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Parole e volti intorno a un calice
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Parole intorno a un calice con Paolo Benvenuti, direttore di Città
del Vino Intervista di Alessandro Maurilli
Città del Vino è un'Associazione nazionale di 560 Comuni a vocazione vinicola per un totale di 200.000 ettari di vigneti iscritti alle Doc e alle Docg nei Comuni Città del Vino (i 4/5 dei vigneti italiani a denominazione d'origine), 4.075 alberghi (142.000 posti letto), 1.500 aziende agrituristiche (18.000 posti letto), 189 campeggi; centinaia di ristoranti, enoteche e cantine di qualità. Nasce nel 1987 da paesi e città che danno nome ad un vino, che producono nel proprio territorio vini a denominazione di origine o che comunque sono legati al vino per storia, tradizione e cultura. I Comuni delle Città del Vino si distinguono per il loro impegno a favore di uno sviluppo economico e sociale rispettoso dell'ambiente e delle identità locali. L'Associazione opera per la promozione e la valorizzazione delle risorse ambientali, paesaggistiche, artistiche, storiche e turistiche dei territori del vino (Statuto) compresi negli oltre 560 Comuni che aderiscono, coadiuvandoli nel favorire il loro sviluppo economico e sociale. Tutte le Città del Vino operano nel rispetto di un codice di comportamento. Un regolamento disciplina le modalità di adesione da parte dei Comuni e il funzionamento degli organi dirigenti. Attualmente fanno capo a Città del Vino 5 società partecipate per un capitale di € 417.540,00. L'Associazione ha 16 collaboratori fissi, 3 dipendenti. E' socio fondatore e/o associato a 8 tra Fondazioni, Associazioni e Istituti di Ricerca. Ha investito annualmente in progetti per un totale di 450.000 euro mentre nel quinquennio 2000/2005 Città del Vino ha investito in comunicazione e editoria € 1.050.000,00. Per informazioni sulle attività: www.cittadelvino.it L'Intervista: D. Nel 1987 è nata l'Associazione nazionale Città del Vino. Dopo quasi venti anni dalla sua nascita qual è la prima cosa che le viene in mente? R. Mi viene in mente che molti temi oggi all'attenzione del mondo del vino erano nell'atto di nascita della nostra Associazione, segno che avevamo visto giusto. Mi riferisco ad esempio alla tutela dei vitigni autoctoni, alla necessità di promuoverli e valorizzarli commercialmente per dare al mercato un'alternativa valida all'omologazione dei gusti, all'appiattimento delle identità locali. Mi riferisco anche alla maggiore sensibilità per l'ambiente e allo sviluppo sostenibile, temi sempre più sentiti tra i consumatori, i produttori e i protagonisti del governo locale. Non fu certo un caso se l'Associazione nacque all'indomani dello scandalo del vino al metanolo. D. In questi anni il mercato del vino è cambiato molto. Come è cambiata, come si è sviluppata l'attività dell'Associazione? R. Il mercato del vino è cambiato insieme ai consumi, al mondo dell'informazione, agli stili di vita, alle aspettative dei turisti. Riteniamo tuttavia che non dobbiamo perdere di vista la qualità, che poi è governo attento del territorio, rispetto per l'ambiente. Le Città del Vino nascono all'indomani dello scandalo del metanolo, avvenuto giusto vent'anni fa. Furono alcuni sindaci piemontesi e toscani, poco più di una trentina, a fondare l'Associazione il 21 marzo 1987. Dopo il metanolo è cominciata una fase ascendente per il vino italiano, si è cominciato a parlare di qualità, di legame con il territorio, di recupero dei vitigni autoctoni, più recentemente di enoturismo. Di questi temi, che poi rappresentano l'identità e il campo di intervento delle Città del Vino, vogliamo parlare al prossimo Vinitaly, dove insieme a Coldiretti e alla Fondazione Symbola organizzeremo un grande convegno, il 6 aprile, per riflettere sull'evoluzione del mondo vitivinicolo italiano a vent'anni dal metanolo. D. Oggi le Città del Vino sono oltre 540 (Comuni italiani a vocazione vitivinicola), un punto di arrivo o un punto di partenza? R. Un punto di partenza, naturalmente. Credo che vi siano ancora margini di crescita. Ma il numero non rappresenta un obiettivo assoluto. Aderire all'Associazione è un atto politico, oltre che amministrativo: il Comune, il Sindaco, deve essere ben convinto di aderire. Le Città del Vino devono rappresentare una opportunità in più; è il concetto di rete che deve attrarre. Molti piccoli Comuni, proprio grazie alle Città del Vino, hanno avuto modo di far conoscere le loro qualità. Oggi quello che è importante è la governance del mondo del vino, ma questa si può attuare più efficacemente con normative adeguate alla nuova competizione internazionale. D. Tra le attività e i progetti di questi anni, quali sono i più riusciti? R. Sicuramente il piano regolatore delle Città del Vino, l'osservatorio sul turismo del vino a cura di Città del