Le triple "AAA" di V.E.L.I.E.R.: agricoltori, artigiani,
artisti, vini d'eccezione
Porthos presenta: Nicolas Joly e la biodinamica (10/06/2003)
Una serata con il noto importatore V.E.L.I.E.R. alla scoperta dei vini
biodinamici d'oltralpe.
Intervento
di Luca Gargano di V.E.L.I.E.R. sulla viticoltura biodinamica
"Vi è capitato negli ultimi anni di pensare che tutti i
vini si assomigliano? Che non esistono quasi più le differenze
di annata? Che tanti, troppi vini siano senza eco? Se la risposta è
affermativa, questa serata può aiutarvi a chiarire le idee".
In questo modo, Luca Gargano di V.E.L.I.E.R., la nota casa importatrice
di vini francesi e non solo con sede a Genova, ha introdotto la serata
di presentazione del suo progetto "Le Triple AAA, Agricoltori, Artigiani,
Artisti, vini d'eccezione" al ristorante La Brinca di Ne (Ge) martedì
10 giugno 2003, intorno alle ore 20,00.
Un appuntamento per addetti ai lavori, trasmesso in diretta
video su TigullioVino.it dalle ore 20.00 alle ore 24.00, dov'è
stato possibile scambiare impressioni con numerosi giornalisti, ristoratori,
enotecari ed altre figure del mondo dell'enogastronomia.
Un momento dell'intervento di Luca Gargano sulla viticoltura biodinamica
Folgorato dalle "rivoluzionarie" idee di Nicolas Joly, vignaiolo
francese che da circa vent'anni opera nei propri vigneti di Savennières
- in particolare nel suo Clos de la Coulée de Serrant - secondo
principi di coltivazione e vinificazione del tutto antitetici a quelli
che si sono imposti negli ultimi anni nella produzione di tutte le maggiori
aziende del vino italiane e straniere - improntate, lo sappiamo, alla
produzione di qualità, alla grande piacevolezza, alla potenza estrattiva,
ecc. - Luca Gargano di V.E.L.I.E.R. ha deciso di dare la massima priorità
nelle sue importazioni dall'estero (in particolare dalla Francia), a quei
vini che rispecchiano appieno i dettami della viticoltura biodinamica
e dei quali i vini di Joly rappresentano autentica espressione.
Ma in cosa consiste, in pratica, l'innovazione di pensiero introdotta
da Joly nel campo della vitivinicoltura e così preziosa per il
prosieguo del lavoro di V.E.L.I.E.R.?
Si tratta, in sostanza, di un particolare sistema di viticoltura biodinamica
che nasce sulla scorta del pensiero del filosofo austriaco Rudolf Steiner
(1861-1925) e la sperimentazione concreta operata a partire dal 1980 da
Nicolas Joly sui propri vigneti. Due i testi fondamentali sui quali è
imperniato il pensiero biodinamico: "Agriculture, fondements spirituels
de la méthode biodynamique", scritto nel 1924 da Rudolf Steiner
e "Le vin du ciel à la terre" di Nicolas Joly, del 1997
(edito da Editions Sang de la Terre).
Anche Gargano aggiunge qualcosa, in particolare, stabilendo i 4 postulati
irrinunciabili che a suo avviso occorrono per fare un buon vino:
- Il terroir: un grande vino deve esprimere il terroir dal quale
proviene;
- Il lavoro nel vigneto: un grande vino si può produrre
solo da uve che non sanno cos'è la chimica
- La vendemmia: un grande vino nasce da un'uva perfetta;
- La cantina: un vino vero, un grande vino, non ha bisogno di trucco.
Un'immagine della serata con V.E.L.I.E.R. ed il libro di Nicolas Joly
presentato da Porthos
UNA CRITICA IN PARTE SCONTATA
In effetti, molti avventori della serata e molti lettori del nostro piccolo
servizio, saranno certamente rimasti colpiti ed entusiasti per la ventata
di "novità" introdotta da Joly e recepita da V.E.L.I.E.R.
Per gli altri, tuttavia, è stato solo un ripasso, un ascolto attento
di lapalissiane verità dove l'unica vera nota originale, è
stata il presunto intento di far si che gli obiettivi citati siano non
solo predicati ma anche praticati in concreto.
Nulla di male a voler produrre vini biodinamici, intendiamoci, spesso
e volentieri ne scaturiscono vini veri, originali e affatto piacevoli.
