California
Wines, di Max Roher
I vini statunitensi e soprattutto californiani sono stati spesso
sottovalutati, ma ormai da tempo si guadagnano sempre di più la ribalta
delle pubblicazioni specializzate e le lodi degli enologi. Maximilian
Roher è la voce statunitense di TigullioVino.it, e con California Wines
porta i lettori alla scoperta delle aree più nascoste e dei vini più pregiati
di una regione dove c'è ancora molto da scoprire.
Chi è Max Roher
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America ed etichette
Piccola guida alle denominazioni e indicazioni statunitensi.
Per non avere sorprese e poter scegliere in tranquillità.
di Maximilian Roher
Conoscere un vino significa anche conoscerne l'etichetta:
per apprezzare debitamente un vino prodotto oltreoceano, è quindi necessario
conoscere gli elementi comuni e le differenze con le indicazioni e denominazioni
europee. Gli Sati Uniti approvano e riconoscono più di trecento diverse
varietà di uve, cresciute in centosessanta diverse regioni. I coltivatori
americani sono liberi di piantare qualsiasi varietà preferiscano su ogni
tipo di terreno, e combinarle in bottiglia. Non è raro vedere blend di
Tempranillo e Sangiovese, o Chardonnay e Sauvignon Blanc. E chi lo sa
- forse tutti e quattro saranno imbottigliati insieme, un giorno.
Negli ultimi vent'anni, in America sono state approvate molte nuove leggi
sull'etichettatura - alcune modellate sulle leggi europee, ma molte altre
create da zero man mano che si imparano cose nuove su un territorio così
vasto. Gli Stati Uniti sono uno stato dedito all'enologia da poco (meno
di duecento anni) e nuove regioni vengono scoperte di continuo. Alcune
hanno sviluppato un'ottima reputazione più velocemente di altre e anche
qui, come in Europa, oggi le leggi proteggono contro chi cerca di approfittarsene.
Non è sorprendente che la prima regione vinicola statunitense a essere
stata protetta sia anche la più famosa e rispettata, la Napa Valley. Per
dichiarare la provenienza dalla Napa Valley sull'etichetta, la legge impone
che l'85% del vino provenga dai confini di Napa. Sembra ovvio, ma aziende
di altre regioni erano solite scrivere la parola "Napa" sull'etichetta
per motivi di marketing. Delle buone uve Cabernet dalla Napa Valley possono
vendersi per duemilacinquecento dollari a tonnellata, mentre la stessa
uva cresciuta nella valle della California non supera i centottanta. Ora
anche la regione del Sonoma è ora in tribunale per ricevere una simile
protezione.

La California fu la prima a etichettare le bottiglie con il tipo d'uva
negli anni '60. Per indicare il tipo d'uva sull'etichetta - chardonnay,
merlot, ecc. - almeno il 75% del vino nella bottiglia deve essere di quella
varietà. Questo può apparire insolito, visto che la maggior parte degli
stati europei preferisce indicare la regione, fiduciosi che il consumatore
conosca le varietà permesse dalla legge. Le blend che non hanno almeno
il 75% di una singola varietà sono chiamate "vini da tavola". Questo termine,
sfortunatamente, ha una connotazione negativa per molti consumatori, malgrado
alcuni dei migliori vini americani siano blend. Per combattere questo
pregiudizio, i produttori americani hanno il permesso di chiamare i loro
vini come vogliono, e spesso si inventano nomi fantasiosi come Red Truck,
Conundrum o Fat Bastard, per dirne qualcuno. La Meritage Society è stata
creata per promuovere vini composti solo di varietà di Bordeaux (Cabernet
Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot, Petite Verdot e Malbec). Pagando una
quota, i produttori possono indicare sulla bottiglia "Meritage Wine",
una denominazione sempre più riconoscibile nell'ultima decade.
Tutto questo fa parte di una regola conosciuta come la regola del 75-85-95
percento. L'85% di un vino dev'essere di una singola annata per poter
indicare l'anno in bottiglia, e per indicare una vigna specifica (es.
la Peter's Vineyard) il 95% deve provenire dalla vigna stessa. La stragrande
maggioranza opta però per il 100%: infatti, spesso le bottiglie hanno
l'indicazione "Estate Wine" sull'etichetta, e questo significa che il
100% delle uve è stato coltivato sulla proprietà dell'azienda e che il
risultante vino è stato interamente prodotto lì. Tale indicazione viene
spesso considerata un marchio di qualità, perché il produttore ha avuto
il completo controllo del suo prodotto.
Un altro elemento che viene spesso
aggiunto all'etichetta, spesso grossolanamente frainteso, è "Riserva"
o "Reserve Wine". In molti stati la parola ha dei parametri ben precisi,
come la varietà dell'uva e il rendimento per ettaro, tempo trascorso
in botti di rovere e tempo trascorso in cantina prima di essere venduto.
È sorprendente come negli Stati Uniti non ci siano leggi di questo
genere. Perciò la dicitura "Reserve Wine" significa un alto livello
di qualità, ma il modo in cui viene raggiunto questo livello viene
interamente lasciato all'azienda. Può essere lapalissiano come l'assaggiare
vino da dieci botti e poi considerare la botte con la migliore qualità
come riserva. L'unica regola è che se un'azienda produce un vino riserva
deve produrre almeno un non riserva. |
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Per quanto riguarda la grafica, le aziende vinicole curano con attenzione
la relazione tra l'impatto dell'etichetta e le vendite. Le etichette dei
vini in America sono divise sostanzialmente in fun labels, quelle divertenti,
molto colorate e con nomi umoristici e chiaramente dirette al pubblico
meno raffinato (curiosità: quelle a tema animale vendono più, sembra)
e quelle più serie. Qualunque sia la strategia e il target inseguito dall'azienda,
dev'essere originale, memorizzabile e ordinato. Le informazioni su sentori,
percentuali della blend, storia dell'azienda sono spesso destinate all'etichetta
posteriore. Particolarità americana è l'indicazione sanitaria che dal
1989 è obbligatoria per ogni bevanda alcolica e dissuade dalla consumazione
le donne incinte e chi sta per guidare. L'indicazione "contiene solfiti"
salvaguarda dalle reazioni allergiche.
Max Roher
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