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La struttura dell'acino - Parte prima, l'epicarpo

La prerogativa fondamentale per produrre un vino di qualità, è quella di impiegare delle uve sane e con caratteristiche pregevoli. Quali sono pertanto i componenti che rendono "nobile" un vino? e soprattutto in quali punti del frutto sono collocati? Per comprendere meglio questi importanti aspetti morfologici, è necessario analizzare la struttura dell'acino:

Struttura dell'acino


L'acino si può suddividere in tre macro strutture: EPICARPO, MESOCARPO, ENDOCARPO.

L'EPICARPO: è la parte più esterna dell'acino costituito dalla buccia, la quale è ricca di pectine, cellulosa, sostanze aromatiche, ma soprattutto di polifenoli.
I polifenoli presenti nelle bucce sono principalmente costituiti da flavonoidi, che a loro volta si suddividono in FLAVONOLI, ANTOCIANIDOLI, e FLAVANI.
I flavonoli sono pigmenti di colore giallo chiaro che danno colorazione alle uve bianche, nella forma legata a zuccheri danno origine ai flavoni.

Gli antocianidoli (cianidolo, peonidolo, delfinidolo, petunidolo, malvidolo) sono pigmenti di colore rosso violaceo, e sono responsabili della colorazione delle uve a bacca rossa. Il colore degli antocianidoli varia in dipendenza del pH (rosso-blu a pH acido e blu-verde a pH alcalino), il che spiega le diverse tonalità di colore del mosto e del vino. Nella forma legata a zuccheri danno origine agli antociani. Quest'ultimi sono situati nei vacuoli delle cellule dell'epicarpo, e più precisamente nell'ipoderma, ovvero la parte più interna della buccia.

I Flavani sono suddivisibili in catechine monomere e proantocianidine (polimeri di catechine = tannini). Si possono pertanto trovare flavani nella forma libera o nella forma polimerizzata a formare tannini ovvero quelle sostanze responsabili dell'astringenza gustativa presente in diversi vini rossi.
Alcuni tannini inoltre col passare del tempo tendono a cambiare colore (tendono al rosso-arancio), determinando il caratteristico colore dei vini rossi molto invecchiati.
I tannini si trovano principalmente nelle cellule dell'epidermide, e pertanto nella parte più esterna della buccia. Questa collocazione è dovuta al fatto che i tannini con il loro sapore astringente riescono ad evitare l'attacco del frutto da parte di numerosi insetti; ne risulta pertanto un'abile arma di difesa per la vite.
Nei vacuoli delle cellule della buccia possono essere presenti anche polifenoli non-flavonoidi, presenti come acidi fenolici, i quali si possono riscontrare sensorialmente nel vino in quanto hanno un caratteristico gusto amaro.

Le principali sostanze aromatiche presenti nell'epicarpo dell'acino sono: i composti terpenici, i derivati C - 13 norisoprenoidi, e le metossipirazine.
I composti terpenici costituiscono una grande famiglia in cui particolarmente importanti sono gli alcoli (linalolo, geraniolo, nerolo, ecc.) Sono gli aromi tipici delle cosiddette uve aromatiche (Moscato e Brachetto), ma sono presenti anche in varietà a sapore semplice come il Sauvignon e Sirah. Nel vitigno nebbiolo è presente il geraniolo in forma glicosilata, ovvero legato ad un gruppo glucosidico.
I C-13 norisoprenoidi presenti principalmente nella buccia, si sviluppano in misura significativa nel periodo che va dall'invaiatura alla maturazione completa.

Tra questi composti sono da sottolineare il -ionone dal caratteristico odore di violetta, e il TDN che esprime odore di kerosene, quell'aroma caratteristico del vino Rieslig (renano) dopo un periodo più o meno lungo di affinamento in bottiglia. Le metossipirazine derivano dal metabolismo degli acidi aminici, e sono presenti soprattutto nel Sauvignon, nel Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Merlot, dove conferiscono al vino il caratteristico odore di peperone verde, e di asparago.

Infine le pectine sono delle sostanze in grado di "cementare" le cellule vegetali, e pertanto di conferire struttura all'acino. E' preferibile che nelle varietà di uva da vino il loro tenore sia limitato, in quanto possono dar luogo a precipitazioni ed intorbidamenti, e soprattutto se in presenza di enzimi pectolitici possono liberare alcol metilico in fase di fermentazione.


dr. Marco Quaini