Forse un poco criticabili - ma è comprensibile - sono le pratiche
estreme a cui le interpretazioni più rigorose del dettato biodinamico
- così come inteso da Joly e recepito dai sostenitori - rischiano
di portare, sconfinando addirittura nell'astrologia e nell'esoterismo.
Passino le tisane di ortiche, tarassaco, achillea, quercia e camomilla
(magari servite in vigna verso le 17,00, come da anglosassone usanza)
ma che dire dello sterco invecchiato in corno di bue - concime di tipo
solare - o di altri rimedi - concimi di tipo gravitazionale - come i cataplasmi
di erbe e di fiori avvolti in budello di suino che richiedono, ne converrete,
uno sforzo di apertura mentale particolarmente significativo? Pensate
al produttore che, in orario di vista, debba declinare il consueto giro
in cantina perchè sta ultimando di colmare il corno di bue di sterco
di cavallo o magari perchè ha appena iniziato ad avvolgere i fiori
di campo raccolti al mattino nel budello di suino. Mancano le formule
magiche da pronunciare rigorosamente in una notte di plenilunio e poi
siamo a cavallo.
UNA RIFLESSIONE
Al di la di facili critiche e provocazioni scontate, tuttavia, ciò
che ha lasciato maggiormente perplessi, è stata la pronunciata
"commercialità" del progetto, i toni assolutistici -
di merito per la "novità" e di condanna per il "vecchio
tecnicismo" - tenuti durante la serata dal nuovo apostolo della biodinamicità.
Uno schierarsi tale che sapeva più dell'artefatto che dell'appassionata
convinzione. Peccato, perchè magari quella passione dietro al nuovo
"movimento" c'è sul serio e, solo per via delle modalità
d'esposizione del progetto, la repentinità (almeno per l'Italia)
e l'assolutezza delle posizioni assunte, ha rischiato di esser mal percepita
dal pubblico.
Per anni si sono criticati ferocemente i risultati ottenuti da maldestre
raccolte, cantine vecchie e non al passo con la modernità tecnologica
disponibile, lo scarso utilizzo di enologi preparati. Ora che le cantine,
con immani sforzi - specialmente quelle più piccole - hanno fatto
il grande salto di qualità ed hanno iniziato a regalarci vini limpidi,
fini (senza puzze), equilibrati ed eleganti, non sembra giusto sparare
nel mucchio e contestare radicalmente i metodi e i risultati che per anni
abbiamo lodato, venduto e/o comprato... senza contare il fatto che di
vignaioli che seguono il metodo biodinamico - magari mitigato ed edulcorato
delle amenità esoteriche - ce ne sono già da tempo anche
in Italia e senza bisogno di dover lanciare un nuovo movimento.
Lasciamo da parte il capitolo barrique/non barrique che in fondo non è
altro che un falso problema visto che l'amato/odiato piccolo legno di
rovere, se ben utilizzato, non è di per sè un elemento necessariamente
peggiorativo nella filiera di raccolta-produzione-affinamento; preme invece
ricordare - pare necessario - lo stupore col quale il degustatore degli
ultimi anni, di fronte ai nuovi vini super-estratto, super-muscolo, super-tutto,
inizialmente - sia pure a volte con scarsa criticità - non ha esitato
a dispensare bicchieri, grappoli e quant'altro potesse riconoscere a tali
vini la massima grandezza e piacevolezza gustativa.
E adesso? Basta? Finita la moda?
Stufi dei vini troppo muscolosi, troppo piacevoli, subito pronti e via
con la soluzione globale, il coniglio tirato fuori dal cappello, la biodinamica
delle tisane e dei fiori in budello di suino come standard per la nuova
era del vino.
IL PROPOSITO
Andiamoci piano. E' dura, ma ciò che va cercata è la coerenza,
la serietà e la serenità di giudizio, la difficile arte
del saper essere obiettivi nonostante il caos informativo nel quale viviamo,
l'immane raffica di contaminazioni e influenze che media, colleghi ed
innumerevoli "esperti" del settore non fanno che instillare
quotidianamente nelle nostre piccole menti, quelle sì, vere (si
spera!).
A rischio di essere scontato, ciò che credo è che un vino
vada valutato per ciò che è nel bicchiere nel momento in
cui lo si degusta, sgombrando per quanto possibile il campo, da ogni influenza
esterna, in libertà, al di la di ogni moda e corrente di pensiero.
