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Schitac
di Linda Dell'Amico



Il Sambuco della famiglia delle Caprifoliacee, è una pianta che raggiunge i quattro metri di altezza, i rami giovani sono verdi mentre quelli degli anni precedenti hanno la corteccia bruno cenere in cui spiccano le lenticelle prominenti. Il fiore è una infiorescenza ombrelliforme di colore bianco- giallastro mentre i frutti del Sambuco sono delle drupe nere lucenti con il succo di color violaceo contenente due o tre semi.

Il sambuco è noto, oltre che per le sue proprietà medicamentose, per la possibilità di usare i frutti nella preparazione di conserve, biscotti, gelatine e anche per potere essere mangiato come gli asparagi. I getti terminali, privati delle foglioline, vengono lessati a lungo per togliere il gusto non gradevole e serviti come fossero turioni. Non è un piatto eccessivamente gustoso ma può servire per ottenere, insieme ad altre verdure, gusti nuovi e sconosciuti. Le ombrelle fiorali forniscono un altro piatto molto interessante e gustoso: dopo essere state immerse in pastella e fritte, si servono calde presentandole con il picciolo rovesciato.
Gli antichi Romani, affascinati dalle bionde chiome delle schiave germaniche, si tingevano i capelli con miscele a base di ceneri di piante e di bacche di sambuco. Caterina Sforza, signora di Forlì, inventò "l' acqua celeste", un tonico cutaneo ottenuto dalla distillazione di numerose erbe tra cui le foglie di sambuco.

Con i fiori, usati anche come componenti aromatici in liquoreria, si fa una gradevole tisana che serve come rimedio sintomatico popolare per il raffreddore, l'influenza, la tosse, l'asma e i reumatismi; ai fiori vengono anche riconosciute proprietà lassative e trovano un' interessante applicazione contro le nevralgie del trigemino. I fiori secchi hanno sulla pelle proprietà emollienti, mentre allo stato fresco possono essere irritanti sulla cute.
Al sambuco in passato si attribuivano poteri magici, contro i demoni e le streghe, al giorno d'oggi una apparente magia consiste nel piantare un sambuco presso le finestre di casa: le mosche ne verranno attratte e non entreranno all'interno.

Da antichi scritti si legge che il nome del Sambuco derivava da uno strumento musicale triangolare a corde che usavano gli antichi romani e greci: la "Sambuca".
Questa pianta magica, alquanto inquietante, è chiamata albero del "Flauto Magico".
Nell'antica storia del Celti si racconta che nel sambuco dimorasse una fata dai lunghi capelli d'oro dal nome Holda; con lei, nascosti tra i cespugli, c'erano solo gli elfi.
A quei tempi, non c'era contadino che dinanzi a questo sacro arbusto non si inchinasse. Per sette volte egli si prostrava, perché sette erano i suoi doni.

In sette parti il Sambuco donava se stesso per il bene della povera gente: la sua resina, per placare il dolore delle lussazioni; il decotto di radice per la gotta; la sua corteccia era un riequilibrante intestinale e serviva anche per cistiti e orzaioli; le sue foglie curavano la pelle, i frutti le bronchiti ed i mali invernali; l'infuso di fiori depurava ed infine dai germogli si otteneva un potente decotto che calmava le nevralgie.
Infine, se volete dare ascolto ad un vecchio detto contadino: mai bruciare il Sambuco! ancora oggi si crede che bruciare il suo legno porti male e che le sue ceneri aprano al diavolo la porta di casa.


Linda dell'Amico