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          L'alter ego del cibo - Archivio articoli


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          "……LA NOTTE VOLTO LO SGUARDO, NON RESTA
          CHE CONTEMPLARE
          LO SPLENDORE DEL COSMO…."

          Anonimo


          ARTEMISIA ABSINTHIUM L.

          Il nome assenzio deriva dal greco "apsinthion" di origine pre-indoeuropea.
          Oltre che in Plinio la parola ricorre in Verrone.
          Plinio suggeriva di usare succo di assenzio bollito per disinfenstare i cavoli dai bruchi.
          Inoltre questa pianta ha anche uso terapeutico: utile nei disturbi di stomaco e 
          intestino, contro la nausea e come purgante, in particolare utile per l'itterizia e la milza.
          Antidoto nelle intossicazioni da funghi si utilizza persino per tingere di scuro i capelli 
          sotto forma di cenere addizionata a unguento e olio di rose.
          Diffusa nell'Europa meridionale, in Asia occidentale e in Africa settentrionale. 
          In Italia si trova spesso lungo le vie del mare verso la regione submontana.
          La droga fornita dalle foglie e dalle sommità fiorite contiene un principio amaro, 
          detto absintina, sotto forma di cristalli prismatici poco solubili in acqua; un'essenza 
          che si presenta sotto forma di liquido verdastro, di odore aromatico e particolare, 
          gradevole, che esposto all'aria si rinfresca prendendo una tinta brunastra.
          La parte più attiva dell'assenzio è l'essenza che possiede proprietà convulsivanti.
          Essa produce dapprima un'eccitazione disordinata più o meno violenta a cui segue 
          una crisi simile a quella dell'epilessia.
          Usato e apprezzato sin dai tempi più antichi, l'assenzio è citato anche in papiro 
          egiziano risalente al XVII sec. a.c.
          In una raccolta tedesca di erbe medicamentose di età rinascimentale è consigliato 
          alle persone di "cattivo carattere".
          Tuttavia è talmente amaro che nelle Sacre Scritture simboleggia i dolori della vita; 
          non si dimentichi il famoso "Café Guerbois" dove gli Impressionisti ed i loro amici 
          si incontravano per scambiarsi le loro idee davanti alla loro bevanda preferita, 
          l'assenzio appunto; molte volte finivano per intossicarsene sia fisicamente che 
          spiritualmente.
          L'esempio più evidente si evince nel dipinto a olio di E. Degas dal titolo 
          "La bevitrice d'assenzio" (1876) dove si percepisce un'atmosfera nefanda di pensieri 
          frammentati in un clima apparentemente dissoluto e di perdizione dell'io.


          Dott.ssa Linda Dell'Amico