Certo, nella nostra valutazione sarà giusto tener conto delle possibilità
d'evoluzione di un vino, delle modalità di produzione, della tipicità
e magari del prezzo, ma ciò che più conta, in definitiva,
è che un determinato vino sia stato capace di donarci un'emozione
forte, positiva per via della sua piacevolezza di beva e io mi sento,
in tutta franchezza, di dover pemiare anche un vino industriale nel caso
riesca a trasmettermi qualcosa di molto positivo ad un prezzo abbordabile.
Ben vengano, quindi, i super-vini, i vini frutto, i veri vini e i vini
veri, i vini biodinamici, i vini da vitigno internazionale, i vini da
vitigno autoctono. Se degustati con la dovuta serenità di giudizio,
potranno comunicarci al meglio ciò che possono e ciò che
sono e noi saremo sempre in grado di apprezzarne le qualità ed
i difetti in modo libero ed incondizionato.
Ferme tutte queste premesse, di fronte ai vini biodinamici presentati
- nonostante il fasidioso ma inevitabile accento commerciale or ora criticato
dell'operazione, non detto ma percepito - ho cercato di pormi in modo
sereno e positivo davanti al calice e ne sono scaturite piacevoli sorprese.
PANORAMICA SUI VINI DEGUSTATI
Alcuni vini sono stati degustati nella confortevole terrazza, antistante
l'ingresso del ristorante, altri a tavola, durante la cena. Qui di seguito,
una panoramica, quanto più fedele possibile, sui vini più
interessanti (a giudizio di chi scrive), degustati durante la serata.
Mosel Saar Ruwer Spatlese Trocken 2001 - Weingut Clemens Busch
Un interessantissimo Riesling, di grande acidità e sapidità
con intensi profumi floreali e fruttati freschi, di grande morbidezza
e discreta lunghezza. Vino frutto, particolarmente piacevole.
Coteaux d'Aix en Provence Tuiliere Vieille Blanc 2000 - Domaine Milan
Vino a base di Grenache blanc e Rolle, si presenta di un bel giallo paglierino
carico, con lievi riflessi dorati. In bocca e al naso grande frutto purtroppo
appesantito dalla consistente, sia pur elegante, nota vanigliata dei piccoli
legni. Vino di grande tecnica, grande persistenza gustativa e grande morbidezza,
nonchè buona acidità. La piacevolezza è in parte
limitata dai sentori "stancanti" del legno.
Anjou Blanc La Lune 2001 - Domaine de la Sansonniere
Frutta nel bicchiere, di una piacevolezza estrema, grande equilibrio dovuto
alla perfetta simbiosi tra morbidezza e acidità, intenso e persistente,
lungo ed avvolgente di buon corpo e bellissima consistenza, quasi tattile.
Il vino che mi ha maggiormente colpito tra i bianchi proposti, soprattutto
per la sua piacevolezza di beva.
Brda Veliko Belo 1998 - Movia
Grande acidità e sali minerali e alcol per un vino che non dimostra
ancora di aver raggiunto pieno equilibrio. In barticolare, la sensazione
alcolica è in leggero eccesso, a compromettere la globale piacevolezza
di beva.
Arbois Savagnin 1998 - Domaine Tissot
Vino che ha diviso la platea degli avventori. Presentato da Gargano come
esemplare tra i vini che più fedelmente rispecchiano i criteri
e i canoni della viticoltura biodinamica, il vino si presentava di color
giallo paglierino carico, con riflessi dorati e non perfettamente limpido,
per via della non filtratura dello stesso. Il naso è intenso, aromatico,
dove scorgi su tutto, un profondo sentore di mela cotta e pera sotto spirito.
I ricordi vanno al distillato, allo sherry, alla vernaccia di Oristano,
al Marsala. Vino di non facilissimo abbinamento - nell'occasione con losanghe
di grano tosella con i funghi e le noci - ha mostrato una tendenza morbida
in parte dovuta all'alcolicità.
