensa che si sia originato a partire da un semenzaio di Cabernet sauvignon.
Nel 1977, invece, mentre Mac Clegget stava vendemmiando il proprio vigneto
di Cabernet sauvignon notò che un singolo tralcio di una pianta portava
uva di colore rosa. Egli pensò subito che un accidente del genere - di
fatto una mutazione - potesse trasformarsi immediatamente in una opportunità
commerciale, e il legno venne utilizzato per propagazioni successive finché
un giorno il Malian, come venne battezzata questa varietà, cominciò a
produrre uva a bacca bianca, battezzata a sua volta Shalistin. Successive
analisi del DNA confermarono che i due vitigni possedevano lo stesso profilo
del Cabernet sauvignon. Entrambi si trovano solo presso la Clegget Wines,
e dall'anno 2000 sono utilizzati per produzioni commerciali.
... ai sinonimi...
Doradillo è invece il nome di un vitigno spagnolo a bacca bianca, chiamato
Jaén Blanco: sempre in Australia è conosciuto anche come Blanquette, giusto
per creare un po' di confusione.
Chi non conosce, invece, il Mataro alzi la mano... Si tratta di un sinonimo
della varietà a bacca rossa Mourvédre, allevata nel sud della Francia.
Anche il Muscat Gordo Blanco può, di primo acchito, lasciare perplessi:
in realtà si tratta del Moscato di Alessandria.
... ai Paisà...
Non poteva ovviamente mancare anche in Australia una nutrita rappresentanza
dei nostri vitigni. Del resto, un po' per le emigrazioni, un po' per la
voglia di emulare i nostri vini, sono ormai parecchie le varietà che hanno
messo piede laggiù, alcune delle quali hanno raggiunto delle estensioni
piuttosto interessanti. Un punto di forza universalmente riconosciuto
alle varietà italiane è il fatto che se ne ottengono vini con particolari
attitudini all'abbinamento con il cibo.
Il Sangiovese è il vitigno di origine italica più diffuso: sono circa
150 le wineries che lo utilizzano, e i 19.000 ettolitri esportati tra
luglio 2006 e luglio 2007, principalmente nel Regno Unito, cominciano
a essere un quantitativo interessante. Da esso si producono non solo vini
rossi ma anche rosati. Una diffusione interessante, sebbene inferiore
per quantità a quella del Sangiovese, è quella raggiunta da alcuni vitigni
di origine piemontese: Nebbiolo, Barbera, Dolcetto e Arneis. A dire il
vero risulterebbero esserci, sebbene in quantità limitatissima, perfino
del Cortese e del Brachetto. Anche il Lagrein è arrivato in Australia:
ho trovato degli articoli di un po' di tempo fa che ne parlavano in toni
decisamente entusiastici. Cobaw Ridge Wines lo propone ormai da alcuni
anni e, a quanto pare, gli ettari vitati a Lagrein siano in forte aumento.
Scartabellando tra i siti web di diverse winery, poi, si scoprono altre
cose interessanti: un vino chiamato Aleatico ottenuto da un Moscato a
bacca rossa non meglio identificato, piuttosto che un inedito blend tra
Malvasia istriana e Vermentino. E poi Corvina, Rondinella, Fiano, Sagrantino,
Prosecco, Marzemino...
Un australiano che crede molto nelle varietà italiane è Garry Crittenden,
che sui vitigni italiani ha costruito addirittura una linea di prodotti
nella propria gamma aziendale - l'azienda si chiama Dromana Estate - il
cui nome, Pinocchio, è un programma di intenti che è tutto un programma.
Di questa linea fa parte anche un vino che lui chiama Moscato, ma che
in realtà è fatto con tutt'altri vitigni, principalmente Gewürztraminer.
A Dromana Estate esiste anche la linea Geppetto, il cui nome resta peraltro
un mistero visto che non comprende vini fatti da vitigni italiani.
... al personaggio misterioso.
Si chiama semplicemente 1893: si trova nel Queensland, presso Rimfire
Vineyards. E' una varietà a bacca bianca che prende il nome dall'anno
in cui venne piantato il primo vigneto dove sorge oggi l'azienda, e per
la quale tutti i tentativi di identificazione hanno avuto finora esito
negativo. Se qualcuno volesse cimentarsi andando per analogie sensoriali
può rivolgersi a Rimfire Vineyards e farsi inviare il vino prodotto da
questo vitigno misterioso.
Chiudiamo la carrellata con un vitigno che un nome ce l'ha, ma del quale
non sono riuscito a capire molto: si chiama Saint-Macaire, è a bacca rossa,
e l'azienda che da esso produce un vino, che si chiama Westend Estate
Wines, sostiene non solo di essere l'unica ad averlo tra i propri filari
- il che può essere vero - ma anche che si tratti di una varietà australiana.
Altre fonti che ho consultato sono discordanti tra loro: si va dalla rara
varietà francese all'uva californiana di scarso pregio e dalle origini
misteriose. Se qualcuno avesse informazioni definitive a riguardo mi contatti
pure via e-mail, sarò lieto di imparare qualcosa di nuovo.
Per concludere...
Si potrebbe dire che, per chi non ha la fortuna di trovarsi vitigni tradizionali
in casa, esistono tre possibilità per non correre il rischio di annoiare
se stesso e il proprio mercato di riferimento: andarseli a cercare altrove,
produrseli, o trovarseli improvvisamente tra le mani per un capriccio
della natura. A parte tutto, la cosa importante, credo, è che finché il
tasso di biodiversità si manterrà sufficientemente elevato perfino laddove
si suppone non esista, non correremo certo il rischio di annoiarci, e
potremo continuare così a dissertare su questa fantastica bevanda assolutamente
affascinante quale è il vino.
Riccardo Modesti
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