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I testimonial nel marketing del vino e dell'agroalimentare
di Slawka G. Scarso

I testimonial sono di sicuro uno strumento importante nel settore del marketing. E non si parla solo di quelli famosi. Di fatto, come è stato mostrato recentemente da uno studio effettuato nel Regno Unito e in Svizzera, i consumatori si affidano maggiormente ai testimonial scelti tra i proprio pari che a quelli famosi. Insomma, secondo questa ricerca sono passati i tempi in cui George Clooney ci poteva convincere a comprare un particolare spumante o un certo caffè.

Il concetto dietro il testimonial, sia esso famoso o assolutamente sconosciuto, sta in un consiglio personale che viene fatto al consumatore finale. Internet poi, ha visto il fiorire di milioni di mini-testimonianze personali, giudizi positivi che vengono dati a un prodotto e pubblicati sul sito internet aziendale per rassicurare i clienti potenziali e indurli all'acquisto. Di fatto, esempi di questo genere nel settore del vino ancora mancano, mentre sono più diffusi soprattutto per i servizi, dove, vista l'intangibilità di ciò che viene venduto, la parola di qualcuno assume molta più importanza.
Del resto, in questo periodo della storia dei media in cui siamo diventati estremamente scettici nei confronti dei messaggi pubblicitari tout cour, la parola di una persona conta molto di più, e il fiorire di blog contenitori di degustazioni di vino fatte dai "comuni mortali" ne è la dimostrazione.
Così se da un lato con il testimonial famoso si spinge a creare un elemento aspirazionale - voglio essere proprio come quell'attrice lì che usa sempre quel prodotto - dall'altro il testimonial sconosciuto permette forse di generare un più forte senso di empatia.

Quanto al mondo del vino, finora si è stati abituati soprattutto ai testimonial famosi: il già menzionato George Clooney, accettato a una festa solo se accompagnato da uno spumante Martini, ne è l'esempio più emblematico; Paris Hilton e il discusso finto prosecco ha pure fatto parlare di sé; e anche Federico Fazzuoli, tanto criticato dagli esperti del settore per aver messo in gioco la sua reputazione con un vino in tetrabrik. E ancora, altri dal passato recente,come Matilde Brandi per Fontana di Papa o Bruno Pizzul per il Vino Nobile di Montepulciano. Quanto alle testimonianze dei consumatori finali, queste appaiono più facilmente nel caso di aziende che offrono anche ospitalità, e in quel caso il Mario Rossi di turno si riferisce più a quello che al vino.

C'è tuttavia, un elemento che distingue il settore del vino e dell'agroalimentare in genere dagli altri settori, ed è quello del testimonial-proprietario. In un settore più delicato degli altri, in cui se qualcosa va male nel prodotto i rischi possono riguardare anche la salute (per fortuna i casi sono così rari e di fatto si parla giustamente di più dei benefici del vino per la stessa salute), ci sono produttori che c'hanno messo la faccia. Il primo è stato di certo Giovanni Rana, ma anche nel mondo del vino non si scherza. Così sulle pubblicità stampa, soprattutto, appaiono famiglie intere in tutta la loro moltitudine di generazioni che si fanno primi testimoni dei propri prodotti, che mettono una garanzia di qualità che si basa sul mettersi realmente in gioco.

Già da tempo Vinzia Novara ha conquistato un po' tutti, mettendosi in primo piano davanti all'azienda Firriato di cui cura, non a caso, proprio la comunicazione. Ci ha pensato anche Massimo Di Lenardo mettendosi simpaticamente in gioco: non bottiglie, non vigneti, non etichette nell'artwork pubblicitario, ma una sola persona, per giunta contro uno sfondo bianco da effetto limbo. Più di recente la campagna di affissioni che ha visto come protagonista Francesco Zonin. Qui il testimonial aziendale acquisisce una nuova dimensione, un nuovo appeal. Una bella faccia, il look giovane e una frase d'amore sono una chiara dichiarazione rivolta alle consumatrici più che ai consumatori. E con una bella presenza del genere, Zonin se lo può tranquillamente permettere.


Slawka G. Scarso