Prima della seconda "batteria" di vini - rossi - Sergio de La
Brinca ci ha fatto assaggiare il ben noto Coulée de Serrant
di Nicolas Joly del lontano 1992. Il vino, ancora perfettamente integro,
si è presentato di un bel colore giallo paglierino carico e limpido
con lievi riflessi dorati, con sentori floreali di fieno e paglia, e sentori
terziari dove una nota di idrocarburi era particolarmente presente. Vino
di grande longevità dove, in un quadro di complessiva acidità
cogli la morbidezza nel frutto, la mela e la pera appassite. Con un pizzico
in più di morbidezza l'equilibrio sarebbe ancora migliore. E' molto
interessante già adesso ma occorre riassaggiarlo ancora più
in la nel tempo.
Faugeres 2000 - Domaine Léon Barral
A base di Carignan (Cannonau), è stato presentato come classico
vino tripla "AAA" (lo ricordiamo, Agricoltori, Artigiani, Artisti
secondo il nuovo motto di casa V.E.L.I.E.R.). Sosta 4 anni in barrique
che non percepisci facilmente e che, quindi, non danneggiano affatto l'impatto
pulito del vitigno. Vino nel quale, non viene utilizzata Anidride Solforosa
in fase di vinificazione, e non vengono aggiunti lieviti per la fermentazione
(solo lieviti naturali). Questo, forse, è stato il vino che, più
di ogni altro (tra i bianchi il Savagnin), da l'idea del risultato della
viticoltura biodinamica. Un vino vero, un po' spigoloso, ma dal frutto
intenso e piacevolmente aggressivo, grande tannino e ottima acidità,
fanno da contraltare - in leggero eccesso - alla carica estrattiva (o
alla maturazione delle uve). Il suo colore infatti è fitto e impenetrabile,
di un rosso rubino carico e limpido. In particolare, ne ho apprezzatto
l'eccellente abbinamento con il caprino stagionato contenuto all'interno
dei ravioloni al sugo di coniglio, semplicemente grandioso, impagabile.
Vino particolarmente influenzato dall'associazione enogastronomica.
Chateauneauf du Pape Les Vieilles Vignes 2000 - Domaine de Villeneuve
Vino a base di Grenache e Syrah, si presenta di un bel rosso rubino intenso
e limpidissimo. In bocca la sensazione è di grande equilibrio,
armonia ed eleganza. In particolare vi cogli la frutta rossa matura e
sotto spirito, la confettura, le spezie ed una piacevole nota balsamica.
E' vino intenso e persistente, di grande piacevolezza che in deglutizione
lascia ricordi di eucalipto misto a ciliegia.
Les Baux De Provence Clos Milan 2000 - Domaine Milane
Anche questo vino, a base di Grenache e Syrah.
Trovato eccezionale da molti tra gli esperti della serata, personalmente
sono rimasto invece colpito dalla sua durezza e dalle sue asperità.
Vino senz'altro ancor amolto giovane per essere valutato, si presenta
di un bel colore rosso rubino molto fitto, limpido. Sia al naso che in
bocca stupisce per l'intensissima nota balsamica che fa da filo conduttore
sia all'olfattivo che al gustativo. In bocca resta comunque un vino interessante,
di buona freschezza e discreta morbidezza - più dovuta alla sensazione
pesucalorica ed alla materia estrattiva che alla glicerina - in definitiva
abbastanza piacevole.
PORTHOS E NICOLAS JOLY
Dall'incontro tra Porthos la nota rivista enoica nobile, ribelle e disperata
e Nicolas Joly, è sorta una collaborazione dalla quale è
scaturita la traduzione in italiano della pubblicazione di Joly più
sopra citata, "Le vin du ciel à la terre".
A presentare il libro, per Porthos, l'amico Damiano Raschellà di
Genova del quale non abbiamo potuto riportare l'intervento video poichè
la registrazione è risultata con audio troppo basso, sarà
per la prossima volta.
Damiano Raschellà in un momento della presentazione del libro
tradotto di Nicolas Joly
Una particolare nota di merito va, come sempre, alla perfetta regia del
Ristorante La Brinca che ci ha ormai abituato ad un servizio attento e
puntuale e ad una cucina di territorio, talvolta rivisitata, con punte
di grande eccellenza. Da sogno - per chi scrive, s'intende - l'abbinamento
del Faugères 2000 del Domaine Léon Barral con i ravioloni
ripieni di erbette e caprino stagionato al sugo di coniglio. Ottimo anche
il dessert, sul quale sono stati abbinati alcuni pregiati distillati,
anch'essi d'importazione.
Per tenersi informati sui prossimi appuntamenti video :
http://www.tigulliovino.it/video/eventi.htm
Filippo Ronco
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