Signori, si cambia!
Cresce la voglia di Riesling negli Stati Uniti. Cresce la voglia di
cose diverse
di Riccardo Modesti
Per entrare nell’argomento...
I luoghi comuni sono quanto di più riposante possa esistere per il nostro
cervello: si può vivere e, con un pizzico di parlantina, diventare financo
opinion leader mettendone insieme anche solo un discreto numero, a patto
ovviamente di effettuarne un periodico rinnovamento. Tale rinnovamento,
peraltro, si realizza in modo automatico e inconsapevole, in quanto un
luogo comune finisce con lo scacciarne un altro.
Perchè i luoghi comuni sono riposanti? Perchè rappresentano delle semplificazioni
della realtà, delle approssimazioni, che però non sono sempre opportune
o prive di rischi.
Prendiamo il consumatore di vino: il luogo comune dominante è che esiste
un unico mercato indistinto, un unico consumatore tipo (mi fanno impazzire
quelli che parlano del “mercato”... “Il mercato chiede questo e quest’altro...”,
ma quale mercato, mi chiedo?) trascurando il fatto che la prosperità in
cui viviamo ha già soddisfatto (per molti di noi, beninteso, non per tutti,
purtroppo) i bisogni primari e che tutto il resto del consumo funziona,
in larga misura, o per effetto branco oppure per soddisfare le proprie
pulsioni individualiste.
Prendiamo il consumatore di vino statunitense: già qui qualche problema
si rischia di averlo. West oppure East Coast? Da quanto tempo consuma
vino? In quali occasioni? Già queste tre semplici domande scompaginano
il tranquillo luogo comune dell’”amerikano” che beve in grande misura
Cabernet iperconcentrati e Chardonnay supermorbidi e burrosi, oppure del
Pinot grigio quando vuole qualcosa di meno impegnativo. E’ possibile iniziare
a guardare al mercato statunitense considerandolo come un’entità in cui
esiste una scalarità nell’affinamento del gusto e, quindi, nella capacità
di ricercare qualcosa di nuovo tra ciò che viene prodotto nle resto del
globo e che qualcuno comincia a offrire anche laggiù?
Evoluzione del gusto
So bene che ciò che sto per scrivere è veramente poco originale, ma è
utile a fissare i paletti: se il gusto dominante nella cucina è la tendenza
dolce e se la sensazione tattile più facilmente rintracciabile è quella
di morbidezza, è decisamente più appropriato “educare” il palato di un
nuovo consumatore di un nuovo prodotto riproponendo ciò che egli conosce.
Così, sarebbe dunque opportuno riflettere sul fatto che questi vituperati
vini sono in fondo serviti a creare una base di consumatori, una parte
dei quali, prima o poi, cercherà qualcosa di diverso.
E’ un percorso compiuto negli anni da tante persone che conosco, incluso
il sottoscritto: si parte invaghendosi perdutamente di chardonnay burrosi
e ricchi di aromi vanigliati nonché di cabernet sauvignon morbidi, profondi
e fruttati, per poi andare a cercare gusti nuovi e diversi, magari anche
più sgraziati, meno armonici, più spigolosi, ma senza dubbio sorprendenti,
individuali, sottili. E’ lecito dunque pensare che la stessa parabola
verrà - o lo è già stata - percorsa da molti consumatori statunitensi,
ovviamente non da tutti, ma da molti sì. Ed è lì che bisogna cogliere
la palla al balzo, perché anche se il gusto è globalizzato esistono segmenti
di mercato che rifuggono ogni possibile sentore di globalizzazione come
la peste.
Finalmente Riesling...
Del resto anche la stampa specializzata sta cominciando a occuparsi di
questa nuova tendenza in atto nel mercato più interessante al mondo: l’effetto
Sideways, il movimento ABC (lo ricordo, Anything But Chardonnay o Cabernet),
e l’apparire sull’etichetta di alcuni vini di indicazioni del tipo “unoaked”
(senza legno, ma la traduzione letterale sarebbe “senza quercia”) sono
stati i primi indizi relativi alla parabola che qualche segmento del mercato
statunitense sta percorrendo.