Vino e Censis servizi, il Centro studi Strade del vino, la fondazione Centro Nazionale Vini Passiti, il concorso enologico La Selezione del Sindaco, le tre edizioni del Vinoro, a Marsala. La più bella idea che abbiamo realizzato, seppure con difficoltà, è la rivista Terre del Vino, che affronta in modo nuovo il rapporto tra vino, territorio e turismo. Di particolare importanza è poi il progetto Vinum, condotto insieme alle Università di Siena e di Milano, un interessante progetto di ricerca sulle origini della viticoltura nell'Italia centrale, che mette insieme discipline diverse come l'archeologia, le biotecnologie e l'agronomia. D. Un anticipo sulle attività dell'Associazione nel corso del 2006. R. Sono tante. Innanzitutto il V rapporto sul turismo del vino, quest'anno dedicato alle enoteche pubbliche e private. Ci attendiamo inoltre buoni risultati da Vinum, un progetto importante per la storia della vitivinicoltura etrusca e italiana. Stiamo realizzando in Calabria, nella Locride, un giardino dei vitigni antichi, che sarà un luogo di ricerca e di attrattiva enoturistica e archeologica. C'è poi Calici di Stelle, il 10 agosto, che quest'anno presenterà importanti novità. Infine ci prepareremo a celebrare nel 2007 il ventennale dell'Associazione Città del Vino. D. Ultimamente Città del Vino ha appoggiato il manifesto dell'Associazione Luigi Veronelli in cui si chiede, tra l'altro, il rifinaziamento della Legge 268/99 sulle Strade del Vino. Qual è, secondo lei, la situazione attuale delle Strade? R. Le Strade del Vino sono 136, ma solo alcune funzionano bene. È stato fatto molto, sicuramente si tratta di un'esperienza innovativa e per ampiezza la più importante in Europa. La legge andrebbe rifinanziata per non rimanere in mezzo al guado, per dare un nuovo impulso alle Strade del Vino, che possono rappresentare un'occasione unica per lo sviluppo delle economie locali. D. Qualche mese fa lei si è fatto portavoce, provocando critiche e consensi, di una richiesta di finanziamenti all'editoria enogastronomica. Quali sono le basi di questa richiesta? R. Non ho chiesto finanziamenti all'editoria, ho voluto porre l'attenzione sul fatto che siamo in presenza di una crisi seria. Ci sono un paradosso e alcune contraddizioni nell'editoria italiana. Il paradosso è che a fronte di oltre 5 milioni di appassionati e turisti del vino, le oltre 400 pubblicazioni tra guide, riviste, etc, vendono in un anno appena 250 mila copie. Poi ci sono redazioni che vengono dismesse, una legge finanziaria che affossa le nuove attività editoriali, finanziamenti per l'acquisto della carta e mancanza di finanziamenti per la formazione e l'innovazione professionale. In un contesto in cui mancano anche strumenti finanziari adeguati per le piccole imprese, notiamo che quasi tutte le aziende importanti hanno uffici stampa che promuovono i loro prodotti. Di contro la pubblicità si è dimezzata. Allora mi chiedo, se viene riservato un aiuto alla stampa politica perché non si adottano strumenti uguali anche per altri settori dell'editoria? Perché non si investe in formazione professionale, favorendo lo sviluppo di un'informazione più attenta ai temi e ai problemi? D. Non crede che si creerebbe il rischio di fomentare attività puramente commerciali piuttosto che prodotti editoriali di carattere culturale? R. E' esattamente il contrario. Ne trarrebbe beneficio la riflessione culturale sui temi del vino e del turismo enogastronomico, il confronto informativo con il settore vitivinicolo, un'informazione più libera dalla pubblicità. L'informazione commerciale naturalmente continuerebbe ad avere il proprio spazio, ma senza i tanti condizionamenti delle imprese e dei loro uffici stampa. D. Oggi le edicole sono piene di riviste che parlano di vino (chi meglio, chi peggio), il finanziamento come potrebbe essere gestito? R. Attraverso agevolazioni sugli investimenti, sull'acquisto di nuovi strumenti di comunicazione, sulla professionalizzazione, sull'apertura di nuovi mercati, anche stranieri. D. Cosa sarebbe oggi il mondo del vino senza l'Associazione Città del Vino? R. Sarebbe un mondo senza un interlocutore importante, senza la voce di chi governa e amministra i territori di produzione. Le imprese vivono, si sviluppano e operano sul territorio. Avere accanto amministrazioni sensibili alle loro esigenze e attente agli scenari in cui si sviluppa il comparto del vino, è una risorsa importante, da rafforzare. L'Associazione è uno strumento di servizio, un laboratorio di idee e di iniziative. Oggi conta oltre 540 Comuni e un'esperienza ventennale. E' guardata con interesse da associazioni analoghe che si sono sviluppate a livello europeo, ma che non hanno ancora la nostra forza e i nostri numeri. Grazie a questa esperienza oggi l'Italia ha la presidenza di Recevin, la Rete delle Città del Vino europee. Alessandro Maurilli |