Il nuovo fenomeno si chiama Riesling - con ovvio riferimento a quello
renano -: gli interessanti numeri della sua crescita - +155% negli ultimi
tre anni per le importazioni -, indicano una tendenza destinata ancora
ad aumentare, nonché un’interessante prospettiva di mercato per chi ha
la possibilità di poterlo produrre o per chi voglia comunque provarci.
Il dato certo, all’attuale stato delle cose, è che il successo è grande
e la richiesta supera addirittura l’offerta.
... e soprattutto Riesling come Dio comanda
Insomma, nel mercato statunitense sembrano finalmente essere comparsi
in numero cospicuo coloro che sono in grado di apprezzare quelle sottigliezze
del Riesling che fanno impazzire soprattutto noi Europei, ovvero la sua
complessità aromatica - sentore di idrocarburo incluso - e la sua vibrante
freschezza - in grado di rendere palatabili residui zuccherini talvolta
mostruosi -, il tutto condito da gradazioni alcoliche più umane. Tutto
ciò sembra aver reso la vita difficile a gran parte dei Riesling “homemade”,
tendenzialmente molli e dolci, i produttori dei quali hanno compreso che
sarà opportuno cambiare passo: per chi invece vorrà cimentarsi con questa
nuova opportunità di mercato che rischia di sfociare in una moda da consumi
a vasta scala, sarà opportuno studiare la lezione tedesca, austriaca e
alsaziana, basata innanzitutto su viticolture caratterizzate da condizioni
climatiche fresche. Sembrano insomma essere lontani i tempi in cui Robert
Parker Jr. premiava, tra gli altri, Riesling alsaziani con evidente residuo
zuccherino, come mi ha raccontato un paio d’anni fa con grande disappunto
Hubert Trimbach, uno dei due fratelli proprietari della celebre maison
di Ribeauvillé. Lo stile Riesling tendente al secco sembra insomma finalmente
imporsi.
Produzioni casalinghe
Altro motivo alla base del successo è la crescente attenzione che il Riesling
sta avendo per la sua versatilità a tavola, fatto che lo rende molto popolare
tra i sommelier soprattutto della costa occidentale: il problema è che
ce ne è in circolazione molto poco, anche perché la sua produzione in
California è ancora piuttosto marginale. Tuttavia, l’attenzione suscitata
dal vitigno tedesco non è ovviamente passata inosservata nello Stato che
da solo fa il 90% della produzione vitivinicola statunitense: proprio
per questo si attende un’esplosione significativa nei prossimi anni.
La zona più tradizionalmente dedita alla produzione di Riesling in Usa
è infatti quella della East Coast, in particolare nella regione dei Finger
Lakes, nello stato di New York. Le quantità sono però, anche in questo
caso, piuttosto scarse.
Ritornando sulla costa occidentale, ma non in California, vanno segnalate
alcune significative presenze nello stato di Washington: qui agiscono
in qualità di consiglieri - se non addirittura come soci - molto informati
sui fatti due personaggi del calibro di Ernst Loosen, il celebre produttore
della Mosella forse più noto come Dr Loosen, e Armin Diel, produttore
della Nahe - sempre Germania -. Proprio Loosen e la winery Ste Michelle
Wine Estates hanno creato il marchio Eroica, il cui Riesling ha rappresentato
un notevole balzo in avanti qualitativo rispetto agli standard a stelle
e strisce. A testimonianza di tutto ciò valga il fatto che nel 2005 Ste
Michelle ha praticamente bruciato in pochissimo tempo ben 7,6 milioni
di bottiglie di Riesling, e che in seguito a ciò l’azienda abbia caldamente
consigliato ai viticoltori da cui si approvvigiona di uve di piantare
Riesling, Riesling e ancora Riesling. A puro livello statistico citiamo
anche, e con questo terminiamo, i poco più di 200 ettari di Riesling presenti
in Oregon.
Per concludere...
La realtà è sempre molto più complessa di come la immaginiamo, e presenta
una serie di opportunità tutte da scoprire. In essa, perfino i perfidi
“amerikani” globalizzatori del gusto possono arrivare a sorprenderci:
è un dato di cui tenere conto quando si ragiona in termini di mercati
e di scelte poiché, più che la bandiera che lo rappresenta, è l’essere
umano con la sua scintilla di individualismo che riesce sempre a fare
la differenza.
Riccardo Modesti
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